Con 1,7 milioni di contagiati dall’Hiv nel 2018, in calo del 33% rispetto al 2010, e quasi 38 milioni di persone che convivono con il virus, di cui 23 milioni hanno accesso a terapie che azzerano la carica virale, l’Aids oggi fa meno paura. Ma questi risultati, frutto di grandi sforzi da parte della comunità scientifica, degli attivisti, dei governi e di realtà non governative, non devono far dimenticare che la battaglia è tutt’altro che vinta. Solo nel 2018 la malattia ha ucciso infatti 770mila persone, tra cui 100.000 bambini, a causa di diagnosi che arrivano troppo tardi e mancato accesso alle cure. Per rilanciare la sfida, anche quest’anno si celebra, il primo dicembre, il World Aids Day, con centinaia di iniziative in Italia e nel mondo.

Il virus da immunodeficienza acquisita umana, contro cui ancora non esiste un vaccino approvato, dai primi anni ’80 ha infettato oltre 80 milioni di persone, uccidendone oltre 35 milioni. “In occasione della Giornata Mondiale dell’Aids, salutiamo i risultati degli attivisti e delle comunità nella lotta contro l’Hiv, ricordiamo e onoriamo tutti coloro che abbiamo perso lungo la strada”, è il messaggio di Winnie Byanyima, direttore esecutivo dell’Unaids, il programma che unisce 11 organizzazioni delle Nazioni Unite. “Centinaia di migliaia di persone al mondo continuano a morire di infezione da Hiv a uno stadio clinico avanzato, o Aids, perché molti paesi sono ancora impreparati a diagnosticarlo e curarlo”: questa è la fotografia scattata dal nuovo rapporto di Medici Senza Frontiere ‘Non c’è tempo da perdere’.

Oggi oltre la metà delle nuove infezioni da Hiv riguarda le cosiddette popolazioni a rischio, come omosessuali, utilizzatori di droghe, sex worker e detenuti. A esserne colpiti, però, lo scorso anno, sono stati anche 160mila bambini sotto i 9 anni: un numero in calo del 41% dal 2010, ma ancora enorme se si pensa che ogni giorno, afferma l’Unicef, 320 minori muoiono a causa del virus. Non bisogna fermarsi di fronte ai progressi compiuti, ha dichiarato Henrietta Fore, Direttore Generale dell’Unicef, e oggi più che mai bisogna investire in test e cure per i bambini e gli adolescenti.

Così come è lontano l’obiettivo di contenere i decessi per Aids al di sotto di 500.000 persone entro il 2020. Un obiettivo, osserva Ruggero Giuliani, vicepresidente di Medici Senza Frontiere, che “non sarà raggiunto senza un’azione decisiva per migliorare l’adesione alla terapia e contro le interruzioni del trattamento che determinano un’alta mortalità”. Accanto agli sforzi per migliorare l’accesso e la continuità nelle terapie antiretrovirali, la Giornata mondiale punta alla prevenzione dei contagi.

Oggi primo dicembre, il ministro della Salute Roberto Speranza accenderà le luci dell’illuminazione straordinaria prevista per il Colosseo. Mentre il portale web istituzionale del Ministero, per 3 giorni si tingerà di rosso, colore del Nastro simbolo della lotta alla malattia: nel 1992, in occasione del concerto tributo a un anno dalla morte di Freddy Mercury 100.000 furono i red ribbon distribuiti al Wembley Stadium di Londra. La proposta di legge: test HIV per i minori di 16 anni senza autorizzazione dei genitori Fermare le diagnosi tardive di Hiv permettendo ai ragazzi ‘over 16′ di fare il test senza l’autorizzazione dei genitori. E’ la proposta di legge ‘Interventi per la prevenzione e la lotta contro l’Aids e le epidemie infettive aventi carattere di emergenza’ promossa dall’intergruppo parlamentare ‘L’Italia ferma l’Aids’, guidato Mauro D’Attis (Fi) e da Fabiola Bologna (M5S).

“In Italia siamo riusciti a svolgere un lavoro grandioso: clinici, pazienti, associazioni, aziende, parlamentari, tutti insieme abbiamo collaborato per innovare una legge che a suo tempo, nel 1990, fu già di per sé innovativa – ha affermato Rosaria Iardino, presidente della Fondazione The Bridge – Il messaggio più importate è l’attenzione ai cosiddetti ‘grandi minori’, i ragazzi tra i 16 e i 18 anni che non fanno il test dell’Hiv sia per via della disinformazione, sia perché è necessario il consenso dei genitori. È un fatto gravissimo, perché questi ragazzi scoprono la malattia a 20 anni perdendo così tre anni di trattamenti preziosi ed è ancora più grave perché a livello medico scientifico è oramai dimostrato che se una persona è trattata correttamente fin dall’insorgere della malattia, questa persona non trasmetterà più il virus. E l’epidemia, tutt’ora in corso, si contiene”.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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