Dai tailleur multicolore alle spille, dalle celebri “borse a mano” Launer London agli ombrelli in tinta. La regina Elisabetta II non segue la moda, ma ha fatto del suo stile e della sua immagine un’icona.
Ogni vestito che indossa in pubblico è scelto accuratamente per ispirare o ricordare, per esprimere gratitudine o rispetto, per trasmettere potere o complicità, fino a diventare un concentrato di “easter eggs”, di “messaggi nascosti” tutti da decifrare.
Non fa tendenza né le segue, il suo è uno stile unico, documentato e studiato sin dalla sua nascita, nei giorni da giovane principessa e dopo l’ascesa al trono.
Piuttosto conservatrice nella foggia del vestire, la regina Elisabetta II è famosa per i soprabiti dai colori forti e per i cappelli, che le consentono di essere vista facilmente nella folla.
“I have to be seen to be believed” (“devo essere vista per essere creduta”), ha detto più volte la sovrana, scandendo un’antica regola di Buckingham Palace. Anche e soprattutto a molta distanza. Durante i festeggiamenti per i suoi 90 anni, alla parata Trooping The Colour, sfoggiò un vestito di un inedito verde fluo con copricapo ton sur ton, mentre alla festa del popolo lungo il Mall di Londra si distinse per il fucsia acceso della mise.
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Ama il rosa petunia, ma anche il turchese, il verde prato, il rosso geranio e il blu elettrico.
I tailleur, preferiti agli abiti, non hanno bottoni, ma cerniere per questioni di comodità e sono sempre accompagnati da accessori in tinta: si va dai cappelli ai guanti, dalle spille agli ombrelli trasparenti ma con richiami al colore indossato.
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Il guardaroba della sovrana è sempre stato un argomento di grande interesse nazionale fin dal corredino, rigorosamente in cotone perché la lana, diceva la futura Regina Madre, allora duchessa di York, faceva sembrare i bambini come dei piccoli “gnomi”.
“Indossava ciò che le era stato detto senza discutere, tranne un cappotto nero lungo che detestava”, scrisse la tata nel suo controverso libro di memorie, “Le piccole principesse” che le costò il bando a palazzo.
Per le principessine, lo stilista scelse vestiti con fiocchi e mantelline che segnavano un “un ritorno alla calma affidabilità della monarchia”, scrive Holt nel suo libro.
L’abito nuziale della giovane Beatrice di York, sposa dell’immobiliarista di origini italiane Edoardo Mapelli Mozzi, era un capo disegnato per la Regina Elisabetta II proprio da Norman Hartnell.
Durante la seconda guerra mondiale, la diciottenne Elizabeth iniziò a fare più apparizioni pubbliche. Nel 1945, appena 18enne, si arruolò da ausiliaria nell’esercito britannico, studiando da meccanico. In quegli anni indossava abitualmente pantaloni. La comodità è una delle priorità della Regina nella scelta degli abiti.
In una delle prime foto con il principe Filippo indossa un vestito semplice, di colore chiaro con le maniche sopra il gomito e tacchi bassi.
“Le persone vogliono vedere i reali come dei “reali” , ma allo stesso modo, non vogliono pensare che i soldi dei contribuenti vengano spazzati via”, ha affermato Nick Bullen, caporedattore di True Royalty.
La stessa Kate Middleton, moglie di William, secondo nella linea di successione al trono, spesso sceglie capi di brand alla portata di tutti, che puntualmente in poche ore diventano sold out. Recentemente la regina Letizia di Spagna a una premiazione ha incontrato una donna che indossava un vestito low cost identico al suo. Col sorriso e senza imbarazzo, ha posato con lei davanti ai fotografi.
Era il 20 novembre 1947, nell’immediato dopoguerra, quando la principessa Elisabetta e Filippo Mountbatten, si sposarono nell’abbazia di Westminster a Londra. La futura regina indossava un abito classico, con uno strascico di pizzo ricamato lungo più di quattro metri: gonna svasata di raso color avorio, corpetto, maniche lunghe e fiori di cristallo e perle. Diecimila perle e seta, prodotta nel Kent e tessuta nell’Essex, proveniente da bachi importati – specificarono i giornali – dalla Cina e non dal (nemico) Giappone.
Migliaia di persone in tutto il Regno inviarono i loro buoni abbigliamento alla futura Regina per contribuire al pagamento dell’abito, lei rifiutò perché sarebbe stato illegale e il governo le concesse 200 buoni extra. Il Paese aveva bisogno di glamour e di sognare dopo gli anni della guerra. E quel vestito e quel matrimonio trasformarono il sogno in realtà.
Una curiosità: sembra che Elisabetta indossasse come sottoveste un vecchio tubino blu della madre in onore della tradizione che vuole che nel giorno delle nozze la sposa abbia con sè qualcosa di nuovo, di vecchio, di prestato e di blu. Un gesto audace per l’epoca che testimonia l’eccentricità e la modernità che già allora contraddistingueva la Regina.
Quel giorno non andò tutto liscio. La tiara Fringe della regina Mary, un diadema illuminato da una cascata di diamanti incastonati in fasce simili a frange, si ruppe prima della crimonia e fu necessaria una riparazione d’urgenza. La tiara è stata indossata nel 1973 anche dalla figlia di Elisabetta II, la principessa Anna, per il matrimonio con Mark Phillips, e dalla nipote preferita della Regina, sempre la principessa Beatrice di York.
Nel 1952, la Regina, allora venticinquenne, indossò il lutto per il funerale di suo padre. La regina Mary si inchinò alla nipote e le sussurrò: “Lilibet, le tue gonne sono troppo corte per i giorni del lutto”. Il vestito si librava ben al di sopra delle sue caviglie, seppure rispettosamente sotto il ginocchio, mentre quello della nonna sfiorava il pavimento.
Hartnell praticamente si trasferì al London Museum e alla London Library, per studiare la storia e le tradizioni della famiglia reale. “Pensavo ai gigli, alle rose, alle margherite e al grano dorato; pensavo ai paramenti sacri, al cielo, alla terra, al sole, alla luna, alle stelle e a tutto ciò che potrebbe essere ricamato su un abito destinato a passare alla storia”.
Butto giù nove bozzetti e si consultò con la massima autorità dell’araldica britannica, Sir George Bellew, il cosiddetto Re d’armi della Giarrettiera.
Nell’abito – che, effettivamente, passò alla storia – erano raffigurate la rosa dei Tudor in seta rosa pallido, perle, borchie d’oro e d’argento. Il cardo di Scozia, in seta color malva. Il trifoglio d’Irlanda in seta verde, fili d’oro e d’argento e diamanti. Il porro del Galles, in seta bianca con le foglie in seta verde chiaro. C’erano la foglia d’acero del Canada, bordata con filo d’oro e cristalli, la mimosa d’Australia, in seta gialla e verde e filo d’oro. E ancora la felce della Nuova Zelanda, il fiore della Protea, del Sud Africa, il fiore di loto dell’India, ricamato in madreperla, il grano, del Pakistan, il loto del Ceylon. Tre sarte, sei ricamatrici e l’intera Royal School of Needlework, lavorarono per otto mesi sulla preziosa seta prodotta alla Lullingstone Silk Farm, la fabbrica più prestigiosa dell’epoca. Il mantello di velluto cremisi fu realizzato dalla Warners of Braintree, nell’Essex.
Dopo la solenne incoronazione, l’abito non finì nell’armadio. Elisabetta lo indossò ancora sei volte, in Australia, e poi anche a Ceylon e in Canada, prima di spedirlo all’archivio storico di Buckingham Palace.
Sul vestito fu ricamato anche un fiore “non convenzionale”, invisibile agli occhi della stessa Regina: un piccolo quadrifoglio tessuto con la stessa seta della gonna, posizionato all’altezza della mano della giovanissima sovrana. Un portafortuna segreto che Normal Hartwell donò a Elisabetta che, inconsapevole, lo sfiorò durante tutta la cerimonia.
Celebre il vestito da sera miulticolore indossato nel 1999 per una Royal Variety Performance. Creato da Karl-Ludwig Rehse, aveva un corpetto con paillettes e un motivo “arlecchino” a rombi gialli, blu, verdi e rosa.
Negli anni ’70 ha ceduto al fascino dei pantaloni, dei capelli raccolti in un turbante prima di approdare ai suoi stilosissimi cappellini.
Certamente ha subito l’influenza di Margaret, la ribelle, amante della moda e sempre attenta ai nuovi stilisti emergenti, come la modista Simone Mirman, che ha creato alcuni dei cappelli più stravaganti della regina, incluso l'”elmo” in stile Tudor, in giallo tenue, sfoggiato per l’investitura del principe Carlo nel 1969.
Della Regina è nota anche la passione per i foulard di seta di Hermes. Il brand ha realizzato diversi modelli speciali in suo onore, come la sciarpa a tema equino del 2016 in occasione del suo 90° compleanno.