EMERGENZA CORONAVIRUS CORONA VIRUS COVID19 PREZZI DISTRIBUTORI BENZINA E DIESEL CALO PREZZO CROLLO DEL PETROLIO

Siamo sempre stati abituati a pagare il gasolio meno della benzina. Nelle ultime settimane però è sempre meno raro trovare pompe dove la diesel ha lo stesso prezzo della verde, o addirittura è più cara. Cosa sta succedendo?

Le origini del problema vanno ricercate nella guerra. Non in quella di oggi tra Russia e Ucraina ma in quella di 49 anni fa tra Egitto e Israele, che nel 1973 innescò la crisi energetica che in Europa pose fine al boom economico e introdusse le prime politiche di austerity del dopoguerra. Tra le scelte politico-economiche per uscire da quella situazione ci fu quella che gli addetti ai lavori chiamano, con un termine orribile, dieselizzazione.

Il motore diesel prometteva un rendimento maggiore di circa il 20% rispetto a quello della benzina, fino ad allora il carburante più utilizzato. L’Europa puntò sul gasolio non solo per il trasporto privato ma anche per quello merci e passeggeri, per l’industria, per l’agricoltura, la pesca, il riscaldamento, la generazione di energia elettrica. Quelle scelte, intraprese quasi mezzo secolo fa, fanno sì che il diesel sia sempre stato tassato meno, come misura di sostegno all’industria in primo luogo: tutt’ora le accuse sono inferiori di circa 11 centesimi. Di qui, il risparmio alla pompa.

Negli Stati Uniti tutto questo non è mai successo. Già negli anni ’70 dipendeva molto meno del petrolio mediorientale, subì solo marginalmente le conseguenze della crisi energetica, il governo non ebbe bisogno di stimolare una transizione al diesel. Così la benzina (che loro chiamano gasoline) è sempre rimasto il carburante più utilizzato.

La virata europea sul consumo di gasolio non corrispose però a un adeguamento dell’industria della raffinazione, rimasta più orientata alla produzione di benzina. Dunque il carburante per motori diesel, in gran parte, va importato già raffinato. E chi è il principale fornitore dell’Europa? La Russia, chi altri.

Dall’immensa federazione governata da Putin arrivano ogni giorno 750 mila di barili di gasolio al giorno. Complessivamente, l’Europa è molto più dipendente dal gasolio di quanto lo siano gli Stati Uniti e altre regioni del mondo. Anche se Bruxelles non ha finora imposto restrizioni dirette sul commercio di derivati del petrolio, molte compagnie hanno comunque ridotto i loro acquisti da Mosca a causa delle difficoltà finanziarie e assicurative dovute alle sanzioni e della maggiore difficoltà a trovare compagnie navali disposte a caricare da porti russi. Non ci sono alternative sufficienti però, al momento, per compensare questo calo di forniture: anche per questo, diminunendo l’offerta e aumentando la domanda, il prezzo continua a salire.

Non è l’unica ragione. Le conseguenze economiche della guerra in Ucraina si sono innestate su una situazione già compromessa dalla pandemia da Covid-19. I lockdown, le limitazioni agli spostamenti hanno portato nel 2020 a un calo della domanda di carburanti, alla conseguente riduzione delle attività delle raffinerie europee e a minori stoccaggi. Quelle mediorientali e statunitensi sono state interessate in misura minore. Le prime hanno addirittura un surplus, ma questo gasolio in eccesso in gran parte non risponde ai requisiti anti-inquinamento imposti dall’Unione europea, che quindi non può farvi ricorso. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, i margini di manovra sono molto più ridotti, un aumento di esportazioni verso il Vecchio continente metterebbe in difficoltà il centro e sud America.

A cura di Renato Lolli – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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