Il Tour è a metà dell’opera e sul più bello, arrivate le Alpi, Tadej Pogacar, il cannibale, prende una scoppola impensabile di cui si ricorderà per molto tempo.

Sul traguardo del Col du Granon è il suo più acerrimo rivale, il danese Jonas Vingegaard, della Jumbo Visma, a dominare, dopo una tappa corsa sempre all’attacco dalla sua formazione, con un Van Aert ed un Roglic che hanno reso durissima la gara.
Pogacar ha pagato quasi tre minuti sul traguardo, staccato anche da Geraint Thomas, dal redivivo Quintana (secondo al traguardo), dal francese Bardet (terzo) ed ora è terzo in classifica, preceduto anche dallo stesso Bardet.
Non solo il Col du Granon, a superare i duemila metri d’altitudine nell’undicesima tappa, ma pure il mitico Galibier (2.642 metri), scalato ad un’andatura forsennata, con scatti continui nel gruppo della maglia gialla, a cui proprio Pogacar ha sempre risposto in prima persona, mentre il gruppetto di fuggitivi di giornata, tra cui Van Aert, Quintana, tra gli altri, cercava di arrivare al traguardo.
Proprio queste continue riposte hanno alla fine mandato fuori giri la maglia gialla, che sullo scatto di Vingegaard non è riuscito a rispondere e neppure seguire l’ultimo tentativo di un compagno rimasto al suo fianco, di andare all’inseguimento del danese.
Sino a ieri, lo sloveno aveva dato non solo l’idea di avere gambe potenti, ma pure di possedere una sagacia tattica incredibile per un ragazzo di ventitre anni, e questo non solo in questo Tour; però anche i più forti sbagliano e quello di Pogacar è un errore che potrebbe costargli carissimo.
Nell’articolo di un paio di giorni fa, avevo scritto di un modo di correre dispendioso e persino irrispettoso degli avversari; scatti per andare a vincere la tappa, magari guardando chi stava superando in maniera irrisoria, scatti per conquistare un secondo in classifica, cose poco logiche in una gara come il Tour, cose che già in passato erano costate care ad altri, ma che evidentemente non sono servite.
Che Pogacar sia il più forte non credo sia in discussione, ma Vingegaard non gli è distante, anzi, ed in più ha una squadra fortissima ed organizzatissima al suo fianco; la tappa di Galibier e Granon ne è stata la conferma e, sommata alla “supponenza” dell’ex maglia gialla, ha determinato il risultato finale.
Corsa una tappa tremenda, ne arriva subito un’altra altrettanto mitica, con l’arrivo all’Alpe d’Huez, cima che darà senz’altro una risposta ai tanti interrogativi che da ieri accompagnano la corsa.
Pogacar saprà reagire subito alla crisi di ieri, o anche all’Alpe d’Huez dovrà inchinarsi ad una condizione improvvisamente deficitaria? La Ineos cosa farà, visto che ormai dei capitani di partenza, il solo Thomas è ancora perfettamente in gara?
La Jumbo come gestirà la corsa adesso che Vingegaard ha la maglia gialla sulle spalle? Considerando in ogni caso che è bastato vedere l’arrivo sul traguardo di Roglic (e come ha corso specialmente su Galibier e Granon) per capire come la formazione sia compatta ed al servizio del proprio capitano.
Per Pogacar nulla è perduto, ma sarà dura e lui, a differenza di molti rivali, non ha certo una formazione al fianco che possa dargli un supporto consistente.
Il Tour ha appena superato la boa di metà percorso e ci sarà da vederne delle belle, così come ci si può aspettare di tutto ed un grandissimo spettacolo sino a Parigi.
Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Lapresse
Il Direttore Responsabile Maurizio Vigliani

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