MARINE LE PEN

“La Macedonia erano loro, ma noi eravamo alla frutta.” A parte la battuta di Crozza esistono delle partite che sono segnate e nel corso degli anni ne ho viste parecchie. La palla sembra stregata perché non entra in nessun modo – neppure con le mani – e quando è così, non c’è proprio niente da fare. Ad esempio la partita di qualificazione ai mondiali Italia – Macedonia del Nord rientra in questa casistica alla perfezione.

Se tiri trentasei volte in porta e non fai gol significa che qualcosa non ha funzionato. Non c’è da meravigliarsi, nel calcio succede, l’importante è che non si tramuti in alibi, paravento comodo per nascondere gli errori. La nazionale ne ha commessi parecchi. Bel gioco, giro palla e possesso, però, diventano inutili se non si tramutano in gol. Gli attaccanti e i centravanti forti fanno la differenza, ma se non sono all’altezza, non si raggiunge il fine. La difficoltà offensiva è lo specchio del campionato italiano e il mister, chiunque esso sia, non possiede un filtro magico; la sua maggiore responsabilità invece è quella più comune ai commissari tecnici che si sono succeduti in panchina. Riconoscenza ai club storici, agli attori principali dei successi che sono pagati a caro prezzo.

Anche il “Mancio” ha voluto con sé i fedeli vincitori dell’Europeo benché il campionato offrisse delle risposte diverse. Di questo farà sicuramente tesoro nel corso dei prossimi impegni. Per onestà intellettuale, accanto alle colpe, senza troppe scuse, è opportuno anche segnalare i problemi e la sfortuna avendo attraversato anni durissimi a causa della Pandemia. Portare avanti il lavoro non è stato facile, inoltre l’esclusione dal Qatar hanno inciso assenze pesantissime. La Macedonia del Nord era un ostacolo modesto che anche le seconde linee avrebbero dovuto battere. Con il senno del poi è giusto chiedersi come sarebbe andata con Spinazzola e Chiesa in campo o con Zanioli al top.

A parte le colpe è fuori dubbio che Mancini – ottenuta la fiducia del presidente federale Gravina – deve rimanere alla guida della nazionale e puntare al Mondiale 2026. È indubbio che sia stato bravo nel valorizzare i giovani, quindi è giusto che porti avanti il suo progetto. Sicuramente andrà aiutato, stavolta, dall’intero movimento calcistico, perché è innegabile che qualcosa debba essere rivisto. Ad esempio, i primi passi per rilanciare gli azzurri sono la riduzione delle squadre di serie A, inoltre più italiani messi in campo dalle società. Secondo il presidente Gravina la nazionale dà fastidio ai club. Questa sensazione, per ovvi motivi, è sempre stata presente, anche se si sentiva meno, perché la differenza la facevano i calciatori che, con orgoglio e passione, volevano vestire a tutti i costi la maglia azzurra. Per questo non dobbiamo mai dimenticare che la nostra nazione è un valore aggiunto, sicuramente anche quando perde.

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Lapresse

Il Vice Direttore Ugo Vandelli

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