Un’ondata di nuovi casi positivi di Coronavirus ha costretto Hong Kong a ripristinare le misure restrittive e di distanziamento sociale, dopo che in un primo momento erano state revocate a fronte delle poche centinaia di contagi registrati e di un numero di vittime che si era fermato a 4. Tuttavia, il 27 marzo l’ex colonia britannica ha confermato 65 nuovi casi di Coronavirus in 24 ore, l’aumento maggiore registrato sul territorio dall’inizio dell’emergenza.

L’apparente ritorno alla normalità
A marzo, i cittadini di Hong Kong avevano ricominciato a tornare negli uffici pubblici e nelle aziende private e a usare i mezzi pubblici, dagli autobus alle metropolitane. Anche bar e ristoranti, rimasti chiusi e deserti per settimane, avevano di nuovo iniziato a riempirsi di clienti.

I nuovi divieti
Dopo i nuovi casi registrati il 27 marzo, però, il governo ha invertito la rotta e ha reintrodotto misure restrittive per limitare la diffusione del virus. Come spiega The Atlantic, i lavoratori sono stati lasciati di nuovo a casa, i parchi sono stati chiusi ed è stato reintrodotto il distanziamento sociale e il divieto di assembramenti di più di 4 persone. Stop anche a cinema e teatri. Non solo: dopo che Chuang Shuk-Kwan del Centro per la Protezione Sanitaria ha sottolineato che 41 dei 65 nuovi casi avevano di recente viaggiato in località europee, fra cui il Regno Unito e il Portogallo, Hong Kong ha chiuso l’aeroporto agli stranieri – anche quelli solo in transito – e ha imposto la quarantena a chi ha il permesso di rientrare nel Paese.

I pareri degli esperti
Quello che è successo a Hong Kong, spiega a The Atlantic Gabriel Leung della University of Hong Kong, dimostra che bisogna attraversare “vari cicli” di restrizioni e allentamenti delle misure “prima di arrivare a una soluzione”. “La strategia dei periodici allentamenti e reintroduzioni delle misure restrittive è la più discussa tra gli esperti e i governi mondiali – spiega Leung – C’è bisogno di queste misure a vari gradi di intensità finché si verifica o l’immunità di gregge o una disponibilità sufficientemente estesa di un vaccino somministrato ad almeno metà della popolazione, per raggiungere lo stesso risultato”. Un sistema “intermittente” di cui hanno parlato – sempre su The Atlantic a proposito degli Usa – anche il professor Aaron E. Carroll e il professor Ashish Jha, secondo cui “possiamo tenere aperte scuole e attività il più possibile, chiudendole poi rapidamenti quando il contenimento fallisce, e poi riaprendole di nuovo quando i contagiati vengono identificati e isolati. Invece che giocare in difesa – spiegano – si può giocare in attacco”.

La Redazione giornalistica – Foto Ansa

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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