Grande sarà la vostra sorpresa quando visiterete la mostra di Damien Hirst a Venezia.

Vi aspettereste opere di arte contemporanea estrema come è estremo l’Autore, che è stato capace di esibire veri squali bloccati in formalina, mucche, vitellini e pecore segati in due per il lungo e conservati anche loro sotto formalina, vere farfalle usate come pennellate coloratissime (il tutto per la ‘gioia’ degli ambientalisti, anche quelli più tiepidi).
E invece vi troverete nel bel mezzo di una ricca e vasta mostra archeologica.
Bisogna saperne subito la storia: un cospicuo numero di tesori sono riemersi dall’oceano solo dieci anni fa dopo essere sprofondati negli abissi quasi duemila anni or sono. Veniamo a sapere che le sculture, alcune monumentali, i gioielli, le monete, le armi, il vasellame e suppellettili vari provenienti da tutto il mondo erano stati scelti e raccolti da un ricchissimo collezionista della fine del primo secolo dopo Cristo, tale Cif Amotan II, uno schiavo liberato, cioè un povero poi diventato ricco sfondato (e qui i più scafati possono fare il parallelo con la vita di Damien Hirst, ragazzo povero di Bristol e ora artista mondiale e collezionista ricchissimo), per abbellire il suo tempio dedicato al Sole, ma durante il trasporto sulla nave chiamata Incredibile, il vascello si inabissò col suo prezioso carico. Quasi duemila anni dopo, e con sforzi ciclopici, viene recuperato dal fondo del mare, restaurato e adesso esposto nelle due prestigiose sedi della collezione di François Pinault a Venezia. Il magnate dei beni di lusso Pinault – diciamolo subito – è da lungo tempo sostenitore entusiasta, collezionista e questa volta ‘complice’ dell’artista inglese.
Avanzando nel percorso della mostra aumenterà però in voi una sensazione di stranezza: c’è in ogni oggetto qualcosa che stona, un po’ come gli orologi dimenticati al polso dei centurioni romani nel film “Spartacus”.
La sensazione di disagio che ho provato io nasce dalle espressioni iper-realistiche dei personaggi ritratti, da quegli urli terrificanti pietrificati, dagli sguardi cattivi, dai denti draculini, dai volti e dalle acconciature di oggi, dai dettagli troppo in evidenza ed eccessivamente particolareggiati.
L’arte antica è stata capace di sublimare passioni e affetti, di suggerire e trasformare la realtà per quanto feroce potesse essere. L’arte contemporanea occidentale, che ha tra le sue sorgenti la fotografia, diventa spesso più reale della realtà, si incentra sul particolare fino ad esaltarlo al parossismo.
Qui tra i tesori del relitto dell’Incredibile la contemporaneità si insinua a gamba tesa nella classicità. Ci chiediamo: sono vere o false tutte queste cose? Ebbene sì, tutta questa storia è una bufala, o meglio, Hirst ha creato un immaginario di una storia piena di documentazioni e di dettagli. Si è preso gioco del collezionismo, del pubblico, degli storici e dei critici, insomma dell’arte tutta. Non a caso, l’epigrafe all’ingresso solennemente dichiara: “Da qualche parte tra il falso e la verità giace la verità”. Falsi reperti antichi ammantati di verosimile nell’epoca delle fake news, più contemporaneo di così…
Ma la giocosa provocazione può essere anche letta con una diversa profondità: Hirst ci sciorina l’arte del passato proveniente dalle grandi civiltà di mezzo mondo. Ci propone un’enciclopedia, un Bignami forse, in cui non mancano le citazioni ad opere di altri artisti di oggi come Jeff Koons, Marc Quinn, e riferimenti divertenti al Surrealismo storico. Questa amalgama smisurata è proprio quello in cui noi galleggiamo: un immenso e ricchissimo passato in cui cultura, stili e luoghi si mescolano nelle nostre teste e nelle nostre pance. Un intreccio tra antico, antichissimo, moderno e contemporaneo che viene digerito, assimilato e re-inventato nel nostro presente. Ogni oggetto richiama alla memoria qualcosa di già conosciuto, antico o recente, ma porta con se’ uno particolare che genera inquietudine e smarrimento. “Tutto l’immaginabile può essere sognato, ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio, oppure il suo rovescio, una paura” scriveva Italo Calvino ne “Le Città invisibili”.
Hirst forse ci vuol dare la prova che la potenza dell’immaginazione riesce a superare ogni frontiera della conoscenza, e appaga un desiderio così umano e sempre attuale della narrazione del racconto, di una storia, che era stato trascurato, anzi demonizzato da decenni di rigore ideologico dell’arte contemporanea.

Treasures from the Wreck of the Unbelievable. Damien Hirst
(Tesori dal relitto dell’Incredibile)

A Palazzo Grassi e a Punta della Dogana, Venezia
Fino al 3 dicembre 2017
Biglietti unico per le due sedi, euro 18
Catalogo Marsilio Editore

Testo e Foto a cura di Silvia Camerini

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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