“Laurearsi a 28 anni con 110 e lode, non serve a un fico secco. Meglio laurearsi prima con un voto più basso. Le otto ore di lavoro sono superate. Meglio essere pagati a risultato”.

Non sono parole mie, ma di Giuliano Poletti che di mestiere fa il Ministro del Lavoro. Dopo l’uscita di qualche mese fa sul lavoro gratis per i giovani, Poletti ha fatto di nuovo parlare di sé, esprimendo il suo pensiero (molto particolare), per quanto riguarda i titoli di studio e le ore retribuite ai lavoratori. Aspettavo con ansia un’ altra uscita maldestra dei nostri politici su temi delicati come scuola e lavoro e, come sempre, le mie aspettative, non sono state disattese.

Per il nostro Ministro, laurearsi a 28 anni servirebbe a poco, ma invece prendere la laurea qualche anno prima e con un voto mediocre, sarebbe la soluzione migliore. Il problema non è tanto prendere o meno la laurea, il problema è entrare nel mondo del lavoro. Se andremo avanti di questo passo, i giovani non entreranno mai in questo mondo. La laurea è diventata un elemento accessorio e quasi inutile, proprio perchè la politica non ha saputo sbrogliare questa matassa. La mia generazione (sono nato nel 1985), ma anche quelle prima della mia, vive, da tempo immemore, in una condizione di profondo disagio. E quello che sa dire la politica è che la laurea è inutile? Oppure che bisogna accontentarsi di un lavoro qualsiasi e che l’ orario di lavoro è qualcosa di obsoleto e quindi è meglio essere pagato a cottimo? Quando finisci di lavorare vai a casa, altrimenti rimani in ufficio fino al giorno dopo, se è necessario.

Ma stiamo scherzando o cosa? Vogliamo davvero farci prendere in giro dall’ Europa e dal mondo intero? Tutti quelli che si sono battuti, hanno perso la vita per far avere ai lavoratori uguali diritti sul posto di lavoro, per cosa hanno combattuto? Per arrivare a questo? Altro che Ottocento, siamo ritornati al Medioevo, all’epoca dei servi della gleba. Sentire parlare un rappresentante delle istituzioni, come un imprenditore di due o trecento anni fa, mi fa pensare e molto anche. Il lavoro non deve diventare una condanna: né per chi lo cerca, né per chi un impiego già ce l’ha. Il lavoro dovrebbe nobilitare l’ uomo e permettergli di formare una famiglia. Donne e uomini dovrebbero lavorare per vivere e non vivere per lavorare.

Queste soluzioni semplicistiche date dai nostri governanti servono solo a creare ulteriori tensioni tra la gente e niente altro. Queste risposte rapide servono a creare nuovi schiavi, gli schiavi del futuro, che dovranno obbedire a tutto e a tutti, senza mai alzare la testa. Andando avanti di questo passo, i bambini non andranno più a scuola ma a lavorare e perderanno la loro infanzia. Nasceranno dei giovani-vecchi che non penseranno al futuro, ma solo al presente. Vogliamo, veramente, questo per lenuove generazioni?

A cura di Nicola Luccarelli

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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