C’è un segreto nel fuoco e nella pietra, nel lavoro che l’uomo antico affrontava in armonia con i ritmi della natura, non a caso i viaggi più lunghi nell’Occidente premoderno e le realizzazioni più importanti si intraprendevano solo quando il Sole era entrato nel segno dell’Ariete, il segno zodiacale di “fuoco primario” come dicono gli astrologi, nella piena fioritura della primavera.

Era quello il tempo in cui il fabbro e il vasaio erano entrambi i “Signori dell’opera”, artefici e artisti rispettati e temuti.
Il ceramista plasmava le sue opere consapevole di utilizzare i quattro elementi basilari al mondo (terra, acqua, aria e fuoco) e il forgiatore di metalli tramandava solamente al figlio maggiore o all’apprendista il segreto di fabbricazione delle armi e degli ornamenti, degli strumenti di vita o di morte. Nell’antichità non c’era lavoro che non fosse preceduto da sacrifici o da offerte agli spiriti della Natura o del Fuoco Sacro e ogni opera veniva consacrata a qualche divinità.

Onorati in Indonesia, temuti e disprezzati in Africa, perchè capaci di produrre ogni incantesimo, i fabbri “maestri del fuoco” furono dovunque preceduti dai fonditori di bronzo e prima ancora dagli artigiani che lavoravano a freddo, solo con il martellamento, quei metalli che si trovano quasi puri allo stato naturale: rame e oro.

Opere di questo tipo vennero eseguite nel Medio Oriente e nell’America settentrionale rispettivamente nel 5000 a. C. e agli inizi della nostra era. Ma è solo con l’apparizione del bronzo nel 3000 a.C. in Babilonia e del ferro in India, Egitto e Creta nel 1500 a.C., che ebbe veramente inizio l’era dei metalli. Alcune aree della Terra tuttavia, si inseriranno relativamente tardi in questo processo di sviluppo tecnico, la Cina per esempio conobbe la lavorazione del ferro solo a partire dal 500 a.C., le Americhe e l’Oceania addirittura dal XVI secolo.

Ma in quale modo si manifestarono un tempo i poteri degli artigiani e come si sono tramandati fino ad oggi?
Iniziando da Mircea Eliade, uno degli studiosi più acuti della fenomenologia delle religioni, il quale sosteneva che l’apertura di una miniera e la costruzione di una fornace erano veri e propri atti rituali nelle società antiche. I minerali erano considerati parte attiva della natura e quindi posti sotto la protezione di divinità diverse, per cui le estrazioni e le manipolazioni non potevano avvenire impunemente, poiché si era penetrati nelle viscere della Madre Terra e si era imprigionato il Fuoco, la consacrazione e l’espiazione erano rituali indispensabili.

Non si tratta di fantasticherie o superstizioni, la possibilità che un minerale sia “qualcosa” di vivente è stata dimostrato proprio negli anni Trenta, quando il biologo indiano Chandra Bose riuscì ad “avvelenare” le strutture di un cristallo mediante il veleno di un cobra.
La farmacologia insegna che esistono piante e minerali che possono assumere il ruolo di veleno o farmaco secondo il dosaggio o il tipo di preparazione.
Alcuni testi antichi citano addirittura “nozze” tra minerali maschili e minerali femminili, quando si trattava di operare la loro fusione ci si riferiva ad un “matrimonio alchemico”, accompagnato da astinenza sessuale da parte degli artigiani alchimisti o addiritttura al contrario venivano programmati rituali sessuali che precedevano la fusione minerale.

In questa visione del mondo, determinati materiali potevano assumere un valore e un significato diverso che trascendeva da quello reale: l’oro, per esempio, rappresentava il Sole, l’argento la Luna, una concezione ereditata ed elaborata dalle civiltà mediterranee, le quali attribuivano l’oro a Helios-Apollo mentre l’argento alle divinità femminili di Artemide-Diana-Iside, il mercurio al corrispettivo fisico-alchemico di Hermes-Thot e così via.

Tali corrrispondenze si ripeterono anche in Asia orientale, nella Cina classica la giada era considerata la manifestazione più tangibile della forza attiva e luminosa “yang” mentre il legno ad esempio, corrispondeva all’Oriente e alla primavera.

A cura di Barbara Comelato – Foto Archeomedia

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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