Non ci può essere perdono e nemmeno pentimento per chi ha il coraggio di uccidere il proprio figlio. Non esiste un ti assolvo dai tuoi peccati. Per criminali così efferati non c’è nessun perdono. E, come si fa, a lasciare nelle mani di padre pregiudicato un bambino fragile di appena sette anni che viene ucciso e poi chiuso in un armadio, solo per disprezzo verso la madre. Chi è quel Giudice di Sorveglianza che ha permesso il lascia passare nonostante un codice rosso acceso come un semaforo che dice stop.

Quello degli infanticidi è un fenomeno che passa sotto silenzio, dati agghiaccianti che parlano di piccoli di pochi anni e neonati spesso uccisi dai genitori per raptus, situazioni di disagio o conflitti nella separazioni. Negli ultimi 10 anni sono stati uccisi 243 bambini. I killer spesso sono proprio i genitori avvolti da rabbie irrefrenabili.

Ricordiamo alla politica che ha il compito di emanare leggi severissime e alla magistratura di sorveglianza di applicarle, i tre casi che hanno scosso la collettività nazionale.

Cocò, il piccolo di tre anni – Ed è stata proprio la morte di Cocò uno degli ultimi e più tragici orrori. Nicola Campolongo, tre anni, è stato ucciso dalla ‘ndrangheta a Cassano allo Ionio insieme al nonno; il suo corpicino è stato ritrovato carbonizzato in auto. Un’infanzia difficile e piena di sofferenze qualla di Cocò. Ancora in fasce ha vissuto in carcere per qualche mese quando la madre fu arrestata per droga, il padre era già in cella. Poi era stato affidato al nonno Giuseppe, nel frattempo tornato in libertà dopo aver passato alcuni anni in carcere ma rimasto un sorvegliato speciale. Fino alla tragica scoperta del corpo nel sedile posteriore dell’auto con il nonno e la compagna. Gli assassini prima hanno sparato un colpo alla testa poi hanno dato fuoco ai corpi. I tre erano scomparsi da alcuni giorni.

Madre uccide le sue tre figlie – A Lecco una madre ha ucciso le sue figlie di 3, 10, e 13 anni mentre dormivano. La donna, Edlia Dobrushi, 37 anni, di origine albanese ha confessato “Sono stata io, le ho uccise io”. Un raputs scattato forse per la solitudine per la separazione dal marito che aveva un’altra relazione, forse per le difficoltà economiche di mantenere le tre bambine. “Ho afferrato un coltello”- ha confessato poi la sequenza di colpi che si ripete in diverse stanze, prima di rivolgere la lama contro se stessa e tentare il suicidio. Erano le 6.25 quando un vicino ha fatto scattare l’allarme dopo aver visto sul pianerottolo la donna con i vestiti e le mani sporche di sangue. Il delitto sarebbe avvenuto in più fasi e in più stanze, quindi la donna avrebbe adagiato i corpi delle tre piccole vittime sul letto matrimoniale. Il marito era in viaggio per l’Albania, “Non dovevo lasciarle sole” le sue parole dopo la tragedia.

Strage di Gallura – Un’intera famiglia sterminata nella loro abitazione di Tempio Pausania in Gallura. Uccisi a sprangate padre, madre e il figlio di soli 12 anni. Strangolti con il filo elettrico e poi uccisi con dei colpi alla testa. È stato fermato un giovane artigiano di 32 anni che ha confessato la strage anche se le versioni sono contraddittorie e per questo gli inquirenti pensano che non abbia agito da solo. Un’omicidio che sembra legato ai rapporti tra l’artigiano e il capo famiglia Azzena: i due agivano, secondo le indagini, in attività comuni non sempre lecite come truffe e raggiri.

L’ultimo nel Varesotto – Si chiama Davide Paitoni, l’uomo di Morazzone (Varese) che la notte scorsa ha ucciso il figlio di 7 anni con una coltellata alla gola e ha nascosto il corpo del bimbo in un armadio di casa sua. Ha poi accoltellato ripetutamente anche la ex moglie, ma è stato fermato dai carabinieri e si trova in stato di fermo, con provvedimento emesso dalla Procura della Repubblica di Varese. All’indagato sono stati contestati il delitto di omicidio del figlio e di tentato omicidio dell’ex moglie, in fase di separazione dal marito violento.

L’uomo si trovava agli arresti domiciliari, per aver tentato di accoltellare un collega lo scorso 26 novembre (reato per il quale sono in corso indagini). Nonostante ciò aveva ottenuto l’affidamento del figlio per trascorrere il Capodanno con lui, come previsto nel provvedimento di separazione. Il bimbo oggi sarebbe dovuto tornare dalla mamma.

Ieri sera il quarantenne, dopo aver ucciso il bimbo, è salito in auto e ha guidato fino a casa dei genitori della ex moglie a Gazzada Schianno, un comune limitrofo. È riuscito ad attirare la donna in strada, con la scusa della riconsegna del figlio, e la ha accoltellata ripetutamente al viso, all’addome e alla schiena, per fortuna con esiti non letali.

A seguito dell’intervento dei carabinieri e del 118, sono iniziate le ricerche del bambino, ritrovato senza vita nell’abitazione del padre. Nell’armadio è stato trovato anche un biglietto: “Mi dispiace, perdonami papà”. Nella breve missiva l’uomo ha confessato il suo gesto ed espresso “grande disprezzo” per la moglie, che poi ha tentato di uccidere.

Le ricerche dell’indagato sono proseguite per tutta la notte e all’alba i carabinieri lo hanno intercettato a bordo della sua auto. Dopo aver cercato di sottrarsi alla cattura speronando l’auto dei militari e successivamente fuggendo a piedi, è stato fermato, nella zona boschiva di Colle Sant’Elia, con un coltello in mano.

C’era il codice rosso per maltrattamenti

Non c’era stata una denuncia diretta da parte della moglie, ma in base ad alcune segnalazioni da parte di altri era stato aperto un codice rosso per maltrattamenti in famiglia per Davide Paitoni. Lo si apprende dagli inquirenti. I presunti maltrattamenti segnalati sarebbero cominciati nel 2019.

Il codice rosso, entrato in vigore il 9 agosto 1919, prevede l’introduzione di una corsia veloce e preferenziale per le denunce e le indagini riguardanti casi di violenza contro donne o minori. Si chiama così come il codice assegnato nei pronto soccorso per i pazienti che necessitano di un intervento immediato. Dal punto di vista procedurale è previsto che la polizia giudiziaria, una volta acquisita la notizia di reato, riferisca immediatamente al pubblico ministero il quale, nei casi di violenza domestica o di genere, entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato, deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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