Difficile pensare in una cultura occidentale che gli imperatori di un paese possano essere i diretti discendenti degli Dei, ma successe anche questo, precisamente in Giappone. In questo paese infatti viene narrato che nel 600 a.C. Jimmu Tenno discendesse dalla dea Amaterusa, la grande Dea che splende nei cieli, una delle più importanti divinità shintoiste (come spiega la parola giapponese Kami che indica proprio lo spirito e la divinità). Le leggende raccontano che il Dio Izanagi fosse lo sposo della Dea Izanami e insieme scesero dai cieli, attraverso il Amenoukihashi (ponte tra cielo e Terra) a fondare il millenario impero giapponese, e fosse proprio dalla loro unione che nacquero le isole dell’arcipelago del Giappone.

Secondo la mitologia Shintoista però la narrazione continuò, il libro sacro del culto animista sincretista denominato Kojiki spiega che quando il Giappone fece il salto evolutivo dall’era preistorica per passare a quella del Ferro la guida del paese fu condotta appunto dall’imperatore Jimmu, nipote della Dea Sole, cioè la più importante divinità del Pantheon.

Da quel tempo si susseguì la più antica genealogia, dal primo imperatore storicamente conosciuto, Oojin, della dinastia Akihito e questa discendenza continua da 1500 anni.

Il termine Tenno che in realtà vuole indicare la figura dell’imperatore, per i giapponesi ha un valore molto più profondo ed intrinseco, sta ad indicare infatti un imperatore che rappresenta una divinità vera e propria e non un imperatore discendente diretto di una divinità, quindi la sua collocazione per il popolo giapponese è quella di una divinità in tutti i sensi.

Per il popolo giapponese lo shock e il cambiamento di ideali arrivò il 1 gennaio del 1946, con l’ascesa al trono di Hirohito Tenno (nato a Tokio nel 1901), il suo nome peraltro ha significati molto profondi quali: grande umanità, generosa benevolenza, somma virtù. Egli fu primogenito del principe ereditario Yoshihito (1879-1926) e della sua consorte Sadako. Il padre di Hirohito fu il figlio del grande imperatore Meiji (1852- 1912) e di una concubina, il regale nonno ebbe però salute cagionevole e morì purtroppo abbastanza giovane e di pazzia.

Hirohito alla nascita venne affidato al conte Kawamura, vice ammiraglio della Marina Imperiale che lo fece crescere nella villa di Azabu, e solo da adulto tornò a vivere nel palazzo di Akasaka, residenza del principe ereditario, secondo le precauzioni di una antica tradizione atta a preservare la salute dell’erede al trono (all’epoca i medici non potevano toccare la sacra persona di un principe ereditario). L’altra motivazione fu dettata dal fatto che in questo modo i principi non arrivassero ad acquisire troppo potere nei confronti della politica.

A sette anni Hirohito iniziò i suoi studi nella scuola di Gakushuin destinata alla corte imperiale, poi venne trasferito a Tokio dove continuò la formazione riservata agli aristocratici, nelle scuole create dal conte Mareseku Nogi.

Già dalle elementari veniva inculcato a tutti i giovani rampolli aristocratici la fedeltà al sovrano regnante e mentre nel 1912 il nonno imperatore Meiji morì, in quello stesso giorno Nogi trascorse qualche ora con Hirohito, interrogandolo sulle principali materie di studio, poi compiaciuto dell’apprendimento del giovane erede gli regalò un libro di insegnamenti confuciani. Successivamente Nogi come fedele servitore del Re si fece assieme alla moglie Seppuku (suicidio in forma rituale attraverso il taglio del ventre con un coltello). Successivamente salì al trono Yoshihito che assunse il nome di Taisho (che significa grande rettitudine) e transitò il Giappone nella prima guerra mondiale, occupando tutti i possedimenti tedeschi in Asia.

Nel frattempo Hirohito terminò gli studi, le sue capacità e talenti vennero messe più volte in risalto su materie quali: geografia, fisica, matematica, lingue straniere e biologia; il 3 novembre del 1916 venne nominato principe ereditario e secondo tradizione, ricevette le due spade da samurai. Il 3 marzo 1921 s’imbarcò a Yokohama in veste di ammiraglio verso l’Europa, approdò inizialmente a Malta, accolto dal duca di York Giorgio VI, visitando successivamente Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda e infine l’Italia, accolto a Roma da Vittorio Emanuele III e in Vaticano da Papa Benedetto XV. Mai nessun imperatore giapponese lasciò il suo paese per recarsi in visita in Europa.

Il 26 gennaio del 1924 Hirohito prese in sposa Nagako, cugina e principessa (figlia maggiore del principe Kuniyoshi), due anni dopo morì il padre, l’imperatore Yoshihito e fu così che Hirohito passò al trono. Da quel momento ci furono un susseguirsi di eventi profondi che segnarono il Giappone tra i quali l’invasione della Cina da parte del Giappone, l’attacco di Pearl Harbor, l’invasione di tutta l’Asia centrale e infine la sconfitta del Giappone.

Questo imperatore riuscì a sconvolgere le grandi tradizioni giapponesi provocando grande stupore, fornendo annunci profondi alla radio e nel corso degli anni anche alla tv; egli annunciò nel 1945 via radio la resa del Sol levante e la fine della più grande guerra che la razza umana avesse mai scatenato al mondo. Lo scalpore ovviamente non fu solo per le due bombe atomiche lanciate (quelle di Hiroshima e quella di Nagasaki) e per i morti causati, ma soprattutto perché l’imperatore dichiarò successivamente la sua natura umana e non divina, nel quale il popolo giapponese aveva sempre sperato e confidato; oltretutto nessun imperatore da un millennio e mezzo si era mai giustificato con il suo popolo. La sua vita influenzò e modificò le credenze di questo Paese, oltre a tenere discorsi alla radio, egli si mostrò in pubblico dopo la tragedia di Fokushima ed ebbe un posto di rilievo nel post-tsunami e per ultimo fece una dichiarazione pubblica alla tv nazionale nella quale spiegò di volersi dimettere.

Questo fu un fatto davvero eccezionale, poiché nessun imperatore dell’era moderna ha mai deciso di abbandonare la sua carica, che tantomeno è terminabile a piacimento.

A cura di Barbara Comelato – Foto Getty Image

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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