Uno dei miei ricordi più piacevoli risale ai primi anni ‘70. Giovane poliziotto, in permesso a Bologna, dopo avere passato la giornata festiva in compagnia della mia fidanzata Cristina, prima di ripartire per Piacenza, cenava a casa dei suoi genitori. Crescentine, affettato, patatine fritte, aranciata e la “reginetta”, un semifreddo prodotto dalla gelateria Pino di via Castiglione.

Poi, tutti davanti alla tv, per godersi le inchieste del Commissario Maigret. Correva l’anno 1964 quando la RAI decise di realizzare una serie di telefilm tratti, appunto, dalle Inchieste del Commissario Maigret, era l’epoca d’oro degli sceneggiati televisivi: Nero Wolfe, L’Isola del Tesoro, Il Conte di Montecristo, I Miserabili, Il Tenente Sheridan, La Freccia Nera, La Cittadella, solamente per citarne alcuni; produzioni di qualità, realizzate in un misto tra teatro e tv, sempre con attori di alto profilo. La scelta del protagonista doveva essere oculata e precisa.

Infatti, Maigret era un elemento di rottura del filone anglosassone dei vari Holmes, Wolfe, Poirot, Miss Marple. Doveva essere familiare e mediterraneo, uno qualunque, non un uomo d’azione, ma un flemmatico, istintivo, burbero Commissario, amante della buona cucina, come ne potremmo incontrare all’angolo della strada. La scelta di Gino Cervi fu sicuramente aiutata dal grande successo della serie di film di Don Camillo e Peppone; e dalla spiccata spontaneità dell’attore emiliano. A posteriori una scelta perfetta, al punto che lo stesso Simenon, che non ha mai amato la trasposizione televisiva e cinematografica dei romanzi, arrivò ad affermare che il Maigret di Cervi era come lo aveva immaginato. Maigret nacque dalla penna di Simenon nel 1929 (pubblicato nel 1931), per caso, mentre lo scrittore dal tavolino di un bar osservava un passante avvolto in un pesante cappotto di velluto.

Il primo romanzo ebbe successo e spinse Simenon a proseguire. La particolarità di Maigret è che si muove a Parigi come altrove, come una persona semplice che vive a fatica, dimostrando una sorta di giustificazione del colpevole, vittima sacrificale di un sistema sociale che ha necessità di nutrirsi di derelitti per auto sostenersi. Simenon ci mostra un Maigret che applica la legge malvolentieri, per dovere, storcendo il naso e quasi chiedendo scusa. Molte volte gli indagati sono persone veramente umili, colpevoli per necessità e non per vocazione. Il Commissario spesso chiude un occhio, alle volte con complicità. Gli episodi, tutti rigorosamente in bianco e nero, hanno reso alla perfezione le atmosfere descritte da Simenon; i vicoli di Parigi, il lungo Senna, i locali loschi, gli appartamenti dimessi.

Per le musiche furono scomodati artisti come Luigi Tenco e Tony Renis. L’ultima puntata di Maigret, in onda nel 1972, ebbe diciotto milioni di ascolti. A questo punto non riesco a capire perché la Rai non li proponga; invece di trasmettere tanti programmi datati, dal mio punto di vista, molto meno appassionanti.

 

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Raicinestore

Il Vice Direttore Ugo Vandelli

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