E’ legittima la decisione di andare avanti con il sequestro ai fondi della Lega, fino a raggiungere 49 milioni di euro, anche prendendo somme “di accertata provenienza lecita”, quali i “contributi erogati da soggetti privati in piena conformità alla normativa del finanziamento dei partiti politici”. Per questo la Cassazione, il 9 novembre scorso, ha confermato la decisione del Riesame di Genova che aveva dato il via libera ai sequestri preventivi, in base alla confisca disposta nel processo per presunta truffa allo Stato sui rimborsi elettorali in cui sono stati condannati, in primo grado e in appello, l’ex leader del Carroccio Umberto Bossi, l’ex tesoriere Francesco Belsito e tre ex revisori dei conti.

La Suprema Corte, nelle motivazioni della sentenza depositate oggi, spiega perché ha rigettato il ricorso presentato da Matteo Salvini, in qualità di segretario della Lega, nel quale si contestava la “possibilità di assoggettare a sequestro preventivo e poi a confisca, quale profitto del reato, somme di accertata provenienza lecita sotto specie di contributi erogati da soggetti privati in piena conformità alla normativa del finanziamento dei partiti politici”, contributi, rilevavano i difensori della Lega “asseritamente mai confusisi con il profitto derivato dal reato contestato, essendo come tali dotati di un’immediata identificabilità fisica rispetto al profitto medesimo”. I giudici di piazza Cavour, bocciando il ricorso, hanno messo in evidenza il “principio dell’irrilevanza della provenienza del denaro, quale bene fungibile”, richiamando una sentenza delle sezioni unite del 2014. La Cassazione, poi, non ha rilevato alcun profilo di illegittimità relativo all'”estensione del sequestro sui beni di proprietà di un soggetto giuridico”, quale la Lega Nord, a cui “non è stato consentito – si osservava nel ricorso presentato dal Carroccio, in cui, a supporto, si citava una decisione della Grande Chambre della Corte di Strasburgo – di essere parte del procedimento penale di merito nell’ambito del quale è stata disposta la confisca medesima”. Secondo i giudici di ‘Palazzaccio’, non è “pertinente” invocare la sentenza di Strasburgo, che riguardava un caso diverso. La vicenda in esame, invece, va inquadrata, ha sottolineato la Corte, nell’ambito tematico della pronuncia delle sezioni unite del 2014 – per cui “è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto rimasto nella disponibilità di una persona giuridica, derivante dal reato tributario commesso dal suo legale rappresentante, non potendo considerarsi l’ente una persona estranea al detto reato” – “identificandosi il partito Lega Nord, attualmente rappresentato dal ricorrente” Matteo Salvini, “nel soggetto giuridico che ha incamerato il profitto del reato”.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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