Sembra essere ancora lontana la verità relativa alla morte drammatica di Giulio Regeni, ricercatore friulano che si trovava al Cairo per motivi di studio. Le indagini non si fermano, e tra gli inquirenti italiani si fa sempre più strada l’ipotesi di un “coinvolgimento” di apparati egiziani nella triste vicenda.

Gli investigatori che da Roma sono stati inviati al Cairo faticano a raccogliere gli elementi sulla scomparsa di Regeni. La difficoltà potrebbe dipendere anche dalle metodologie di indagine utilizzate dagli inquirenti egiziani, molto diverse da quelle italiane. E’ il caso dei filmati delle telecamere di video-sorveglianza di alcuni negozi nella zona dove Regeni è sparito: la Procura egiziana li ha acquisiti solo nelle ultime 48 ore e secondo fonti giornalistiche e giudiziarie della capitale egiziana, li stanno “vagliando” soltanto ora.

Inoltre, nella giornata di ieri, ha destato grande clamore il testimone citato dal New York Times, secondo il quale il fermo dell’italiano sarebbe stato “ripreso da quattro telecamere di sorveglianza” di altrettanti negozi del quartiere. Secondo questa ricostruzione, avvalorata da tre fonti della sicurezza egiziana sempre al Nyt, alcuni non meglio precisati “agenti” avrebbero fermato il giovane, e dopo l’identificazione e la perquisizione del suo zaino “lo hanno portato via”.

Tuttavia, il ministero dell’Interno, ha prontamente diramato un comunicato ufficiale, dove una fonte del Dipartimento dell’informazione smentisce le informazioni pubblicate dai media occidentali secondo le quali “l’accademico italiano Giulio Regeni sarebbe stato arrestato da elementi appartenenti ai servizi di sicurezza prima della sua morte”.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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