Wilhelm Marstrand, Don Quixote og Sancho Panza ved en skillevej, u.å. (efter 1847)

«Viveva, or non è molto, in una terra della Mancia, che non voglio ricordare come si chiami, un hidalgo di quelli che hanno lance nella rastrelliera, scudi antichi, magro ronzino e cane da caccia

«Toccava i cinquant’anni; forte di corporatura, asciutto di corpo, e di viso; si alzava di buon mattino, ed era amico della caccia […] Negli intervalli di tempo nei quali era in ozio (ch’eran la maggior parte dell’anno), si applicava alla lettura dei libri di cavalleria con predilezione così spiegata e così grande compiacenza, che obliò quasi interamente l’esercizio della caccia ed anche l’amministrazione delle cose domestiche

Così ha inizio il romanzo dello spagnolo Miguel de Cervantes Saavedra, composto di due volumi, il primo dei quali pubblicato il 16 gennaio 1605 (il secondo uscirà nel 1615), a raccontare le gesta di un visionario amante di romanzi cavallereschi, che si trasforma in un cavaliere errante, accompagnato dal fido scudiero Sancio Panza.

Non manca ovviamente la bella amata del cavaliere, in questo caso Aldonza Lorenzo, contadina vicina dell’hidalgo, che si trasforma nella dolce Dulcinea del Toboso.

Don Chisciotte è un visionario che trasforma i mulini a vento in giganti, le greggi di pecore in eserciti arabi, i burattini in demoni; gli avversari riusciranno sempre a sconfiggere il visionario, tra l’ilarità del popolo che osserva le folli gesta di Don Chisciotte, accompagnato dal fido Sancio, un po’ razionale ed un altro po’ accondiscendente il padrone.

Le avventure cui va incontro gli paiono gesta cavalleresche, quelle che sgorgano nella sua mente dalle letture dei libri che tanto ama, libri che gli vengono bruciati proprio per “liberarlo” da questa sorta di incantesimo che gli ha riempito la mente, i pensieri.

La realtà, quella che spinge l’autore a scrivere il Don Chisciotte, è dettata dalla condizione della Spagna di quel tempo, dove il materialismo ha preso il posto degli ideali, il passaggio e la fine di quel mondo cavalleresco, anche nella letteratura, fatto di eroi, miti e fantastiche leggende.
Nella realtà il Don Chisciotte può andare bene in ogni epoca, anche nell’attualità di un mondo che è sempre più preda dell’individualismo, della corsa al denaro, dell’apparenza rispetto alla realtà.

Alla fine Don Chisciotte muore, ringraziando Dio per aver recuperato il senno, dopo una vita a sognar tenzone ed ardimentose imprese ….

Giace qui l’hidalgo forte
che i più forti superò,
e che pure nella morte
la sua vita trionfò.
Fu del mondo, ad ogni tratto,
lo spavento e la paura;
fu per lui la gran ventura
morir savio e viver matto.

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Foto Paise Miu

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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