Il progetto era stato presentato con tutti i fiocchi e gli onori ormai consueti: un piano di alternanza scuola-lavoro che facesse conoscere ai nostri ragazzi il mondo professionale. Fino a qui nulla da eccepire. Troppo spesso infatti i giovani italiani, dopo anni di studio, entrano nel mondo del lavoro totalmente disorientati e impreparati; così, per cercare di far fronte alla perniciosa situazione, era arrivata la legge 107 della Buona scuola: 200 ore obbligatorie nel triennio nei licei, 400 ore nei professionali e negli istituti tecnici.

Insomma, uno stage che voleva fornire quel corredo di informazioni e di esperienze utili a formare un ragazzo anche dal punto di vista professionale, perché un conto è la teoria, ben altro è la pratica. Peccato che – come si poteva prevedere – il progetto si sia “trasformato” per molti imprenditori in una scusa per avere della forza lavoro a costi bassissimi.

Il risultato? Ragazzini, spesso minorenni, al posto dei veri lavoratori. Il tutto durante la stagione estiva, che nelle località turistiche è particolarmente sfiancante. Alcuni giovani hanno raccontato che spesso viene chiesto loro di fermarsi oltre il limite di ore previste e che quasi nessuno si rifiuta perché sperano di venire assunti una volta diplomati. Sì, questi ragazzi la speranza ce l’hanno ancora, ed è la leva su cui spingono coloro che se ne approfittano.

E se da un lato l’idea delle “lezioni pratiche” è già degenerata, dall’altro alcuni dirigenti scolastici stanno cercando di mettere dei freni, ricordando che la scuola non è l’ufficio di collocamento e che i ragazzi non devono sostituire i veri lavoratori e venire sfruttati.

Quindi, il sistema va nuovamente posizionato sui binari dai quali non avrebbe mai dovuto deviare: il ministro del lavoro Poletti ha intanto garantito che da settembre ci saranno 300 tutor che aiuteranno scuole e aziende ad incontrarsi e a dialogare – si auspica – questa volta nell’interesse dei ragazzi.

A cura di Silvia Pari

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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