Perché proprio a me? Perché, che sono così piena vita, che ho solo 32 anni, che sono una ragazza giovane e con ancora tanti sogni da realizzare?
Sai, dicono che la vera vita inizia dopo i 30 anni, perché, con una mente più lucida, razionale, si è pronti veramente a raggiungere i propri obiettivi. Si ha la giusta consapevolezza di ciò che si è e ciò che si vuole diventare. Si ha insomma una direzione da prendere e nel frattempo s’impara a godersi la vita a pieno respiro.

Perché quindi dovrei rinunciarci proprio ora alla vita? Voglio dire, non ne avevo già abbastanza anche io del Sars-Cov 2 che ha destabilizzato l’intero mondo in questi due anni?!
Stavamo ritornando a una vita semi normale e ora mi ritrovo addirittura a dover lottare contro la morte?! Mi ritrovo a dover perfino confutare anche il verdetto dei medici: una sentenza di un anno di vita. Dopo che nemmeno si erano accorti dall’ecografia che il mio seno aveva già delle cellule tumorali. Semplici cisti avevano detto! Bene, si era sbagliati invece. E ora dovrei accettare solo un anno? Un anno su per giù di vita che non sarebbe niente di poco di meno che un lento ed estenuante percorso verso la morta certa. Ma quale persona che ama la vita, che ama delle persone, accetterebbe un’idiozia del genere? Andare incontro alla morte senza speranze? No grazie, non fa per me.

Ripeto poi, perché proprio a me che ho già perso da poco anche uno zio per tumore al fegato e adesso anche mio padre, sempre per colpa di un maledetto cancro all’intestino. Sì, avete capito bene mio padre.
Sì, perché dovete sapere che mio babbo, dopo ben due colonscopie, è entrato in ospedale d’urgenza per occlusione intestinale e soltanto lì, aprendolo in due, i medici si sono accorti di una grossa massa tumorale, che nonostante fosse poi stata asportata, lo ha portato via a seguito di un’emorragia interna. Sì è spento su un letto di ospedale a Castellamare di Stabia, mentre io iniziavo la prima cura di chemioterapia a Londra. Ci parlavamo dietro un telefono entrambi dagli ospedali. Ha chiuso gli occhi per sempre solo dopo essersi accertato, da vero buon padre che protegge la propria figlia, che avessi finito la mia terapia. Il 15 Dicembre di quest’anno. Sono qui a Londra, quindi pronta a lottare per tutti, a cercare con tutte le mie forze di dimostrare che dal cancro si può guarire. Sono qui pronta a trovare una strada alternativa, che prima di tutto parte da dentro di me.

Realmente io non so se il perché proprio a me di tutto questo, Dorita se lo sia posto realmente, forse nel suo intimo, forse solo con se stessa, forse solo con la propria amata, nemmeno con sua mamma ipotizzo. Dorita cerca di dimostrare sempre di essere forte, cerca sempre di sdrammatizzare anche ciò che non è affatto minimizzare. Dorita è energica, solare, positiva ed estroversa. Ama la musica, la danza, le escursioni, i viaggi. Il ruolo di vittima non fa di certo per lei.

Ma poi anche se questa domanda se la fosse posta, da vera Vergine realista, così me la descrive la sua fidanzata che ha vissuto a Ravenna, Ester, sa di non potere trovare delle risposte certe, nemmeno plausibili, figuriamoci se logiche. È così e basta. Destino infausto. Punto. Non tutto può essere spiegato. Cercare sempre dei perché servono all’essere umano per senso di sicurezza, per spiegare l’inspiegabile, ordinare il caos. Forse.
Dorita Delle Donne, è una ragazza dal sangue napoletano caldo e verace come l’anima del Sud. Una ragazza che si aggrappa alla sua forza, alle cure sperimentali, alla fede cristiana, alla sua famiglia e alla sua fidanzata, le uniche strade certe che possono tenere viva la speranza.
La speranza di arrestare il tumore metastatico al seno, praticamente inoperabile, che ha preso anche il suo fegato, i linfonodi circostanti, le sua ossa e perfino il pancreas.

Dorita ed Ester vivono sole a Londra, convivono in un piccolo appartamento da cinque anni e si sono conosciute in un ristorante, Franco Manca a Chiswick, dove lavorava Dorita.
Un locale italiano, sempre affollato, dove si possono gustare la pizza napoletana e gli affettati tipici dello stivale verde bianco rosso. Dove il calore del nostro paese può essere risentito anche nella più fredda e forse austera Londra.
Ester, laureata in Ingegneria, fuggiva da un’Italia dove non trovava un lavoro che la ripagasse dei suoi sacrifici, come tanti giovani. Decise quindi di fare un’esperienza a Londra per perfezionare l’inglese ed è proprio lì da Franco che vide per la prima volta quello che oggi definisce il vero amore: Dorita. Una ragazza piena di gioia, allegra, una calamita per Ester dalla quale non si è più staccata e con la quale ha scoperto un nuovo modo di amare, quello di amare una donna. Un amore che non aveva mai provato nemmeno con nessun uomo.

Da vere compagne di vita, si sono sempre aiutate a raggiungere i reciproci obiettivi, lavorando fianco a fianco, viaggiando, facendosi da supporto anche nei momenti più difficili. Proprio come questo, che mai avrebbero pensato di dover affrontare da appena trentenni, per di più sole a Londra, lontane dalle proprie famiglie.

Ester lavora per un’agenzia assicurativa e Dorita, invece, dopo aver lavorato da Franco per 7 anni, aveva deciso di crescere professionalmente, iniziando da poco a fare la restaurant manager da Gordon Ramsay, dove ora non ci può, per ovvie ragioni, andare fisicamente ma continua a seguire il ristorante in via remota anche per contribuire a pagare bollette e affitto.
Ester è preoccupata perché di lì a poco andrà a stare con loro la mamma di Dorita per stare vicino alla propria figlia, ma hanno solo un divano letto oltre alla loro camera e ora i soldi e il tempo probabilmente non sono abbastanza per un riassestamento che comprenda una camera in più per gli ospiti.
Essendo residenti a Londra sono riuscite a ottenere le prime cure sperimentali gratuitamente, ma se non dovessero bastare a debellare il cancro diventerebbero costosissime. Ma soprattutto se non dovessero essere comunque sufficienti a farlo regredire, Ester vuole che siano pronte ad andare fino in Israele per non perdere Dorita e proprio per questo si è già rivolta ai giornali locali per chiedere un aiuto per la raccolta fondi su Gofundme, al seguente link, dove hanno raggiunto adesso 12.250 sterline, www.gofundme.com/regaliamounfuturoadorita
Ma le cure in Israele costano dai 300/500 mila euro. Cifre assurde, che pochissimi fortunati sono riusciti e raggiungere in poco tempo, prima che fosse ormai tardi, per volare a Tel Aviv e rientrare nel proprio paese, dove avevano già ricevuto il loro verdetto finale privo di speranze e con invece, di nuovo, la propria vita di tra le mani.

Assurdo!

Chiedersi allora il perché proprio a me, a noi, è legittimo, soprattutto in giovane età.
Ma Dorita non se lo pone questo quesito, per lei chiedersi il perché a me, sembra quasi augurare che debba succedere a qualcun altro e non a lei e questo non le sembra giusto.

Nadia Toffa, conduttrice delle Iene e ammalata anche lei di cancro, in un’intervista a Verissimo, si è posta una domanda lungimirante, di accettazione, ma anche di sfida: “Perché non a me?!” .
Sapeva di non poter avere certezze di riuscire a vincere definitivamente la sua battaglia contro il tumore e aveva fatto un lungo percorso d’introspezione, attraversando il dolore, per riuscire a passare dalla domanda “perché a me” a “perché non a me”.
Nadia ha cercato delle risposte per avere tutta la grinta necessaria per combattere, ma anche per trovare la forza dell’accettazione in caso di perdita. La serenità per essere pronta a morire con dignità.

Ma è giusto considerare il cancro come un nemico da combattere? È il cancro veramente una battaglia? Me lo domando. Che cos’è il cancro, il tumore? Questa parola che fa così paura, come se fosse già una sentenza scritta di morte.
Il tumore è una malattia multifattoriale e psicosomatica, spiega la dottoressa Erica Poli, medico psichiatra, psicoterapeuta e counselor, nonché membro di molte società scientifiche tra cui IEDTA (International Experiential Dynamic Therapy Association) ISTDPInstitute e OPIFER (Organizzazione Psicoanalisti Italiani Federazione e Registro). Erica Poli, grazie a una formazione ecclettica ha la capacità di affrontare il mondo della psiche fino alla spiritualità, sviluppando un personale metodo di lavoro interdisciplinare e psicosomatico.

Molti avranno letto i suoi libri, Erica è anche famosa al pubblico per la sua penna sulla rivista F.
Il cancro spiega la dottoressa non è quindi un agente patogeno che arriva dall’esterno e attacca il corpo, ma il contrario. È il nemico da dentro, una malattia dovuta a molteplici fattori che possono rompere l’equilibrio dell’organismo. Si dice, infatti, che le cellule impazziscono.

Allora a cosa è dovuto? Allo stress? All’alimentazione? Sono questi i primi luoghi comuni, intese come classiche spiegazioni, che affiorano alla mente di chiunque. Lo stile di vita.
È dovuto forse alla troppa carne rossa? Troppa carne rossa fa male è ormai constatato che fa male, lo si sa. Quanto volte avete sentito che fa venire i tumori?!

Ci sono sufficienti vitamine nella propria dieta, frutta, verdure? Ma anche gli ortaggi ormai
sono contaminati. Perfino il pesce e le nostre acque lo sono. L’aria che respiriamo. E allora è tutto un rischio. È dovuto al fumo? Il Fumo aumenta le probabilità ma non è per forza la causa.
Ci sono anche persone che non hanno toccato mai una sigaretta eppur sono morte per tumore ai polmoni.
Sicuramente ricercare le multifattorialità nel nostro stile di vita e modificarle aiuta a ripristinare lo stato di infiammazione in cui ci si ritrova a causa di stress, alimentazione sbagliata, inattività, ecc. Avere una dieta ricca di zuccheri semplici ad esempio, come le farine bianche e i dolci, le merendine, porta a indebolire il nostro sistema immunitario che si ritrova vivere in una condizione d’infiammazione e che è scientificamente provato diventa così luogo fertile per il cancro.

E lo sport, lo sport lo pratichi?
Lo sport è importantissimo per il sistema cardio circolatorio, per ossigenare le cellule ed è un induttore di endorfine e serve anche come antifiammatorio per l’organismo, oltre a una buona alimentazione. Eppure ci sono sportivi, che hanno avuto comunque il cancro.
Ma di quanto sia importante lo stile di vita se ne è sempre parlato per la lotta ai tumori.
Molte persone hanno iniziato anche ad utilizzare le cartine tornasole che con un po’ di pipì al mattino aiutano a capire se ci troviamo in uno stato di acidosi, il cui protrarsi può favorire l’insorgenza di malattie come il cancro.

Ma dove lo troviamo allora un altro perché?
E se il cancro invece fosse anche, proprio per la sua natura psicosomatica, l’ultimo tentativo di riparazione del nostro sistema immunitario? Esattamente come un sistema di allarme che si attiva per portare alla luce i traumi, i conflitti negati? Quelle emozioni che si sono tenute nascoste, taciute, soffocate, magari non comprese, o allontanate, non volute vedere, per non soffrire, per cercare di essere forti a tutti i costi e che però intanto incrostano, esattamente come del vecchio calcare, gli ingranaggi del proprio corpo.

Non si può scappare dal dolore, o da qual si voglia tipo di emozione che si prova, non si può pensare indossare un’armatura e dimenticarsi di accogliere anche ciò che ci rende autenticamente vivi, come le proprie debolezze, le proprie ferite, i propri traumi. Le proprie emozioni, anche quelle brutte, dolorose, vanno ascoltate, comprese, attraversate e poi lasciate andare, per rinascere con una nuova consapevolezza.
Si parla tanto di stile di vita, del mangiare sano, di praticare sport, ma ci si focalizza abbastanza anche sull’importante sfera emozionale? Oppure dire che si va dallo psicologo è ancora una vergogna? Invece di essere considerato come una crescita personale. Un valore aggiunto alla propria persona, un investimento su se stessi.

Quanto s’investe sulla propria estetica e quanto invece lo si fa per la propria psiche, per migliorare le proprie capacità intellettive, relazionali, comunicative, imparando a esprimerci autenticamente grazie al riconoscimento e al rispetto il proprio sentito, della propria persona e di conseguenza dell’altro?!È difficile mettersi in contatto con le proprie ferite, la propria vulnerabilità. Richiede forse molto più coraggio di fingere che non ci siano.

La domanda giusta quindi non è perché a me o perché non a me. Dorita ha ragione.
Ma, forse, semplicemente perché? Cosa è venuto a dirmi questo cancro? Quali schemi della mia vita è necessario cambiare?
La dottoressa Erica, spiega proprio, che ci sono tantissimi esempi diventati casi di studio scientifico, in cui persone ammalate di cancro, una volta capito il messaggio che portava con sé questa malattia interna, cosa del loro vivere di prima doveva essere lasciato andare, cambiato, sono riuscite a guarire. Cambiando anche solo pochi parametri della propria vita. Come ad esempio l’abbondare lo spirito combattivo a tutti i costi, di colei o colui che non mollano mai, a qualsiasi costo, una maschera che costa tanta fatica, che ci si incolla addosso per la paura di essere rifiutati, di non essere abbastanza forti, di sentirsi vulnerabili, che è proprio ciò che invece ci rende umani.

Anche la fede ha aiutato tante persone a guarire, o il cambio del proprio stile di vita, che può andare sì dall’alimentazione all’attività fisica, ma anche al lasciare andare qualcosa che riguarda il proprio vissuto famigliare che causava molto dolore, o rabbia, risentimento, senso di colpa, impotenza. Fino al perdono di ciò che è stato senza più giudizi. Anche il lasciare andare finalmente quel lavoro che tanto stressava ma non che non appagava affatto. Cambiando anche solo pochi parametri queste persone avevano trasformato non solo se stesse, ritrovando l’amore profondo per se stesse, portando la cura per propria mente il proprio corpo e anima, erano riuscite a curare anche la loro malattia. Per questo si parla tanto, al di là della corrente New Age, delle teorie sciamaniche ecc, di GUARIRSI DA DENTRO.

Alla fine allora è più importante abbandonare ogni tipo di perché e trovare la propria strada che trasforma, che lascia andare tutto il passato, lo perdona e con una nuova consapevolezza conduce dritti alla guarigione.
Questo è esattamente quello che auguro a Dorita.

A cura di Samanta Costantini – Foto Redazione

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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