Il disagio giovanile. Ancora scene da guerriglia urbana in questi lunghi mesi di look down. Numerosi casi di violenza giovanile stanno occupando – con sempre maggiore frequenza – le cronache cittadine anche nella civile e laboriosa Emilia Romagna (Modena-ReggioEmilia-Rimini). Dopo quasi un anno di restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria, di distanziamento sociale, di didattica a distanza e sospensione delle attività culturali, di svago e nello sport, il disagio tra i più giovani si fa sentire. Alla base non sempre ci sono motivi validi, basta uno sguardo mal interpretato, cui seguono insulti, spintoni, calci, pugni e così via. In altri casi due gruppi di ragazzi si fronteggiano, previo appuntamento tramite Web, armati di cinghie, coltelli da cucina, spranghe di ferro e bottiglie di vetro per scontrarsi e/o apparire sui social, mentre terze persone li riprendono.  

Poi ci sono gli episodi di violenza ascrivibili al fenomeno delle baby gang. Tutte queste notizie devono metterci in allarme perché così non si può andare avanti. L’aggressione e il bullismo hanno come comune denominatore il tentativo di sedare le proprie paure, annientando la vittima, individuata sia per caratteristiche di fragilità sia esclusivamente per il gusto di ledere l’altro senza alcun apparente motivo.

Ci troviamo di fronte a ragazzi che sembrano aver perso il contatto con le regole sociali e prima ancora con la regolazione emotiva. L’acting out, l’agire impulsivo e rabbioso, determina scoppi d’ira e una corsa alla vendetta che non lascia spazio al dialogo, al confronto, al freno inibitore di determinate tendenze. Quello del bullismo è un fenomeno che enfatizza i comportamenti di prepotenza e aggressività come unico canale comunicativo e relazionale. Occorre individuare con urgenza un’area d’intervento che è quella dell’infanzia e dell’adolescenza in cui famiglie e istituzioni, che s’interessano della crescita e dello sviluppo dell’individuo, orientino i propri processi formativi e di socializzazione rivolti alla ricostruzione di sentimenti d’identità.

In questa ottica la prevenzione, realizzata anche attraverso il potenziamento dei centri di ascolto per le famiglie e la realizzazione del servizio di psicologia scolastica, si presenta come una strategia ineludibile e non procrastinabile. Va promosso quindi, dagli ambienti familiari e scolastici, un clima culturale e sociale che scoraggi sul nascere certi comportamenti prepotenti e prevaricatori. Anche il ruolo dello psicologo è fondamentale per aiutare sia la vittima sia il carnefice attraverso interventi di sensibilizzazione sulla comunità, con programmi e interventi psicosociali.

Sia a casa sia a scuola è importante insegnare il rispetto verso gli altri, favorire l’autostima e imparare, adulti e ragazzi, ad affrontare i conflitti, a gestire le emozioni e a rispettare la convivenza civile e le regole. 

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui