Giulio Capiozzo è stato un batterista eccezionale, e non relativamente al nostro pur glorioso paese musicale, ma in assoluto. E come già scritto a proposito di un articolo, guarda caso, su Trilok Gurtu, nella stragrande maggioranza dei casi i batteristi si dividono in due macro categorie: ci sono quelli della scuola jazz e quindi ariosi, elastici e “melodici”, è quelli Funk-Rock, pertanto più intrinsecamente percussivi, geometrici, con suoni rapidissimi ed esplosivi.

Quindi anche tra quelli di rango più elevato o si ha l’attitudine alla sfumatura, alla fluidità, all’attenzione al dettaglio anche in termini di immediata reazione a ciò che stanno eseguendo gli altri musicisti a loro volta in modo estemporaneo o l’inclinazione all’incisività propulsiva, alla formidabile nettezza esecutiva.

Giulio Capiozzo è stato tra quei pochi che hanno trasfuso in se tutte e due le metà del cielo musicale, facendo gran tesoro dei primi maestri afroamericani che in tal senso hanno iniziato (intorno alla metà del ‘900) un fondamentale lavoro di ricerca e sviluppo nell’alveo del Jazz, come Max Roach e Art Blakey, e subito appresso quello che sarà per moltissimi un preciso punto di riferimento: Elvin Jones.

Capiozzo inizia musicalmente a cavallo tra i Sessanta e Settanta, ha compreso nella sua formazione l’esperienza Funk-Rock che si stava condensando intorno ai nuovi grandi specialisti dell’epoca, altresì lui, più degli altri, aveva un ulteriore fattore da mettere sulla bilancia: l’etnicità Nord africana e medio orientale.

Dando vita con Demetrio Stratos a quel formidabile gruppo che si chiamerà Area (appena dopo si unì Patrizio Fariselli), sin da subito emerse da quella fucina incandescente una spiccata tendenza alla fusione: le inflessioni melodiche medio orientali già dal conto loro difficili, a livello ritmico metrico, furono ulteriormente elaborate, africanizzate. Unici.

Successivamente alla fondamentale, totale, esperienza di “World Music” con gli Area, Capiozzo si dedicò principalmente al Jazz e ne approfondi alcuni aspetti e,forte della sua enorme esperienza maturata, riuscì a trovare percorsi di alto profilo anche in questo campo di azione, coniugando la tradizione con l’innovazione. Dotato di peculiare scansione, tonica anche nelle frequentatissime circostanze poliritmiche particolarmente intricate dei brani degli Area, che sia di portamento del tempo o a commento, dai più acuti piatti alla corposa cassa, passando per i mediani tamburi e rullante, Capiozzo, oltre a quello che tutti i batteristi dovrebbero avere in primissima istanza, ovvero tiro e precisione, offre potente sostegno a connessione tra gli slanci dei solisti con la dinamica del gruppo e quindi del pezzo stesso di quel divenire, risultando perfettamente inscindibile alle composizioni: senza di lui davvero quegli stupendi brani sarebbero altra cosa…

Distribuisce il tempo, anzi i tempi, in modo deciso e autorevole, profonde scintille e tuoni, dalle più fini punteggiatura di commento alle più inesorabili collisioni del tempo, Capiozzo non solo supporta ma soprattutto trasporta.

Le soluzioni ritmico-tecniche che trova sono sovente innovative, talvolta coagula i complicati poliritmi altre lì suddivide in eterogenei flussi di esercizi musicali polimetrici. Quel che stupisce è la naturalezza, l’apparente semplicità nel suonare ritmi più complessi e i difficilissimi obbligati in unisono che le composizioni di natura prettamente Jazz-Rock/Etniche hanno spesso in nuce e quindi come strutture portanti (Trilok Gurtu sarà un’altro Maestro in ciò), e che Capiozzo, pure in una sorta di virile sfida, rende ancor più complicate, ma senza alcuna rigidità, come solo i fuoriclasse sanno fare.

Tanto è diffusa la sua maestria nei brani in cui suona (comunque ne avremmo voluti di più dei densissimi dischi degli Area) che qui tralasciamo di indicare quali siano i brani specifici su cui concentrarsi, lo si faccia su tutti che se ne riceveranno delle belle…

Tuttavia ne segnalamo un paio sicuramente meno conosciuti, con gli Area in trasferta ad assecondare un altro grande della musica italiana, pure lui fautore di una musica realmente mondiale, che risponde al nome di Mauro Pagani. Nel suo bellissimo omonimo disco del 1978 si apprezzano di Capiozzo alcune delle cose sopra descritte, in maniera particolare il modo sublime in cui risolve il 5/8 del brano Europa Minor (fare attenzione all’esoterica e spettacolare trasmutazione ritmica-metrica in 3/4 che si evidenzia soprattutto durante l’assolo di Pagani da 1°43″ e ratificata successivamente), e 17/8+15/8 de L’albero del Canto (parte 1), con il cambio di sezione (anche qui con modulazione metrica seppur ben più semplice) in un dritto 4/4 con un tiro degno di un potente hard-rock)¹”.

(¹Testo scritto dal chitarrista, compositore, insegnante di musica e scrittore, Carlo Pasceri: 19/02/2018, da oneline carlopasceri.it, “Giulio Capiozzo professione fuoriclasse”).

Giulio Capiozzo e stato un’ottimo musicista egli ha suonato con i grandi artisti americani, dopo l’esperienza con la formazione degli Area si immerge nella Musica Jazz, la sua tecnica nel suonare la batteria è veramente sborditiva e un drummer che si avvicina ai grandi percussionisi da Jack DeJohnnette, Elvin Jones, Art Blakey, Gene Krupa, Paul Motion, Giovanni Hidalgo, Horancio Hernandez, Billy Cobham e Trilok Gurtu.

Giulio Capiozzo dopo avere frequentato il Conservatorio de il Cairo in Egitto, fonda nel 1966 la formazione Beat The Bo Bo’s Band, con cui ha le prime esperienze su un’opera discografica, facendosi poi successivamente conoscere in concerti nel panorama nazionale e internazionale. Con uno dei componenti del gruppo Leandro Gaetano forma nel 1972 la formazione degli Area assieme al chitarrista greco Demetrio Stratos, Johnny Lambizzi e Patrick Djvas. Giulio Capiozzo incontra poi a Parigi il batterista Kenny Clarke. Questo incontro fece scaturire in Capiozzo un grande amore per il jazz. Da alcune considerazioni di Clarke si apprese poi che il celebre musicista americano non aveva mai incontrato fino ad allora un batterista in grado di trattare i tempi dispari con così grande personalità e libertà sullo strumento.

I due si frequentarono fino alla morte di Kenny, avvenuta nel 1985. Capiozzo partecipa ad un progetto nei lontani anni Settanta, partecipa alla incisione dell’opera discografica del batterista Martial Solal 7+4=X.

Il musicista cesenaticense inoltre ha collaborato con i fratelli baschi Arze e Anik e con Steve Lacy, diventando con la sua lunga esperienza di percussionista la spalla per i più importanti jazzisti americani ed intraprende la carriera musicale e artistica suonando a fianco dei massimi esponenti, artisti di notevole fattura e classe tra i quali: Clark Terry, George Cables, Gary Bartz, Red Halloway, George Coleman, Jimmy Owens, Dexter Gordon, Bruce Forman, Stan Getz, Brian Linch, Charles Tolliver, Tony Scott, Curtis Fuller, Jaco Pastoirus, Sam Rivers e Michael Breacker.

La sua collaborazione poi va oltre, e collabora con artisti italiani, egli si esibisce con Mia Martini, con un progetto, incidendo un’opera discografica dal titolo “Miei Compagni di Viaggio” e con Fabrizio De Andrè. Dopo questa esperienza inizia un lungo sodalizio con un artista di livello mondiale, il batterista Elvin Jones. Il musicista cesenaticense inoltre ha fondato un duo di percussioni etniche, con il percussionista indiano Trilok Gurtu. Ha quindi trascorso molto del suo tempo ai Caraibi suonando con I Voodoo-Drummers e con gli Stell Drummers di Trinidad. Giulio Capiozzo viene riconosciuto poi come un’innovatore dello strumento percussivo a livello mondiale, rivoluzionando la musica fatta di poliritmie con un fraseggio melodico e con un suono riconoscibile. Il suo stile inoltre viene studiato in molte università di musica americane.

Dal Duemila il 23 agosto di ogni anno, Capiozzo viene ricordato con un’evento il “Ju Ju Memorial”, organizzato dal figlio Cristian Capiozzo anch’esso batterista che ha fatto carriera con progetti originali con la formazione “Capiozzo & Meco e accompagnando musicisti noti come Mario Biondi, Pee Wee Ellis e molti altri artisti del panorama sia italiano che internazionale.
Giulio Capiozzo morì il 23 agosto dell’anno 2000 per attacco cardiaco a Cesenatico, la città della riviera romagnola dove risiedeva da anni.

Non rimane che ricordare questo grande artista con il gruppo degli Area negli anni Sessanta e poi il suo avvicinarsi alla Musica Jazz collaborando con tanti artisti, musicisti come lui del panorama internazionale. Capiozzo venne ricordato anche dai quotidiani italiani, tra questi La Repubblica – Cesenatico – con un articolo dal titolo: “Morto Giulio Capiozzo ex batterista degli Area”, in data 24 agosto dell’anno Duemila. “L’ex percussionista degli Area Giulio Capiozzo, 54 anni, è stato stroncato da un malore la notte di martedì in un bar di Cesenatico, la cittadina della riviera dove viveva[…]”.

A cura di Alessandro Poletti – Foto Repertorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui