Filippo arriva dopo le aspettative soltanto quando non dipende dalle sue gambe. Sono le 20 passate quando l’aereo atterra alla Malpensa con oltre due ore di ritardo. Dietro la porta automatica degli arrivi, c’è un centinaio di persone ad attenderlo.

“Non mi aspettavo un’accoglienza così: pensavo venisse soltanto mio cugino”.
In queste parole, in questo sano e dolcissimo stupore, c’è tutto Filippo. Pantaloncini corti e zainetto sulle spalle: sembra un ragazzo qualunque al rientro da una vacanza.
E, invece, Filippo è Filippo Tortu e rientra da un viaggio velocissimo nella leggenda. Venerdì sera sulla pista di Madrid ha riscritto la storia dell’atletica.
Quello scatto come una linea netta tirata sopra il passato. Primo italiano a scendere sotto il muro dei 10’’ nei 100 metri, un record che resisteva dal 1979 abbracciato al mito di Pietro Mennea. 9’’99, sono le tre cifre dell’impensabile.
Anche se Salvino, il papà-allenatore, l’ha sempre pensato: “Filippo è nato per correre: sin da piccolino più che camminare sprintava”.

Salvino, avvocato con un passato in Publitalia, viene dalla Sardegna. Sponda Gallura, terra dove il vento soffia fortissimo. C’era il vento nel destino di Filippo. «Se me lo chiedete, vi rispondo che sono sardo», ama ripetere. Fino all’altro ieri c’erano dei numeri segnati col gesso bianco sulla lavagnetta nella sua camera a Carate Brianza: 10’’72 e a fianco un -73. «A indicare quanto gli mancava per abbattere il muro dei 10 secondi», racconta il papà che aggiunge: «Appena arriviamo, aggiorniamo». Dà l’idea della mentalità a casa Tortu: famiglia solida, pragmatismo e valori. Un’isola felice dove può rifiugiarsi Filippo e dove si rifugerà ora che la notorietà proverà a imporgli i suoi clichè, ora che tenterà di cambiarlo. La normalità lo preserverà. La sua è la storia dell’ordinario che diventa straordinario. «Ho posticipato la festa di compleanno a stasera», raccontava ieri all’aeroporto milanese. I venti anni lo hanno raggiunto venerdì scorso, ma lui li ha fatti aspettare.

Nella sua testa c’era posto soltanto per quei cento metri di Madrid. «Non riesco ancora bene a realizzare: sarei molto contento se, grazie a me, si potesse parlare molto di più dell’atletica». Neanche il tempo di stringerlo tra le mani quel record che Filippo vuole condividerlo con gli altri, con chi come lui ha scelto la strada del sacrificio per inseguire un sogno, con chi ha immolato divertimenti e frivolezze sull’altare delle buone intenzioni. Il tifo per la Juventus l’unico ‘vezzo’, la sola esagerazione concessa a se stesso. Atletica e studio, i capisaldi. Agli esami come sul traguardo: Filippo arriva sempre puntuale.

Lo sanno bene i professori del corso di laurea di Economia e Commercio alla Luiss di Roma, dove il 20enne brianzolo è arrivato con una borsa di studio nel nome proprio di Mennea. «Avevo ricevuto offerte da alcune università Usa – raccontava lui –, ma ho preferito restare in Italia. Cosa possono offrirmi in più gli Stati Uniti rispetto a quanto già ho a disposizione qui?». Un’umiltà pazzesca, un senso dell’equilibrio che spiazza. “Resto concentrato sugli Europei di agosto”, dice prima di divincolarsi dalla celebrità. È appena atterrato dalla leggenda ma corre subito nella sua semplicità. La sua isola felice.
C’è un mare di affetti tutto intorno a proteggerlo. Nessuno può raggiungerlo.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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