L’Indice Globale della Fame (GHI) 2017 mostra risultati contrastanti: nonostante una diminuzione della fame e della denutrizione rilevata nel lungo periodo a livello mondiale, in 52 Paesi del mondo i livelli di fame e di insicurezza alimentare restano allarmanti. Con un punteggio medio di 21.8, che nella scala da 0 a 100 è definito come grave, il GHI del 2017 è del 27% più basso rispetto a quello del 2000 (29.9). Tuttavia, il livello globale della fame, misurato in 119 Paesi, resta ancora molto alto con grandi differenze tra le diverse nazioni e persino entro gli stessi confini.

Ancora milioni di persone si trovano in una situazione di fame cronica e in molte zone si registrano gravi crisi alimentari. Sono le profonde e persistenti disuguaglianze a rappresentare il principale ostacolo alla lotta alla fame e alla denutrizione nel mondo e al raggiungimento quindi dell’obiettivo ‘Fame Zero’ fissato dalle Nazioni Unite per il 2030.

L’analisi su base regionale contenuta nel rapporto 2017 evidenzia che a soffrire maggiormente la fame sono le popolazioni di Asia meridionale e Africa subsahariana. I punteggi di entrambe, rispettivamente 30.9 e 29.4, rientrano nella categoria grave. Resta drammatica la situazione della Repubblica Centrafricana, unico Paese con un livello di fame (50.9) classificato come estremamente allarmante e che non ha evidenziato finora alcun progresso.

Il rapporto 2017 è stato presentato al Teatro Donizetti di Bergamo dall’Ong Cesvi, membro del network internazionale Alliance2015 e curatrice dal 2008 dell’edizione italiana dell’Indice Globale della Fame. Il lancio dell’Indice è inserito nella ͞Settimana dell’Agricultura e del Diritto al cibo organizzata dal Comune di Bergamo alla vigilia del G7 Agricoltura, in programma nelle giornate del 14 e del 15 ottobre.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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