“Fratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del Conclave è di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo. Ma siamo qui, e adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi…”

Era il 13 marzo 2013 quando Jorge Mario Bergoglio, appena eletto Papa, si affacciava per la prima volta dalla Loggia delle benedizioni della Basilica di San Pietro.
Alle 19.06 di quella storica data la fumata bianca dal comignolo della Cappella Sistina sanciva l’elezione, dopo cinque scrutini, del nuovo Pontefice, nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936, 266esimo Papa della storia della Chiesa, con il nome di Papa Francesco. Unico gesuita tra i cardinali elettori, arcivescovo della città in cui è nato. Di origini piemontesi, è sempre stato noto per uno stile di vita segnato dall’austerità e dalla semplicità. Ha sempre abitato in una piccola stanza nella sede dell’arcivescovado, muovendosi a Buenos Aires con i mezzi di trasporto pubblici.

Nel segno dell’umiltà e della sobrietà che ha contraddistinto tutta la sua esistenza, ha deciso di risiedere, da Pontefice, nell’austera Casa Santa Marta, preferendola al palazzo apostolico.

Bergoglio è stato il primo pontefice ad assumere il nome di Francesco, scegliendo per la prima volta dopo undici secoli, dai tempi di papa Lando, di adottare un nome mai utilizzato da un predecessore (se si esclude Giovanni Paolo I, che volle i nomi dei suoi due immediati predecessori, papa Giovanni XXIII e papa Paolo VI).

Nel corso del suo primo incontro con la stampa, nell’Aula Paolo VI, ha spiegato le ragioni della scelta del suo nome pontificale: “Nell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il clero, il cardinale Cláudio Hummes. Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa.

E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: “Non dimenticarti dei poveri!” E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace.

E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. È per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? È l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero… Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”
Il 17 marzo, dopo la preghiera di rito nel suo primo Angelus, ha inoltre precisato che, scegliendo il nome del patrono d’Italia, “rafforza” il suo “legame spirituale” con l’Italia.

Si è poi congedato dai pellegrini con la formula “buona domenica e buon pranzo”, che diventerà una costante, fino ai giorni attuali, in occasione dell’Angelus e del Regina Coeli.

articolo a cura di Franco Buttaro

foto: nella foto de “L’Osservatore Romano” Papa Francesco con il nostro corrispondente Franco Buttaro

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Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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