Erdogan incontra Putin

Ha cercato sistematicamente (e molto abilmente, da vero animale politico) di ritagliarsi il ruolo di grande mediatore tra gli attori in campo. Tra l’arroganza russa e l’incrollabile determinazione ucraina. Una parte di arbitro che, a volte, ha travalicato la ristrettezza delle due singole parti in causa nella crisi tra Mosca e Kiev; forte della sua collaudata alleanza/amicizia con Vladimir Putin e della sua contemporanea presenza all’interno della Nato, che gli consentiva quindi di essere molto vicino a Volodymyr Zelensky.

È il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, il “sultano” di Istanbul, “l’uomo del giorno”, il grande manovratore di partite non solo militari, che non si limitano cioè al confronto sul campo di battaglia ma toccano diversi punti nevralgici e questioni di portata diplomatica, economica e commerciale. In primis, il gas esportato dal Cremlino, gli approvvigionamenti energetici verso l’Europa, l’annoso price cap alla compravendita dell’oro invisibile di Mosca.

Nell’incontro tra i due autocrati, svoltosi oggi in Kazakistan, ad Astana (il quarto dall’inizio del conflitto, da luglio in poi), il leader russo ha parlato con il collega del Bosforo dell’idea di creare un hub del gas in Turchia, che potrebbe essere non solo piattaforma per le forniture, ma anche per determinare i prezzi. Aggirando così l’empasse europeo tra Stati che non riescono a trovare un accordo sul valore di vendita per puri ed egoistici interessi nazionali.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan incontra il presidente russo Vladimir Putin a margine della Conferenza sulle misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia (CICA) ad Astana, KazakistanIl presidente turco Recep Tayyip Erdogan incontra il presidente russo Vladimir Putin a margine della Conferenza sulle misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia (CICA) ad Astana, Kazakistan

Che Putin possa quindi affidare al suo omologo di Ankara la “partita del gas” è un’ipotesi molto realistica in queste ore, pur essendo ancora a livello embrionale. Ma è un fatto che, come sottolineato dallo stesso capo di Stato russo, “le esportazioni di gas in Turchia sono in corso a pieno regime” ed Erdogan si è rivelato come “il partner più affidabile” in questa fase. Lo scenario che si prospetta è assistere a Russia e Turchia che regolano i prezzi a “normali livelli di mercato, senza sfumature politiche”.

A margine della sesta Conferenza sulle misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia (Cica), in corso nella capitale del Kazakhstan, illustrando al leader turco le proposte già avanzate ieri nel corso della Settimana dell’Energia, Putin ha ribadito di aver “concordato con Gazprom che se c’è interesse per la Turchia e i nostri potenziali acquirenti in altri Paesi, potremmo considerare la possibilità di costruire un sistema di gasdotti e la creazione di un hub del gas in Turchia per la vendita anche a Paesi terziin primis, ovviamente, europei se a loro interessi”.

È la grande affidabilità di Erdogan, quindi (concetto ribadito più volte), il perno su cui Putin punterebbe per sbloccare il groviglio politico-militare-diplomatico-economico che si è creato intorno alla guerra in Ucraina, al di là delle richieste delle singole parti. Ma gli sforzi da compiere sarebbero doppi senza un cessate il fuoco, che il presidente turco chiede insistentemente da settimane, per porre fine il prima possibile al “bagno di sangue”.

E così, anche nell’ottica degli ultimi sviluppi e delle proposte più interessanti emerse in queste ore, ricordare che il prossimo anno entrerà in funzione una nuova centrale nucleare, costruita dalla Russia, lungo la costa turca meridionale, di fronte a Cipro, non è un dettaglio di poco conto. “L’apertura della prima unità della centrale nucleare di Akkuyu nel 2023 porterà una nuova dimensione al mondo” ha affermato Erdogan. Ma non è tutto: “Mi auguro che grano e fertilizzanti russi saranno esportati attraverso Istanbul” ha aggiunto il presidente turco. L’augurio abbraccia i prodotti russi tout court, non solo il gas.

Tutti ricordano, infatti, che il ruolo di Erdogan è stato determinante per sbloccare le esportazioni di grano dai porti ucraini, il cosiddetto “corridoio” di prodotti cerealicoli, cui ha fatto seguito anche un patto per lo scambio di prigionieri (più di 200) tra Mosca e Kiev. Far dialogare Russia e Ucraina, anche su temi specifici, è essenziale per il leader turco per costruire un clima di dialogo che prepari il terreno a una trattativa vera, che metta fine al conflitto (e questa settimana da Mosca è arrivata un’importante apertura nei confronti di Ankara: il via libera alla Turchia “come Paese padrone di casa” di un eventuale negoziato; lo ha dichiarato il consigliere per la politica estera del Cremlino, Turi Ushakov). Ma la road map che Erdogan ha in testa prima del cessate il fuoco punta molto più pragmaticamente alla mediazione che risolva la delicata situazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia.

Insomma: gas, grano, nucleare, cessate il fuoco, trattative; i settori in cui il presidente di Ankara sta mostrando sul campo le sue abili doti di mediatore sono diversi. Il tempo dirà se si è trattato solo di un tentativo o di un vero successo.

A cura di Televideo – Foto Getty Image

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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