Il 1968 è un anno cruciale anche per il calcio, ma non solo per la storia sociale e politica globale. Questo periodo è caratterizzato da un diffuso fermento di contestazione e innovazione, che si riflette anche nello sport, in particolare nel calcio, un fenomeno culturale di massa in molte società.
Il contesto politico era contraddistinto da rivolte e contestazioni. Nel 1968, si osservano importanti movimenti di protesta in diversi paesi, come il “Maggio francese”, le manifestazioni contro la guerra del Vietnam negli Stati Uniti, e il movimento per i diritti civili. Anche nel mondo del calcio ci sono segni di questo cambiamento. I tifosi iniziano a farsi sentire, rivendicando maggiore partecipazione e diritti. In alcuni casi, ci sono tensioni tra le autorità calcistiche e i tifosi, una dinamica che anticipa le future evoluzioni del tifo.
La politicizzazione dello sport era una realtà. Il calcio, come mobilitatore sociale, è soggetto all’influenza di ideologie politiche. Eventi come i Giochi Olimpici di Città del Messico, segnati dalla protesta degli atleti afroamericani Tommie Smith e John Carlos, evidenziano il ruolo dello sport come piattaforma per il discorso politico. Anche nel calcio, giocatori e tifosi iniziano a manifestare le proprie opinioni politiche, con un’attenzione particolare ai temi dei diritti civili e della giustizia sociale.
Ora pensate al contesto sociologico e alla nuova cultura di massa e identità: Il calcio negli anni ’60 è un fenomeno di forte identificazione culturale, in particolare in Europa e America Latina. Le squadre diventano simboli di identità nazionale e locale, contribuendo a costruire un senso di appartenenza tra le diverse classi sociali. Tuttavia, il 1968 segna anche un inizio di discussioni su come il calcio possa fungere da strumento di esclusione e discriminazione, a causa della sua stretta relazione con fattori economici e sociali.
Anche se lentamente, il “Sessantotto” diede la stura all’evoluzione dell’Industria Calcistica, certo Il calcio era ben lungi dal trasformarsi in un’industria globale, non si erano ancora sviluppati diritti televisivi e sponsorizzazioni che portarono a una professionalizzazione del gioco. Le dinamiche di mercato non avevano ancora iniziato ad influenzare le decisioni sportive, con un focus crescente sul profitto piuttosto che sulla pura passione per il gioco, ma tra gli addetti lavori molti cominciarono a porsi domande etiche e critiche sulle conseguenze per i club e i loro sostenitori. Il ruolo delle donne e l’inclusione, sebbene il calcio maschile sia predominante, nel 1968 segna grappoli di iniziative per includere maggiormente le donne nel gioco. Le donne cominciano a organizzarsi per praticare il calcio, nonostante le ostilità e le discriminazioni. Questa evoluzione si inserisce nel contesto più ampio delle lotte per i diritti civili delle donne, gettando le basi per il futuro sviluppo del calcio femminile. Nacquero due campionati, quello sotto egida della F.I.C.F. (Federazione Italiana Calcio Femminile) e uno alternativo organizzato dalla UISP (Unione Italiana Sport Popolare). Per la cronaca, a vincere i due campionati furono: A.C.F. Genova (F.I.C.F.) e Bologna C.F. (U.I.S.P.).
In conclusione, il calcio nel 1968 serve come specchio delle tensioni sociali e politiche dell’epoca. Mentre si affermano le nuove ideologie politiche e i movimenti di protesta, anche il calcio inizia a manifestare i segni del cambiamento, sia in termini di partecipazione che di rappresentazione. Il rapporto tra sport, cultura e politica si approfondisce, delineando nuove sfide e opportunità per il futuro.
In questo contesto, il calcio diventa non solo un semplice gioco, ma un’importante arena per il confronto sociale, un veicolo di ideologie e un catalizzatore per il cambiamento. La trasformazione del calcio nei tardi anni ’60 prefigura le dinamiche attuali, in cui sport e società continuano a intersecarsi in modi complessi e significativi.
Voglio chiudere questo pezzo dedicato al calcio e al ’68, regalandovi un dialogo a tre, due ragazzi di un liceo e un anziano bomber, tratto dalla scena finale del film “BIM, BUM, BAM” girato dal regista cesenate Aurelio Chiesa nel 1981 con protagonisti Claudio Bigagli (Nello), Massimo Bonetti (“Bibì” Liverani) e Giorgio Locuratolo (Macio), tre giovani calciatori romagnoli in cerca di successo.
Due ragazzi: “Siamo della scuola, abbiamo telefonato, è per l’intervista.!
“Bibì” Liverani: “Entrate.”
Ragazzo 1: “Stiamo facendo un gruppo di studio su: sport, massa e lavoro.”
Ragazzo 2: “Abbiamo pensato di intervistarti come ex-lavoratore del calcio.”
“Bibì” Liverani: “Dopo la pubblicate?”
Ragazzo 2: “No, ci serve solo per il compito in classe.”
“Bibì” Liverani: “Ah.”
Ragazzo 2: “Qual è il ruolo del calciatore, oggi.”
“Bibì” Liverani: Io ho sempre giocato mezz’ala.”
Ragazzo 2: “Intendevo in senso sociale.”
Ragazzo 1: A cosa serve un calciatore nella nostra società.”
“Bibì” Liverani: “Non so. Un calciatore gioca al pallone, deve cercare di farlo meglio che può. La gente si diverte a vedere giocare bene. Voi mi capite, giocherete al calcio anche voi…”
Ragazzo 1: “No!”
“Bibì” Liverani: “Andrete alla partita, qualche volta…”
Ragazzo 2: “No!”
“Bibì” Liverani: “Anche adesso, voi non ci crederete, ma io mi esalto quando vedo qualche numero… È che poggi allo spettacolo non ci pensa più nessuno… corrono tutti come dei matti, ma fantasia poca… quando giocavo io…”
Ragazzo 2: “Non ci interessa il caso personale!”
Ragazzo 1: “Tu il calcio lo intendi come elevazione delle masse o come partecipazione attiva dal basso.”
“Bibì” Liverani: “Ecco. Il calcio era la cosa che mi piaceva più di tutte. Ma quando il gioco diventa un mestiere, allora si smette di divertirsi. Però uno nella vita qualcosa deve pur farla. E poi, è anche una questione di fortuna, dipende dalla piega che le cose prendono quando si è giovani. Io, per esempio, dovevo giocare in serie A, ma più in là della C non sono andato. E pensare che l’occasione l’avevo avuta…ma mi hanno fregato!”
Ragazzo 1: “Analizza la cosa dal punto di vista sociale.”
“Bibì” Liverani: “Appunto. Come vi dicevo, io col pallone ero forte… per me il pallone era tutto… c’era anche il resto ma, ma il pallone era un’altra cosa. Mi ricordo che certi giorni…”
Ragazzo 2: “Ti ripeto che non ci interessa il tuo caso personale!”
“Bibì” Liverani: “Ma io solo questo conosco.”
“Bibì” Liverani: “Avete già finito?”
Ragazzo 1: “Tu cosa ne pensi del ’68?”
“Bibì” Liverani: “Io, quell’anno ho fatto sei gol!”
A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto Repertorio