Le Poste italiane sono veramente celeri a consegnare la vostra corrispondenza? Come tutte le cose che non vanno in Italia, anche l’ apparato postale non fa eccezione.

Dopo una lunga inchiesta portata avanti splendidamente dal Fatto Quotidiano (non nuovo a queste scoperte), le Poste italiane ne sono uscite con le ossa rotte. Volete sapere di cosa si tratta esattamente? Beh, riguarda una truffa ai danni dello Stato e dei cittadini, è ovvio. E’ sempre la solita storia: per monitorare i tempi di consegna e la qualità di servizio dei nostri uffici postali, esiste una società che si chiama Izi srl. Questa società sceglie 8mila persone che si spediscono lettere tra di loro e successivamente tutte annotano in quanto tempo la loro posta (in gergo “lettere civetta”), viene inviata e consegnata.

Un meccanismo semplice e chiaro. A prova di bomba, direte voi. E invece no! Gli italiani sono un popolo di irriducibili creativi e alla fine il modo per aggirare le regole lo trovano sempre. Volete sapere come hanno fatto i dirigenti di poste italiane a saltare l’ ostacolo?

I manager in questione conoscevano, da anni, i nominativi di questi controllori scelti da Izi e grazie a questo meccanismo ben rodato, consegnare la posta ai diretti interessati, nei tempi e modi previsti, sarebbe stato un gioco da ragazzi. Volete sapere quanti soldi lo stato elargisce alle poste per fare in modo che la nostra preziosa corrispondenza venga recapitata? Ben 300 milioni di euro, mica bruscolini. Ma c’è di più, perchè se poste italiane non rispettasse i parametri prefissati dovrebbe pagare una sanzione di circa 500 mila euro.

Cose da pazzi. Soldi pubblici buttati nel gabinetto. Però, dal 2003 al 2014, la regola è sempre stata questa, e a tutti sembrava la normalità, almeno fino all’indagine del Fatto Quotidiano che ha scoperchiato tutte le pentole. Sono ben 40 i funzionari indagati che, molto probabilmente, verranno licenziati su due piedi.

Insomma, i controllati erano arrivati a spiare i controllori con cura maniacale, fin dentro alla loro vita privata ed è per questo che anche il Garante della Privacy ha voluto vederci chiaro. Una brutta storia che ci descrive ancora una volta questo malcostume tutto italiano. Affermare che la nostra classe dirigente sia formata da ladri e truffatori può sconfinare nel qualunquismo più becero, ma a pensar male, il più delle volte, ci si azzecca sempre.

Adesso si farà pulizia, si cambieranno i dirigenti e si ripartirà da capo, tabula rasa. Sì certo, come se in Italia si potesse cancellare tutto con un colpo di spugna e ripartire da zero. Da noi si cambia tutto per non cambiare niente. Ormai questo è diventato il motto dell’ Italia (cosiddetta) democratica, libera e indipendente da tutto e tutti che, però, per andare avanti non trova di meglio che fregare il suo stesso Stato. Piuttosto che cercare di migliorare i servizi (in questo caso quello postale), si preferisce barare e far vedere quello che, in realtà, non esiste. Perchè impegnarsi e lavorare sodo, quando si può far finta di lavorare? L’ abbiamo visto con la carica dei posti fissi e lo vediamo ora con un’ altra banda, anche questa fan del lavoro statale.

Volete sapere come la penso io invece? Penso, semplicemente, che non dobbiamo stupirci più di nulla. Domani verrà fuori un altro scandalo, se ne parlerà per un po’ e poi ci si dimenticherà tutto. Questa è l’Italia e questi siamo noi, purtroppo.

A cura di Nicola Luccarelli

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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