Domenica 12 giugno, insieme alle elezioni amministrative, si voterà su cinque referendum in tema di giustizia, promossi da Lega e radicali e ammessi lo scorso 16 febbraio dalla Corte costituzionale.

È importante sottolineare, però, che tre di questi cinque quesiti (quelli inerenti a consigli giudiziari, correnti del Csm e separazione delle funzioni) potrebbero essere annullati se prima della data delle elezioni venisse approvata definitivamente dal Parlamento la “riforma Cartabia”, che interviene sulle stesse questioni.

Al netto di questa variabile, ecco dunque su cosa la cittadinanza sarà chiamata a esprimersi tra poco più di un mese. Dopo la spiegazione di ogni quesito c’è anche il testo integrale delle domande che appariranno sulle schede elettorali, riportato per completezza: nella lettura si può comunque serenamente saltare.

Misure cautelari
Secondo le stime più recenti, circa il 30% della popolazione carceraria non sta scontando una pena ma è detenuta in attesa di giudizio. La custodia cautelare in carcere attualmente può essere disposta solo in caso di “gravi indizi di colpevolezza” e può essere motivata dal pericolo che la persona indagata ripeta il reato di cui è accusato, dal pericolo di fuga o da quello che vengano alterate le prove a suo carico.

Se vincerà il sì al referendum non varrà più la prima di queste motivazioni, la possibile reiterazione del reato. L’obiettivo dei promotori è ridurre il rischio che vengano detenute persone che poi, al termine del processo o dei processi, risultino innocenti

Va anche detto che quella detentiva è la più dura e più nota delle misure cautelari di limitazione della libertà personale, ma ne esistono diverse altre: la custodia agli arresti domiciliari, quella in luogo di cura, il divieto di espatrio, l’obbligo di dimora in una località o al contrario il divieto di dimorarvi (quello che viene spesso chiamato impropriamente foglio di via, che però è un’altra cosa), l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria, l’allontanamento dalla casa familiare, la sospensione da un pubblico ufficio o servizio, la sospensione della potestà genitoriale, il divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali. Per come è formulato il referendum, il rischio di reiterazione del reato non potrà giustificare nessuna di queste misure cautelari: il referendum non riguarda quindi solo la custodia in carcere.

Carcere di Rebibbia
Volete voi che sia abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447 (Approvazione del codice di procedura penale) risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 274, comma 1, lett. c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni.”?

Incandidabilità e divieto di ricoprire cariche istituzionali
Dal 2013 chi viene condannato in via definitiva per mafia, terrorismo, corruzione e altri gravi reati non può partecipare alle elezioni per il Parlamento europeo e italiano né a quelle regionali e comunali e non può assumere cariche di governo.

Se un deputato nazionale o un senatore viene condannato definitivamente per una di queste tipologie di reato dopo essere entrato in carica, la camera di appartenenza è chiamata a votare sulla sua decadenza, o meno. Prevista la decadenza, sempre a seguito di condanne definitive, anche per europarlamentari, membri di governo e amministratori locali. Rispetto a questi ultimi, in alcuni casi, la legge prevede attualmente anche la sospensione dell’incarico, in alcuni casi, dopo una condanna di primo grado (non definitiva).

Se vincerà il sì al referendum tutti gli automatismi qui elencati vengono meno e a decidere su eventuali divieti di ricoprire cariche tornerà a essere solo il giudice chiamato a decidere sul singolo caso, come è avvenuto fino al 2012

Consigli giudiziari
I consigli giudiziari sono organi “ausiliari” del Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno della magistratura. La loro funzione è esprimere “motivati pareri” su diversi ambiti, tra cui le valutazioni di professionalità dei magistrati. I componenti di questi organi sono sia appartenenti alla magistratura sia “laici”, cioè avvocati e professori univerisitari.

Se al referendum vinceranno i sì anche avvocati e professori parteciperanno attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati: finora ne sono stati esclusi

Magistrati della Corte d’Appello
Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 (Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei Consigli giudiziari, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005 n. 150), risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 8, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 7, comma 1, lettera a)”; art. 16, comma 1, limitatamente alle parole: “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 15, comma 1, lettere a), d) ed e)?”

Le “correnti” del Csm
Tra le critiche spesso rivolte al Consiglio superiore della magistratura, molte riguardano il suo essere diviso in “correnti”, rendendo l’organo una sorta di parlamentino diviso in partiti. Queste correnti influenzerebbero significativamente il processo decisionale

Se al referendum vinceranno i sì verrà cancellata la norma che stabilisce che un magistrato per candidarsi al Csm debba presentare dalle 25 alle 50 firme a proprio sostegno. Si favorirebbero così, secondo i promotori, le qualità professionali del candidato invece del suo orientamento politico

Csm, Consiglio superiore della magistratura
Volete voi che sia abrogata la legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e il funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’art. 23, né possono candidarsi a loro volta”?.

Separazione delle funzioni
Oggi nel corso della propria carriera, un magistrato, ad alcune condizioni, può passare fino a 4 volte tra la funzione requirenti a quella giudicante. La prima è quella propria dei pubblici ministeri, che dirigono le attività investigative dopo aver ricevuto una notizia di reato e rappresentano la pubblica accusa nei processi. La seconda è quella dei giudici, chiamati quindi a prendere delle decisioni dopo avere approfondito le ragioni delle parti in causa.

Se al referendum vinceranno i sì il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera se vuole essere pubblico ministero o giudice

A cura di Elena Mambelli – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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