Giorgio Azzolini si può considerare un contrabbassista italiano moderno, che ha frequentato la scuola italiana e di questo strumento così particolare e così importante nel jazz se ne è innamorato sin dalla prima nota, la quale poteva essere baciata in modo sinfonico, ritmico o per la musica leggera.
Il contrabbasso in questi contesti è essenziale essendo lo strumento che da la poliritmia.

La poliritmia è la teoria che consiste nell’impiego simultaneo di ritmi diversi tra le voci di una composizione e si differenzia dal semplice impiego di gruppi irregolari di una sola voce che produce una diversa melodia.

Uno dei maggiori protagonisti italiani è il contrabbassista italiano Giorgio Azzolini classe 1928. Studia a Firenze con Antonio Godoli perfezionandosi a Milano in armonia, composizione e arrangiamento. Inizia da giovane un’intensa attività concertistica che lo vede, tra gli altri, protagonista della formazione originaria del noto quintetto jazz italiano Basso Valdambrini. Dino Piana che conobbe Oscar Valdambrini un mese dopo la sua prima incisione per la label italiana Fonit Cetra Records. Questa famosa formazione fu una delle prime formazioni nate nel dopo guerra tra gli anni Sessanta e Settanta a Milano, Basso fu proprio lui a dare vita e lustro al gruppo con una lunga collaborazione che darà vita ad uno dei primi e noti prolifici gruppi del jazz italiano, con il nome di Quintetto Italiano.

In questo gruppo entra a far parte il contrabbassista spezzino di nascita, infatti nasce a Spezia nel 1928 Giorgio Azzolini che inizia da giovane un’intensa attività concertistica che lo vede, tra gli altri protagonista di questa formazione, il Quintetto Italiano Basso Valdambrini, con il quale partecipa ad importanti festival jazz italiani e internazionali. Azzolini inoltre ha suonato dal vivo in più occasioni nel locale Jazz Power di Milano, un club attivo per un breve periodo all’inizio degli anni Settanta.
Il locale nacque come sala da concerto per ospitare concerti jazz, e l’organizzazione fu curata dall’autore e critico musicale Franco Fayenz.

Inoltre il contrabbassista incide in sessioni discografiche con i noti musicisti americani dal trombettista Chet Baker che ormai aveva preso la cittadinanza italiana proprio negli anni Settanta, Billie Holiday, Herb Geller, Teddy Wilson, Helen Merrill, Stèphane Grappelli, Mal Waldrom, Toots Thielemans, Dizxy Reece, Maynard Ferguson, Kenny Clarke, Conte Candoli, Slide Hampton, Gato Barbieri e tanti altri. Parallelamente all’attività concertistica Giorgio si è dedicato alla composizione e alla didattica, scrivendo due libri per le Edizioni Curci e diventando inoltre docente di contrabbasso presso la Scuola Civica di Milano.
Nell’ambito della musica leggera Giorgio Azzolini ha partecipato a varie manifestazioni musicali e trasmissioni televisive.

In questo contesto ha accompagnato in tournée vari cantanti di Musica Leggera, dal Quartetto Cetraa a Johnny Dorelli, Ornella Vanoni, Milva, Iva Zanicchi.

Nella carriera del musicista ligure vi sono anche tante soddisfazioni e innumerevoli successi con la sua Big Band: “C’è tutta una generazione perduta nel jazz italiano. “Perduta” non perché quei musicisti abbiano condotto vite dissolute, o siano morti giovani. Anzi: molti di loro hanno prodotto tanta musica e alcuni addirittura sono ancora attivi. “Perduta” perché la maggior parte di ciò che è stato da loro inciso fra gli anni Quaranta e gli anni Settanta è oggi introvabile. Se qualcosa si può ascoltare si devono ringraziare le etichette discografiche come la Riviera Records di Adriano Mazzoletti, oppure il blocco come il benemerito jazzfromitaly.

Ma, tanto per dirne una, la maggior parte del catalogo discografico del pianista Enirico Intra anch’esso docente presso il Conservatorio Civici di Milano è praticamente irreperibili (e stiamo parlando del pianista Enirico Intra, ossia di uno dei musicisti seminali del nostro jazz italiano).
Capita così che l’appassionato di jazz medio conosca Rava, Pieranunzi, Roberto Gatto, Danilo Rea, Paolo Fresu, ma abbia una nebulosa idea di chi siano Glauco Masetti, Eraldo Volontè, Umberto Cesàri, Giancarlo Barigozzi, Giulio Libano, Nunzio Rotondo o Guido Manusardi[…]”.

Non c’è nessun dubbio che il jazz in Italia nel periodo della Seconda Guerra Mondiale e dopo il conflitto abbia vissuto una difficoltà culturale dovuta prima al regime fascista e dopo ad una trascuratezza e di difficoltà di comunicazione. Fino a arrivare agli anni Sessanta e Settanta, quando il jazz nel paese prende decisamente vigore merito anche della formazione Basso Valdambrini / o Sestetto Italiano. Basso piemontese di Asti e Valdambrini facevano parte dell’Orchestra Ritmica della televisione italiana all’epoca EIAR, poi divenuta RAI, appassionati di jazz nelle ore libere dagli impegni dell’orchestra, si ritrovarono e suonavano il jazz arrivato dagli Stati Uniti. La formazione del Sestetto Italiano riuscì a far breccia al pubblico di quel periodo e divenne il primo gruppo del jazz moderno in Italia.

Oscar Valdambrini dopo aver studiato al conservatorio della sua città dove il padre nel 1934 lo iscrisse, si diplomò nel 1941 con Enrico Pietrangeli al violino. In quegli anni siamo nel 1936 studiò la tromba con Emanuele Giudice, mentre si avviava alla attività professionale da violinista: nel 1939, a quindici anni fu assunto presso l’orchestra Ritmica per le audizioni radiofoniche EIAR, non era ancora chiamata RAI diretta da Tito Petralia, che lasciò nel 1941. Oscar Valdambrini venne ingaggiato dall’argentino Rafael Canaro (fratello del più noto direttore d’orchestra di Tanghi argentini Francisco).

Nel1950 Valdambrini conobbe il sassofonista astigiano Gianni Basso, con il sassofonista tenore l’anno dopo i due registrarono delle opere discografiche per la label milanese la Durium Records, con una formazione comprendente un quintetto formato per l’occasione dagli Amici del Jazz di Milano e guidato dal musicista Piero Umiliani.
Nel 1952 il sodalizio umano è artistico tra Basso e Valdambrini si consolida durevolmente. Alla fine dell’anno si ritrovarono ancora in studio di registrazione per lavorare su quattro brani ciascuno a proprio nome. In prevalenza erano canzoni italiane interpretate con una coloritura jazzistica: una scelta controcorrente in un’epoca in cui i musicisti jazz italiani consideravano la canzone un prodotto commerciale scadente. Questi long playing, tra i più riusciti del jazz italiano del dopoguerra, gettarono le basi della decennale collaborazione tra i due musicisti. Nell’intervallo del ’54 – ’55) Basso e Valdambrini si esibirono regolarmente in un locale di Milano, La Taverna Messicana. Un piccolo ritrova frequentato da una clientela pittoresca ed eccentrica: “Era un posto molto diverso da quelli di oggi. Suoni e c’è della gente che ti ascolta in silenzio. Alla Taverna in un certo senso suonavamo solo per noi. C’erano prostitute malavitosi, gente della Milano bene , ma anche gente normale, appassionati di jazz, girava la droga è I proprietari se ne fregavano di quelli che suonavi, bastava che suonassi.” (Da Mazzoletti, 2010, pagg. 949).

Per anni la Taverna Messicana rimase l’epicentro del miglior jazz a Milano, un riferimento per i jazzisti americani di passaggio […]”. “[…] I destini del Sestetto Italiano si intrecciarono con quelli del nuovo Quintetto Basso Valdambrini: questo gruppo si presentò dal vivo già al gala del jazz di Milano nell’ottobre del 1955, ma fece il debutto ufficiale al Festival del Jazz di Sanremo nel gennaio del 1957. Il quintetto Basso Valdabtini ha lanciato un segno profondo nella storia del jazz in Italia: nei successivi quindici anni si afferma come il gruppo più longevo della scena Italiana e il protagonista indiscusso, per la qualità estetica, del panorama jazzistico italiano negli anni Sessanta. Nel tempo vi si succedette vari musicisti che a rotazione presero il posto nell’organico, essi furono i pianisti, Renato Angiolini (1955-’56), Gianfranco Intra (1956-’58), e soprattutto Renato Sellani (1958-’71), i due contrabbassisti, Berto Pisano (1955-’58) e Giorgio Azzolini (1958-’71); tre batteristi, Gil Cpuppini (1955-’58; fu pubblicata a suo nome la prima seduta di registrazione della formazione), Gianni Cazzola (1958-’62), Lionello Bionda (1962-’69) e di nuovo Cuppini (1970-’71). Tra le registrazioni più notevoli vanno segnalati l’album Basso Valdambrini Quintet del 1959 in cui si afferma la vena compositiva di Valdambrini nel brano Lo Struzzo Oscar Latar.

Nello stile musicale del gruppo prevalgono l’interesse per contrappunto mutuato dalla scena californiana, la coincisa inventiva degli assoli improvvisati, sempre inseriti in una cornice di eleganti arrangiamenti che sfruttano al meglio i colori e le dinamiche del quintetto, il gusto sorvegliato eppure brillante delle esecuzioni. Il Valdambrini solista spicca per il fuoco controllato, la varietà melodica e ritmica, il lirismo pervaso da una nervosa vena ritmica che contrasta con l’approccio più sensuale ed energico di Basso. Alla fine del 1959 il long playing A New Sound from Italy vide il quintetto allargato a ottetto, con l’aggiunta tra gli altri del notevole sax baritono, il musicista svedese Lars Gullin, frequentatore della scena milanese di quel periodo e dell’arrangiatore svizzero George Gruntz protagonisti di uno dei dischi più belli e importanti del decennio. Gruntz rimase poi l’arrangiatore privilegiato della formazione, anche nel successivo gruppo in sestetto.

Nonostante i problemi di salute cardiaca, Valdambrini fu richiesto il molte formazioni, per l’impeccabile professionismo e l’elevata, costante qualità degli interventi solistici: tra il 1956 e il 1958 collaborò come trombettista e arrangiatore con l’orchestra, la big band di Armando Travajoli e più avanti con le big band di Gil Cuppini (tra il 1964 e il 1971), Giorgio Gaslini (1968-’69) e il trombettista canadese Maynard Ferguson (1970-’71). Nel 1962 al quintetto si aggiunsero musicista, il trombonista Dino Piana, che suonava il trombone a pistoni, e che aveva già partecipato due anni prima come ospite del quintetto a un produzione discografica per la label Jolly. Il sestetto rimase stabile fino al 1974; il contributo al repertorio di Valdambrini fu fondamentale. Nel 1962la casa di cosmetici Elisabeth Arden, in collaborazione con il rotocalco Rotosei, indisse il concorso “The Best Modern Jazz in Italy”.

Il gruppo si aggiudicò il premio, guadagnandosi un viaggio negli Stati Uniti per una serie di concerti da tenere alla Half Note e al Birland Jazz Club di New York, celebre locale dedicato al tributo del sassofonista Charlie Parker. Ma le restrittive politiche sindacali statunitensi impedirono qualsiasi esibizione.
Prima di partire per l’America, il sestetto registrò come parte del premio 7n long playing per la label RCA Records Italiana sussidiaria della RCA americana, la Radio Corporation of America: un lavoro di particolare pregio, in cui Valdambrini e il gruppo esibirono all’opera discografica un approccio più energico. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta il musicista incontrò in jam session o in concerti ufficiali alcuni tra i maggiori musicisti statunitensi tra i quali: Lionel Hampton, Chet Baker, Helen Merrill, Buddy Collette, che la formazione accompagnò in sessioni di registrazioni con un’opera discografica Buddy Collette in Italy, prodotto nel 1961.

A gennaio dello stesso anno il grande pianista Duke Ellington volle il trombettista italiano nella sua orchestra durante un tour di due giorni a Milano, coinvolgendolo in una seduta di prove registrate in studio / o in concerto, la registrazione purtroppo inedita. E nei due altri concerti al Teatro Lirico di Milano, Ellington, che lo chiamava ‘Manbrini’, lo volle ancora con sé per il concerto milanese del 28 ottobre del 1969. L’ingresso di Dino Piana nel 1967 nell’Orchestra Ritmica della televisione italiana, la RAI di Roma rallentò l’attività del sestetto. Poco dopo nell’orchestra della RAI entrò anche il sassofonista Gianni Basso e nel 1972 lo stesso Valdambrini che da Milano si trasferì a Roma.

Basso però lasciò quasi subito l’orchestra per tornare a Milano, e nel 1974 il gruppo cambiò nome il Quintetto Piana Valdambrini. In Questa nuova formazione si sono alternati varie sezioni ritmiche, principalmente con i musicisti Enrico Pieranunzi al pianoforte, Massimo Moriconi al contrabbasso e Roberto Gatto alla batteria e / o Gegè Munari.
Dal 1978 il gruppo si allargò di nuovo ritornando sestetto con l’aggiunta del trombettista Franco Piana figlio di Dino, ma negli anni Ottanta è Novanta Valdambrini diradò gli impegni per l’aggravante dei problemi di salute. Il sestetto originario quello degli anni Sessanta, con Basso e Dino Piana, si riunì eccezionalmente ancora una volta il 12 maggio del 1993 per un concerto alla Town Hall di New York.

Valdambrini morì a Roma il 26 dicembre del 1996.
Gianni Basso morì nella sua città natale ad Asti il 17 agosto del 2009.
Non c’è dubbio che il contrabbassista italiano Giorgio Azzolini (ancora in vita) abbia dato il suo contributo importante al Sestetto Basso-Valdambrini, arricchendolo del suono del suo contrabbasso, strumento fondamentale nel jazz moderno.

A cura di Alessandro Poletti opinionista di Musica Jazz – Foto Getty Image

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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