No Eyes – Looking at Lester Young” è il nuovo progetto musicale di Emanuele Cisi, certamente uno dei più autorevoli sassofonisti tenori della scena mondiale, che in questo lavoro discografico ha riunito attorno a sé alcune delle voci più personali e poetiche, sui loro rispettivi strumenti, del jazz di oggi.
Il disco, pubblicato nel anno 2018 dalla label Warner Music Italy, omaggia simbolicamente uno dei massimi geni della storia del jazz e “inventore” del sax tenore, Lester Young. L’uscita celebra i sessant’anni dalla scomparsa, nonché l’anniversario dei centodieci anni dalla nascita del grande sassofonista”.

“Famoso per il suo personalissimo stile come solista e per avere contribuito a un modello musicale per generazioni di generazioni di jazzisti, sia quelli che avrebbero dato l’avvio al movimento Bebop sia quelli che avrebbero definito il successivo Cool Jazz.

Fu la cantante Billie Holiday che lo considerava il miglior tenore sassofonista del panorama jazz internazionale, ad assegnare a Young il soprannome di “Prezz”, il presidente. Young trascorse la prima infanzia a New Orleans. Il padre, operaio musicista, lo iniziò alla musica molto presto: infatti a dieci anni, insieme alla sorella Irma ed al fratello Lee, che sarebbe diventato anche lui un ottimo musicista, entrò a far parte dell’orchestra del padre, a Minneapolis iniziò suonando la batteria, passando poi nel tempo al sax contralto e in seguito al sax tenore. Grande ammiratore del musicista Frankie Trunmbauer che suonava il sassofono in do, cercò di imitare la sonorità sul suo sax tenore, che era accordato un tono sotto, il che lo portò a creare una sonorità ed uno stile insolito per l’epoca. All’età di diciotto anni iniziò a lavorare con le orchestre che girovagando il Midwest degli Stati Uniti – Lester si rifiutava di andare in tour nel Sud segregazionista – cominciando con la formazione dei Bostonian del direttore d’orchestra Art Bronson. Dal 1929 al 1932 suonò nell’orchestra di famiglia, fu con la formazione I Blue Devil di Walter Page negli anni Trenta, e con Eddie Barenfield nel 1932, un musicista fondamentale per queste orchestre. Nel 1933 si unì all’orchestra di King Oliver e lavorò a Oklaoma City dove suonò con Benny Moten e dove fu poi ingaggiato dal pianista, compositore e direttore d’orchestra Count Basie nel 1934, al quale aveva spedito un telegramma chiedendo di poter lavorare con la sua orchestra, dopo averlo ascoltato alla radio[…]”.

“No Eyes”, che nello slang di Lester significava “Non mi interessa”, oltre ad essere il titolo di un celebre canzone blues da lui registrato nel 1946, è anche il titolo di un poema scritto dal poeta Beat David Meltzer e ispirato all’ultimo anno di vita del musicista Lester Young, dove trascorse in solitudine presso l’Hotel All’inizio Manhattan gli ultimi anni della sua vita, dove morì a soli cinquant’anni. Il poema definito dall’autore ‘Una meditazione su Lester e sul significato della vita e della morte, e del ruolo dell’arte in essa”, utilizza il criptico e astratto slang inventato dal sassofonista per esprimersi normalmente nel suo quotidiano. Il senso dello swing, della danza gioiosa, ma anche della melanconia del blues sono gli elementi caratteristici di questo progetto immaginato e vuoto dal musicista Emanuele Cisi. Attraverso l’interpretazione di splendide songs rese celebri dal tenor saxsofonisti Lester Young, alcune sue composizioni e brani a lui dedicati, questa opera discografica “No Eyes” è come una meditazione sulla musica e sulla vita attraverso gli occhi consumati ed impenetrabili di Lester Young.

Emanuele Cisi nasce a Torino nel 1964. Viene premiato dalla rivista Musica Jazz come migliore nuovo talento nel 1995 e da allora la sua carriera professionale si suddivide tra l’Italia, Europa, Stati Uniti, Cina, Oceania, e Sud America. Inoltre il musicista ha suonato con I grandi musicisti americani e italiani, da Clark Terry, Nat Adderley, Sting, Alpert Heath, Benny Golson Billy Cobham, Brannford Marsalis, Joe Lovano, Aldo Romano, Enrico Rava, Paolo Fresu e molti altri. Il sassofonista a all’attivo dieci opere discografiche a suo nome e altre cento progetti come sideman o co-leader. E l’unico artista europeo ad essere stato pubblicato da una delle più prestigiose etichette specializzate statunitensi, la Max Jazz.

Nel 2015, per tre anni fino al 2017 ha vinto il premio Jazzit Readers poll, indetto dalla rivista specializzata italiana Jazzit, come miglior sasdofonista tenoreitaliano”.
(IL testo virgolettato è tratto dal sito oneline percfest.it, copyright 2022, Prercfest, All Right Reserved).
Come abbiamo e ho indagato sulla vita artistica di Emanuele Cisi si è visto che fino a questo racconto il musicista torinese ha realizzato i suoi progetti. Emanuele Cisi nasce a Torino nel 1964, inizia lo studio da sax alto all’età di sedici anni prendendo qualche lezione privata, continuando poi come autodidatta. Dopo due anni abbandona il contralto per il tenore e il soprano. Segue qualche seminario con importanti musicisti italiani e, nel 1986, con il sassofonista Michael Breacker fratello del trombettista Randy. A diciannove anni inizia la sua carriera professionale di musicista suonando con vari musicisti dell’area torinese e, a ventuno anni vieni chiamato a far parte del ricostruito gruppo degli “Area”, ricordiamo il leader della formazione, il batterista Giulio Capiozzo e il contrabbassista Ares Tavolazzi, suo primo ingaggio importante con cui ha modo di mettersi in luce a livello nazionale partecipando a tournée, festival, programmi radiotelevisivi e all’incisione di una opera discografica “.
Gli Area gruppo storico nato nella prima metà degli anni Sessanta.

L’obbiettivo dichiarato dai leader e in special modo da Giulio Capiozzo era il suo superamento dell’indivualismo artistico per creare un musica totale, di fusione e internazionalità. Per raggiungere questo scopo nella vita di questa formazione hanno pertanto creato una fusione di differenti generi musicali, e dato il via al Rock Progressive più aperto alle influenze del Free Jazz, alla Musica Etnica e a quella Sperimentale, con costanti riferimenti all’impegno politico, imponendosi pertanto come una delle band più innovative ed anti-convenzionali del panorama musicale italiano dei primi anni Settanta.

La storia di questa formazione ha quattro anni di vita, e anche la sua musica, chiaramente. Vuole coagulare diversi tipo di esperienze dal genere sulla Musica Jazz vi sono delle tecniche che prendono in esame altri generi musicali come il Rock Progressive, cioè un brano classico della musica contemporanea degli anni Settanta, riarangiato con coloritura jazzistiche, quindi inserendo delle improvvisazioni. La problematica quale? Abolire la differenza che ci sono fra la musica e la vita. Gli stimoli che trae questo gruppo vengono direttamente dalla realtà, trae spunto dalla realtà, e dalla strada, chiaramente.

L’idea della formazione nasce dal batterista Giulio Capiozzo personaggio notevole di talento musicale-artistico, vissuto a Cesenatico, località balneare in provincia di Forlì-Cesena, a pochi chilometri da Cesena in Romagna, nel tentativo di potersi esprimere in in contesto musicale senza confini ed andando contro corrente rispetto al mercato discografica. Già nel gruppo di Soul, Blues, e Rhythm’s and Blues, il grande cantante e chitarrista Demetrio Stratos, Giulio fa entrare nella formazione il tastierista Leandro Gaetano, insieme slang quale già suonava nella Bobos Band ed il bassista Patrick Divas, entrambi nel gruppo del cantante bolognese Lucio Dalla. Sa questi musicisti che entrano in questa formazione, nascono gli Area e con l’ingresso chitarrista-ungherese Johnny Lambizzi e il sassofonista belga Victor Edouard Bursnello compongono tutti i brani che poi andranno a comporre un opera discografica, la prima Arbreit Macht Frei, cantata in inglese.

I progetti di questa formazione proseguono tra produzioni discografiche e concerti live. In questo contesto la band partecipa alla registrazione discografica del primo disco solista del cantante e chitarrista Alberto Radius, in questa occasione il musicista registra in brano nato con una Jam Session da una idea di Lambizziche intitoleranno Area, e si esibiranno al.pubblico nel tour come spalla della formazione dei Nucleaeus nel 1972. Con il passare del tempo la band cominciò ad occuparsi di progetti individuali, Stratos impegnato nella produzione di lavori solisti, Metafora e Cantare la Voce e anche gli altri membri del gruppo si lanciarono in vari progetti. Demetrio Stratos era di nazionalità greca era lo pseudonimo di Efstràtios Dimitròu, nacque ad Alessandria d’Egitto da genitori greci.

Demetrio Stratos proveniva da una precedente esperienza musicale nella formazione Beat dei Ribelli e costantemente impegnato a migliorare le sue prestazioni vocali, collaborò con i ricercatori del corso di glottologia della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova. Certamente Radius era un grande musicista, con doti notevoli nella tecnica chitarristica e naturalmente la sua esperienza presso l’Università di Padova, di Glottologia, gli ha permesso di migliorare l’addizione vocale delle parole. Durante la sua permanenza con la formazione degli Area, Stratos migliorò rapidamente. Ecco che si arriva agli anni Ottanta quando il gruppo prende il nome di Area II, e comprende un formazione nuova, rimane il batterista Giulio Capiozzo.

Molto più vicino al jazz rispetto alle precedenti incarnazioni degli Area la sua formazione che lui stesso aveva creato: e che prese a fare altri progetti, il primo fu la relizzazione di due opere discografiche, il titolo l’opinione e Area II pubblicate nel 1986, qui il batterista cesenaticense forma un gruppo inserendo nuovi musicisti, dal chitarrista Andrea Allione, al Sassofonista Emanuele Cisi, al bassista, Aldo Mella al tastierista Emanuele Ruffinengo e con la formazione “City Sound” del 1987, con il leader Giulio Capiozzo, viene affiancato dal trombonista Fabio Forte, al chitarrista Fabio Zapatella, al tastierista Stefano Sastro, al pianista Roberto Ciammarughi, al bassista Luca Pirozzi e la partecipazione della vocalist Pat Heaven. Emanuele Cisi poi prosegui la sua attività da solista fino ad oggi. Segue inoltre anche i seminari con importanti musicisti italiani e sul panorama internazionale, e nel 1986, con il sassofonista Michael Breacker. A diciannove Emanuele Cisi inizia la sua carriera professionale.

A metà anni Novanta il sassofonista si trasferisce a Milano dove avvia nuove e durature collaborazioni con noti musicisti italiani, da Antonio Faraò, Luigi Bonafede e Massimo Colombo; nel 1994 costituisce il suo quartetto con Paolo Birro, Marco Micheli, Francesco Sottile e registra la sua prima opera discografica, grazie alla quale vince nel gennaio 1995 il referendum”Top Jazz” indetto dal magazine Musica Jazz come “Miglior Nuovo Talento”.

A metà degli anni Novanta intensifica la sua attività musicale l’estero, specialmente in Francia, a Parigi la capitale, dove suona regolarmente nella formazione del pianista francese Jean Pierre Como, con cui inciderà un’opera discografica per la label Blue Note Records. Inzia anche col batterista Daniel Humair, ad avere collaborazioni sempre più frequenti, Emanuele Cisi compare ancora nel “Top Jazz” del gennaio del 1997: è uno dei dieci musicisti italiani ed il suo lavoro discografico in duo con Paolo Birro “May Day” è una delle dieci opere scelte dell’anno.

Emanuele Cisi fa spesso tournée in Francia dove sembra essere di casa, ma le fa anche in altre parti, all’estero comprendente anche una tournée in Cina.
All’inizio del nuovo Millennio il sassofonista pubblica la sua prima opera discografica francese, con tra l’altro Aldo Romano e Paolo Fresu, opera che riceve immediatamente alcuni importanti riconoscimenti tra i quali, il Top Up’ da Radio Paris Jazz e un “Cup de Coeur” dalla Broadxasting Television Muzik. Attualmente il sassofonista si esibisce con varie formazioni, da Stefano Battaglia, Piero Leveratto, Fabrizio Sferra, in trio con Daniel Humair e Paolino Della Porta e all’estero, in quartetto con Aldo Romano, Nathalie Lorier, Benny Vignuolo.

Continua la sua attività di musicista e di didatta presso vari conservatori in Italia.

A cura di Alessandro Poletti – Foto Repertorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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