ENRICO MATTEI LA SOLITUDINE DI UN NUMERO PRIMO

Enrico Mattei. Questo nome ai più giovani potrebbe non ricordare niente, ma Mattei, per la storia del nostro Paese, ha avuto un ruolo di fondamentale importanza, e se non fosse mancato all’apice della sua carriera, chissà quale svolta avrebbe potuto imprimere al campo dell’energia mondiale. Era un uomo coraggioso, determinato, credeva nel valore degli italiani, e dell’Italia, ed ha speso tutta la sua vita nel suo lavoro.

Il suo sogno era di portare l’economia italiana a concorrere con le più forti del mondo.
Nato nel 1906 in un piccolo paese delle Marche da una famiglia modesta, nel 1929 si trasferisce a Milano, e 5 anni dopo riesce ad avviare la sua prima attività nel settore chimico.
La vera svolta avviene nel 1945 quando viene nominato Commissario Generale in AGIP col compito preciso di chiudere l’ente petrolifero dello stato: le fonti d’energia dovevano essere gestite dai privati e non dal governo.
L’eliminazione dell’Agip avrebbe spianato la strada ai petrolieri americani, ma Mattei non ci sta, intravede nell’interesse degli americani e degli inglesi qualcosa di più e, con le dovute ricerche riesce a scovare a Ripalta Cremasca dei giacimenti di gas naturali, e, poco dopo, un giacimento di petrolio in provincia di Piacenza.

Quest’uomo, dunque, dai modi e metodi non convenzionali, ben deciso a riaffermare l’economia italiana con le sue gambe, anche a costo di diventare scomodo per molti, evita il fallimento dell’impresa statale e, grazie alla sua cocciuttaggine, l’Agip, da un declino preannunciato, riprende quota. Ottiene finanziamenti, ottiene pure l’appoggio di parte della politica interna, e nel 1953 nasce l’ENI, L’Ente Nazionale idrocarburi.

Lui ne diviene il Presidente!

Negli anni seguenti conclude accordi anche in Somalia, Egitto, Marocco, Tunisia, ma ciò che desta più polemiche, sia in Italia che nel resto del mondo occidentale, fu quello con l’Unione Sovietica.
L’ultimo atto di questo uomo integro e coraggioso, si infrange, proprio come le ali del velivolo su cui lui viaggiava, in Sicilia.

In Sicilia erano stati trovati dei giacimenti di metano, e in provincia di Enna, tiene quello che fu il suo “ultimo discorso”.
Non voleva collusioni di nessun tipo ed era stato chiaro, voleva dare ai siciliani ciò’ che a loro spettava: un lavoro onesto e una dignità, senza il raggiungimento di compromessi con nessuno, neppure coi mafiosi.

L’ultimo viaggio del presidente dell’Eni si consuma qui, proprio sul volo che lo stava riportando da Catania a Milano.
A Bescapè, il 27 ottobre 1962, in modo ancora non del tutto chiaro, l’aereo sul quale viaggiava insieme al pilota Irnerio Bertuzzi e il giornalista statunitense William McHale, precipita.
Disgrazia? Troppe cose non tornano, per definirla tale.
Il modo non consono in cui sono state svolte le indagini, la testimonianza data da parte di un uomo della zona, che sosteneva di aver visto esplodere l’areo, testimonianza poco dopo ritrattata, i continui depistaggi, lo spostamento dei carabinieri che stavano indagando, e che probabilmente stavano scoprendo troppo.

Definire incidente ciò che è avvenuto ad un uomo così potente, ma anche così ingombrante, francamente, appare blasfemo.
Più che un incidente, questo a me, che a quei temi ero poco più di una bambinetta di nove anni, ma già avvezza a sentire discutere di politica e di società civile tra le mura di casa, causa un padre “tiranno, ma illuminato e pieno di dignità”, parve un vero e proprio atto terroristico.

Un gesto terroristico che, visto il profilo dell’uomo, in tanti avrebbero voluto: le compagnie petrolifere americane ed inglesi, i francesi che non gli perdonavano la questione in Algeria, la mafia siciliana, ma anche, penso, alcuni soggetti interni all’ENI, che lavoravano con lui fianco a fianco, ma che, ovvio, non simpatizzavano per le linee politiche che sceglieva, proprio perchè la sua integrità morale poteva divenire un ostacolo.

Il caso Mattei è stato riaperto in tempi recenti, ed una nuova indagine, eseguita sfruttando le tecnologie a disposizione, dimostra che l’areo esploso in volo non era stato un semplice incidente, ma piuttosto una manomissione.
Un esecuzione, insomma, decisa e pianificata con largo anticipo, col coinvolgimento di uomini inseriti nello stesso ente petrolifero, negli organi di sicurezza dello stato, con responsabilità non di secondo piano.

Non esiste mai una verità assoluta, c’è sempre un margine di relatività, dato che è la nostra percezione quello che resta, e ognuno di noi può vedere cose diverse.
Però vorrei concludere, dicendo che tantissime persone cercano la propria verità tutta una vita, lottano per conquistarla, perchè la verità porta alla giustizia, ed è la sola, che può garantire all’umanità la democrazia, e la salvaguardia delle propria libertà personali.

Parlare di quegli anni, parlare di Mattei, significa pur tuttavia, anche e soprattutto riflettere sui nostri tempi, concedetemi, anche sulle verità “ai temi del Covid-19”.
E allora perchè non dare verità e giustizia anche a Mattei?

A cura di Sandra Vezzani Editorialista – Foto Ansa

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Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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