La vita, la solitudine di Émile Zola (venne alla luce il 2 Aprile del 1840) si esaurisce con un profondo impegno sociale e un’intensa attività letteraria. Teorico del naturalismo, darwinista convinto, il nostro personaggio non esitò mai a servirsi della scrittura per denunciare la degradante miseria delle classi più abiette. Quella stessa miseria, di cui aveva tempo prima fatto lui stesso esperienza, finisce per illuminare le pagine dei suoi romanzi. I suoi elaborati letterari sono un vero e proprio pugno allo stomaco, a volte duri, crudi, disgustosi eppure raccontano la realtà, mettono in risalto la vita di quella parte di popolo che la letteratura pareva oscurare. Zola, anche se non amo mai fare dei paragoni nemmeno sportivi, può essere accostato al pari del suo connazionale Victor Hugo, come il gigante della letteratura francese di fine Ottocento.

Si manifesta sempre un timido timore nel momento in cui ci cimentiamo nel tracciare la parabola esistenziale di un grande uomo, e il timore aumenta se innanzi a noi si alza un gigante qual è Émile Zola. Figura cardine dell’Ottocento francese, amato e odiato dai suoi connazionali, Zola mostra nei suoi scritti il volto di una Francia nebulosa. Una Parigi dissacrata dal vandalismo e dalla corruzione, nelle cui strade cittadine di periferia si consuma il destino di milioni d’individui nell’indifferenza della storia e della società pre-capitalista. I romanzi di Zola sono ovviamente anticonformisti, a tratti cinici e persino difficili da leggere, quasi stancabili. Nessun ceto sociale è esente dalla sua analisi spietata e inflessibile: nobili, borghesi, operai, prostitute, minatori tutti descritti e ritratti nelle loro miserie, condizionati dal tempo e dallo spazio in cui vivono senza il nesso essenziale della cultura, ma della sola protesta. Essi sono la summa, la rappresentazione e l’espressione massima di una società che annovera ed esalta il pragmatismo, inneggia all’uguaglianza sociale che poi, di fatto, non trova nessun riscontro nella realtà.

Francesco De Sanctis definì Zola nei Saggi critici in questo modo: “Emilio Zola è il pittore inesorabile di quella vasta corruzione francese, che, larvata sotto il regno di Luigi Filippo, si snudò il seno sfacciatamente sotto l’Impero”.

In passato la letteratura francese aveva analizzato i vari aspetti della miseria sia etica che morale. Balzac mostra i nuovi ricchi varcare la soglia del modo aristocratico. Eppure sono arricchiti non ricchi, nobilitati dal guadagno, non dalla nascita, affamati di denaro e successo, divisi tra la bella vita e il duro lavoro, ma nonostante ciò, tutto questo non avviene che in superficie perché è subordinato alla materia del racconto narrato, di cui Balzac è l’orchestratore.
Il cambiamento è solo accennato in maniera sbiadita, forse Balzac non ne ha piena coscienza, ma Zola è figlio del suo tempo e lo sa benissimo. Giunse a Parigi con sogni, fiducioso di ritrovarvi davanti a quel mondo romantico di cui tanto aveva letto nelle pagine dei grandi scrittori e poeti del tempo. A tratti sembra di poter leggere nel suo animo d’adolescente: guardare il tramonto morire sulla Senna, passeggiare in compagnia di una bella dama presso gli Champs Elysee, e magari leggere Dumas e Hugo sui prati, nei pressi di Notre-Dame de Paris. Quel mondo che aveva fervidamente idealizzato nel suo animo da romantico s’infrange nel momento stesso in cui giunge a Parigi e si ritrova solo, disperato. Le strade logore, gli ubriaconi.

Ma Emile non si scoraggia, mai nemmeno durante la sua infanzia, la perdita del padre a solo sette anni e grazie alla madre riesce ad emergere dietro uno studio forsennato. Zola manifesta nei suoi primi scritti, tutte le reminiscenze che derivano dal romanticismo; Contes à Ninon la sua prima raccolta di scritti, e il romanzo La Confession de Claude, passano inosservati, non destando l’interesse della critica né tantomeno quello del pubblico. Ciononostante Zola persevera cercando sempre di trovare la sua strada, di uscire dall’anonimato e distinguersi da quella massa informe di scribacchini.

La svolta si ha nel 1867 con l’uscita del romanzo, psicologico e fisiologico, Thérèse Raquin, il libro d’esordio che consacrerà Zola nel panorama letterario francese. In tale opera emergono quegli elementi stilistici, quei tratti che caratterizzeranno e saranno una peculiarità della scrittura di Zola, e che da qui in poi riemergeranno nei Rougon-Macquart. È proprio tra le pagine di Thérèse Raquin che si fa forte l’interesse verso i particolari, le minuzie, le descrizioni sempre più precise e dettagliate.

Sul finire del secolo, però, la terza repubblica diventa il teatro di un aspro conflitto politico passato alla storia come l’affaire Dreyfus. Il nostro Indro Montanelli lo definì il più appassionante giallo di fine secolo avvenuto in Francia alla soglia della fine della guerra franco-prussiana, conclusasi per i primi, con una devastante sconfitta.

Emile Zola per non aver mai scritto Il J’Accuse sulla prima pagina del quotidiano socialista L’Aurore, ma bensì da Clemenceau, venne condannato a pagare una grossa multa oltre ad un anno di galera. Esiliato in Inghilterra, continua a seguire le vicende della patria lontana, fiducioso nel trionfo della giustizia. Lavora al nuovo ciclo di romanzi I quattro Vangeli ancora una volta incentrato sui temi sociali che tuttavia, rimane incompiuto a causa della morte. Grazie all’amnistia del 1900, Zola può finalmente rimettere piede sul suolo francese, giusto in tempo per esalare l’ultimo respiro. La sua anima si spense durante la notte del 29 settembre. Morì soffocato a causa del fumo emanato da una stufa guasta. Quella mattina del 1902 la Francia perdeva uno dei suoi figli più nobili; i dubbi su un possibile assassinio non furono mai fugati del tutto.

Nel 1908 le spoglie dello scrittore trovarono degna sistemazione nel Pantheon accanto alle tombe di Alexandre Dumas e Victor Hugo, scrittori a lui cari che aveva ammirato e letto da ragazzo e che in parte hanno contribuito a renderlo l’uomo straordinario che è stato.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto Rapido

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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