Quando si vuol evidenziare il superamento stentato di una prova, si usa la frase “passare per il buco della serratura”. Ieri sera, al Dino Manuzzi, il Lecco dopo la sconfitta casalinga subita la scorsa domenica, ha dimostrato d’essere stato ferito ma non mortalmente, al punto da portare il Cesena ai calci di rigore che, erroneamente, sono considerati una lotteria.

In realtà, dal mio modesto punto di vista, il calcio di rigore è un vero e proprio duello la cui unica arma è il pallone e i duellanti che si affrontano hanno a disposizione piedi e mani per entrare nella storia pallonara. Al termine dei quali, resta sempre un vincitore e un vinto.

Se si trattasse di una lotteria, ci si dovrebbe affidare alla fortuna o buona sorte che dir di voglia, ma l’esecuzione di un rigore comporta un coinvolgimento psico-emotivo che mi ricorda il titolo di un piccolo grande capolavoro di Peter Handke, “La paura del portiere prima del calcio di rigore”, trasformato in pellicola cinematografica da Wim Wenders una cinquantina d’anni fa. Nell’istante che precede la battuta del calcio di rigore, la mente dei due duellanti, viene sconvolta da una tempesta di pensieri che si sovrappongono, e per confrontarsi in un simile duello, non ci si può affidare alla fortuna, e questo il lato affascinante di quelle che, tecnicamente, sono chiamate “Procedure per determinare la squadra vincente di una gara” contenute nel Regolamento del Gioco del Calcio.

Non ci si può tirare indietro, a meno che non ci si chiami Paulo Roberto Falcão. Nel film “I duellanti” di Ridley Scott, il dottor Jacquin (Tom Conti) proferisce ad Armand d’Hubert (Keith Carradine) riferita a Gabriel Feraud ( HarveyKeitel ) la seguente frase: “Puoi non batterti: uno, se siete lontani: impossibilità fisica; due, se siete di grado diverso: è contro le norme disciplinari; e tre, se la nazione è in guerra: i duelli fra le nazioni hanno la precedenza. Pertanto: tienti lontano da lui, fa’ più carriera di lui, e abbi fede in Bonaparte.

Nel calcio, questo non è possibile. La sconfitta a causa di un calcio di rigore, nato circa 130 anni fa grazie ad un portiere irlandese che di nome faceva William McCrum, per lo spettatore è un vero e proprio attentato alle coronarie, che personalmente eviterei adottando un sistema alternativo più adatto ai giorni d’oggi. Magari rispolverando una variante in uso negli anni settanta nel campionato di soccer nordamericano, la quale prevedeva che il calciatore partisse da una trentina di metri dalla porta disponendo di 5″ per calciare.

In questo caso, veniva premiata l’abilità del giocatore, sia nell’uno contro uno sia nella conclusione. Un amico grande esperto di calcio inglese, mi ha parlato di una soluzione, a detta sua, ancor più stimolante, conosciuta con il nome di “Attaccante Difensore Portiere (ADP). Consiste in una serie di dieci sfide in cui un attaccante ha venti secondi per segnare il gol contro un difensore e il portiere partendo da una trentina di metri. Alla fine delle dieci sfide, la squadra con più gol è la vincitrice.

Tutto tranne i calci di rigore. Il prossimo campionato, con un mister alla Bisoli al timone del Galeone Bianconero e il credo del paròn Rocco ancor oggi così attuale ed efficace, punteremo con decisione al primo posto.“Una squadra perfetta deve avere un portiere che para tutto, un assassino in difesa, un genio a centrocampo, un ‘mona’ che segna e sette asini che corrono”, insomma un calcio senza troppi fronzoli, palla lunga e pedalare e vinca il migliore… ciò, sperèmo de no!

A cura di Marco Benazzi – Foto Repertorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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