Ognuno di noi ha origini antiche, più antiche di quello che si possa in realtà pensare.
Tutti, indistintamente, apparteniamo ad un ceppo familiare; e inevitabilmente abbiamo assunto caratteristiche fisiche, psicologiche, emotive e decisionali che sono state influenzate dai nostri avi. Come dice un vecchio proverbio: “Il frutto non cade mai lontano dall’albero”: questo infatti sta ad indicare che noi tutti siamo stati influenzati dal nostro albero genealogico, e ne abbiamo accolto competenze e talenti.

Le discipline che si occupano di studiare e approfondire queste ricerche sono la Genealogia e, nel senso più profondo, la Psicogenealogia, nata all’incirca negli anni ‘70 e utilizzata frequentemente da A. Jodorowsky e A. Ancelin Schutzenberger.
Conoscere il nostro albero genealogico significa compiere un viaggio introspettivo nelle nostre radici, per capire chi siamo veramente e da dove veniamo, per trovare il significato e gli scopi della nostra vita attraverso l’analisi di date di nascita, di morte, ricorrenze particolari, informazioni specifiche sulle singole persone, curiosità e aneddoti.

Attraverso l’analisi della storia familiare su più generazioni si comprende – e si prende coscienza – delle ripetizioni di eventi simili che condizionano i discendenti, fino quasi a vedere il tutto come un perfetto “calcolo matematico genealogico”.
Il concetto della psicogenealogia si basa sul fatto che l’albero genealogico (genosociogramma) è “vivo”, il che significa che, anche se i nostri avi sono venuti a mancare, ci hanno lasciato in eredità delle situazioni irrisolte di vario tipo, in ogni sfera della nostra vita, a iniziare dal punto di vista emotivo e continuando con la nostra salute, le nostre relazioni sociali ed affettive o addirittura lavorative.

È “vivo” appunto perché continua a “influenzarci” costantemente affinché la situazione in essere non venga risolta, e finché non viene risolta: l’arduo compito della risoluzione sta ovviamente ad ognuno di noi (si pensi ad esempio a lutti non elaborati, eventi non conclusi, ingiustizie di vario genere).
Questa materia spiega anche che finché non siamo in grado di capire come vuole “muoversi” l’albero, nessuno di noi è libero di fare le proprie scelte. I temi più importanti che vengono affrontati sono il “condizionamento familiare” e la “fedeltà alle scelte ed errori commessi dagli antenati”; solo prendendone coscienza si impara a distinguere l’origine e la ragione inconscia delle nostre scelte, e a modificarle mettendole in ordine, sbloccano il “copione” ancestrale che unisce noi ai nostri “avi archetipi”.

È così possibile scoprire, ad esempio, il motivo per cui svolgiamo un impiego piuttosto che un altro: chi esegue lavori di riparazione “ripara” i danni familiari, gli impiegati custodiscono i segreti di famiglia, i medici hanno avuto nel loro albero genealogico avi che non hanno ricevuto cure a sufficienza, chi entra nell’arma lo fa perché la famiglia ha subito forti ingiustizie, gli insegnanti hanno avuto nella loro storia familiare discendenti analfabeti, e così via. Oppure ancora si riesce a comprendere l’origine di determinate malattie ereditarie, o il motivo per cui alcune generazioni si interrompono non generando più figli, o la causa nella difficoltà ad avere una relazione amorosa appagante, o ancora capire l’origine di dipendenze di vario genere.

Conoscere quindi le nostre origini, oltre a permetterci di soddisfare un’enorme curiosità, diventa un utile strumento di comprensione nella nostra vita quotidiana e nel nostro percorso evolutivo personale.

A cura di Barbara Comelato – Foto Redazione

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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