Questa volta nell’Arena di Massimo Giletti, paragonabile a quella del Colosseo dove i gladiatori combattevano in onore dell’Imperatore romano, ci è caduto il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, attaccato e tramortito da Nino Di Matteo, il magistrato antimafia che è l’icona preferita dai pentastellati.

Di Matteo ha raccontato al giornalista/conduttore Massimo Giletti, in diretta telefonica, di quando nel giugno 2018 Bonafede lo chiamò per offrirgli il posto di direttore delle carceri, oppure di direttore generale degli affari penali al ministero, ma solo 24 ore dopo, il ministro della giustizia, aveva già cambiato opinione e di carceri non si parlava più.
In sostanza il magistrato, oggi al Csm, ha suggerito che Bonafede abbia chinato il capo per inconfessabili pressioni.
Di Matteo ha ricordato che, nelle ore intercorse tra la proposta di Bonafede e la sua decisione, «alcune informazioni che il Gom della polizia penitenziaria aveva trasmesso alla procura nazionale antimafia, ma anche alla direzione del Dap, quindi penso fossero conosciute dal ministro, avevano descritto la reazione di importantissimi capimafia, legati anche a Giuseppe Graviano e ad altri stragisti all’indiscrezione che io potessi essere nominato a capo del Dap».
Quei capimafia, ha raccontato, dicevano «se nominano Di Matteo è la fine».

Alfonso Bonafede però non ci sta e in qualche modo cerca di reagire e rivendica il suo lavoro di avversario delle mafie e affida a Facebook un puntiglioso sfogo. «Un’ipotesi tanto infamante quanto infondata e assurda: è sufficiente ricordare che, quando decisi di contattare il dottor Di Matteo, quelle esternazioni di detenuti mafiosi in carcere erano già presso il mio ministero da qualche giorno. D’altronde, se mi fossi lasciato influenzare dalle reazioni dei mafiosi non avrei certo chiamato io il dottor Di Matteo per valutare con lui la possibilità di collaborare in una posizione di rilievo».
I colloqui, tra l’altro, furono più di uno. «Mi sembrava che fossimo concordi sulla scelta di quella collocazione, che gli avrebbe consentito di incidere su tutta la legislazione in materia penale». Invece poi le cose andarono diversamente conclude Bonafede, tutto qui.

Le opposizioni ovviamente sono già saltate su quello che potrebbe divenire lo scandalo più grosso degli ultimi tempi sulla giustizia; e chiedono un immediato dibattito parlamentare. E c’è chi invoca le dimissioni del ministro.
Mariastella Gelmini, capogruppo Forza Italia alla Camera, sostiene energicamente di non vedere alternative: «O Di Matteo lascia la magistratura o Bonafede lascia il ministero della Giustizia».
Anche la Lega sollecita un imminente passo indietro. Il deputato di Forza Italia, Giorgio Mulé, fa intanto notare come lo scontro Bonafede-Di Matteo non sia stato nemmeno sfiorato dalle televisioni di Stato, sospettato di favoritismi grillini.

La vicenda angosciosa sta ovviamente creando imbarazzo anche nei quartieri di Palazzo Chigi. Il premier Giuseppe Conte, che già non aveva gradito la storia delle scarcerazioni dei mafiosi, ha voluto vederci chiaro, contattando il Guardasigilli e cercando di capire che cosa è avvenuto veramente e come il ministro intenda uscirne.

Se le opposizioni invocano le dimissioni, anche il Pd e i renziani, che non amano Bonafede, chiedono di riferire in Aula.
La difesa dei Pd è più a tutela della carica che dell’attuale ministro. «Sarebbe gravissimo se un ministro si dovesse dimettere per i sospetti di un magistrato», avverte il vice-segretario Andrea Orlando.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto Ansa

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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