Tra le parole più preziose che mi ha detto nel tempo l’Editore Carlo Costantini, ci sono queste: “Sara ricordati che quando scriviamo dobbiamo lasciare spazio alla nostra essenza, alla nostra vita, alla nostra anima, alle nostre emozioni, e dobbiamo farlo in modo libero”.

E allora, forte di queste sue parole che riecheggiano nel mio cuore, prendo il coraggio e scrivo.

Scrivere della Festa del Papà non è per me così semplice, lo ammetto. Alla sola idea sentimenti ed emozioni misti, se pur ben identificati, iniziano a pungermi sottopelle come piccole scosse elettriche, o semplicemente come quella voce che non parla ma che dice la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.

Sì, perché una delle figure più assenti nella mia vita, pur essendo sempre fisicamente presente, è stata proprio quella del papà: e, se pur in modo diverso, anche mio figlio vive la stessa assenza da parte del suo, di padre. Un’assenza che non significa necessariamente distanza fisica, ma mancanza affettiva: l’amore, quell’amore che rende papà un padre (al quale attribuisco solo l’atto di inseminazione) non tutti gli uomini sanno darlo, o dimostrarlo.

E tra le cose che ho imparato, è che non sempre ne hanno colpa. Chissà, magari semplicemente a loro volta quell’amore non l’hanno ricevuto; nessuno forse gliel’ha mai insegnato; oppure sono solo degli egoisti inetti che pensano di compensare economicamente le proprie altre mancanze… tutto può essere. Solo ciascuno di noi conosce la propria storia. E soprattutto nessuno può e deve giudicare.

Poi però ci sono anche degli uomini che, pur non essendo padri, sono dei papà meravigliosi: penso al mio compagno, che ha accolto mio figlio insieme a me e l’ha amato da subito di un amore pieno, onesto e coraggioso; un amore che permette ogni giorno a mio figlio di sentirsi al sicuro, con lui, con noi, e di sentire “casa”. E so per certo che sono moltissimi gli uomini che amano i figli delle proprie compagne come fossero i propri. Perché l’amore non sempre è una questione di sangue, spesso è una questione di scelta.

Come dicevo ci sono delle cose che ho imparato, altre che ho compreso e capito solo da “grande”: ad esempio di quanto sia importante il ruolo del papà come guida, esempio di forza (non fisica, ovviamente) e modello per un figlio. Forse quello del genitore è il mestiere più difficile della vita, quel “mestiere” che davvero “non si finisce mai di imparare”: ma bisogna volerlo imparare, e per volerlo servono consapevolezza e responsabilità. Le nuove generazioni di figli, sempre più frequentemente etichettate dalla società perché “allo sbando”, esprimono attraverso il disagio proprio la mancanza, e quindi il bisogno, di quell’amore che troppo spesso fingono di non volere.

E allora penso ad un padre come ad un uomo che pianta un seme sulla terra, lo annaffia, vede quella pianticella nascere, germogliare e crescere; se ne prende cura, e se c’è bisogno di sostegno è pronto a mettersi al suo fianco e sostenerlo. Insieme parlano di sogni, di paure, di futuro… e così insieme crescono, il figlio come figlio, il padre come papà.

A me tutto questo è sempre mancato, però so che mio papà mi ha sempre amata, e ancora mi ama, così com’è capace. Anzi sicuramente di più di quanto sia stato amato lui, da figlio. Per questo, non gliene farò mai una colpa, anzi gli sono grata. Perché ha fatto quello che ha potuto, e saputo fare.

A mio figlio insegno la stessa cosa: ad apprezzare quello che il padre gli dà, anche se secondo lui è poco, anche se non è quello che vorrebbe… perché forse nemmeno lui è stato amato abbastanza.

Il mio pensiero va quindi a tutte le mamme che devono sopperire alle assenze di padri menefreghisti: a loro un affettuoso abbraccio pieno di stima e affetto, perché anch’io, prima che arrivasse Domenico, sono stata una di loro.
Oggi, sono grata a me stessa per non essermi mai arresa, e per avere Dome al mio fianco: a lui nessuno ha insegnato ad essere padre, ma ce la mette tutta ogni giorno, perché sente la responsabilità di costruire insieme a me il futuro di mio figlio. Di tutto questo, Pier è consapevole. Perché i figli sentono sempre, tutto. E per questo oggi, Piergiorgio ha deciso di regalargli, in occasione della Festa del Papà, la sua torta preferita, una crostata di fragole, con un messaggio semplice ma riconoscente e per nulla scontato: “Grazie Dome”.

Io questo “Grazie” voglio estenderlo a tutti gli uomini che amano, responsabilmente, i figli, propri e altrui. Li ringrazio perché il loro amore è un esempio prezioso.

Permettetemi infine di rivolgere un messaggio a tutti quegli uomini che, pur desiderandolo fortemente, non hanno ancora avuto la possibilità di diventare papà. A loro va il mio abbraccio di luce: non abbattetevi, qualsiasi sia la situazione, non abbandonate mai la speranza di riuscirci.

E anche a te Dome, lo dico: spero che la Vita, dopo averti reso “papà in cielo” del piccolo Theo, possa renderti papà in terra, illuminando di nuova luce e nuovo amore la tua, la nostra vita.

A cura di Sara Patron – Foto Redazione

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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