1° Dicembre 2024
Colore Liturgico: Viola
 
L’Avvento – tempo di riflessione:
La nascita di Cristo è il mistero che la comunità stenta a compren­dere nella sua ultima portata. La liturgia invita puntualmente i fedeli a fermarvi la propria atten­zione, nella ricerca del tentativo di arrivare a una sua più chiara conoscenza. Gesù è la chiave di lettura della storia. Solo in lui il progetto di Dio trova la giusta spiegazione e soluzione. La nascita in un tugurio invece che in una reggia, la presenza dei pastori invece dei dignitari della terra segnalano chiara­mente i risvolti del piano di Dio che abbraccia la promozione ed elevazione di tutti i com­ponenti della famiglia umana. Gesù è nato a Betlemme, il più piccolo dei clan di Giuda, invece che nella grande Gerusalemme, perché le attese degli uomini erano qui più urgenti e chiedevano una pronta risposta. Egli è il messia di tutti, ma lo accolgono in particolar modo quelli che non hanno appoggi, ga­ranzie terrene, i poveri, i piccoli, gli infermi, gli emarginati, le donne. Il natale di Gesù non è il genetliaco del re dei re o del Signore dei signori, ma del «Servo di Jahvè» che vive non per realizzare i propri suc­cessi e nemmeno la propria felicità, ma quella dei suoi amici e fratelli. Dio, che per sua natura è carità e amore, ha fatto il suo ingresso nella storia perché gli uomini l’hanno visto incarnato in mezzo ad essi da uno della loro famiglia. «Imparate da me che sono povero ed umile di cuo­re», grida Gesù nel pieno del suo ministero (Mt 11,29); proposta che solo il Cristo di Betlem poteva credibilmente ripetere; non il «re dei giu­dei». La mitezza è la bontà attualizzata. Gesù non l’ha solo segnalata come hanno fatto i maestri di tutti i tempi, l’ha vissuta; per questo può permettersi di suggerirla agli altri. Il programma di Gesù è così alto e così rivoluzionario che la comu­nità sembra non averne preso ancora coscienza, altri­menti le divergenze e le sperequazioni che esistono in mezzo a lei non sarebbero così profonde. La chiesa, fin dalle origini, anche se non ha cercato di dimenticare gli umili natali di Gesù, i suoi impegni prioritari, ha fatto il più delle volte appello ai suoi titoli nobiliari (Logos, figlio di David, messia, Si­gnore ecc.), attenuando così la sua appartenenza umana e il suo programma salvifico. Se gli uomini non sono sempre cristiani è perché non conoscono be­ne chi è Cristo. La preparazione al Natale è l’occasione propizia per tor­nare a pensare, ma con l’animo disposto a capire, a mettere in dubbio le proprie sicurezze, a ridiscutere il proprio credo.
A te, Signore, innalzo l’anima mia, mio Dio, in te confido: che io non resti deluso! Non trionfino su di me i miei nemici! Chiunque in te spera non resti deluso.
 
Dal Vangelo secondo Luca – Lc 21.25-28.34-36
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
“Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo”.
 
Commento:
L’evangelista Luca riapre il discorso sulla venuta del figlio del­l’uomo in concomitanza con l’annunzio della distruzione del tempio e della fine di Gerusalemme. Sembra che la nascita betlemitica non abbia realizzato il tenore degli oracoli messianici. In più occasioni Gesù stesso ha fatto appello alla profezia di Dan sulla venuta in potestà e gloria del figlio dell’uomo destinato a cancellare gli insuccessi che andava raccogliendo nel corso del suo ministero, ovvero della sua «prima» visita. La venuta (parusìa) nella gloria è inquadrata in una cornice apo­calittica. Gli sconvolgimenti che si annunziano nei cieli e sulla terra sono segni più che eventi cosmici. Essi denotano il rinnovamento ra­dicale che si opererà nella storia umana. L’instaurazione del regno di Dio segna l’irruzione del di­vino nella storia; la notizia non può essere comunicata senza far ri­corso a un linguaggio adeguato; senza sconvolgere cioè i cieli e la terra. La storia sta per cambiare corso e il profeta vede che sulle rovi­ne del vecchio mondo si stabilirà il regno di Cristo. Bisognava dirlo nei termini più forti e più convincenti possibile. La «venuta sulle nubi del cielo» richiama la profezia di Dan sul messia trascendente, plenipotenziario divino, che stabilirà sulla terra una dominazione universale. I termini sono iperbolici, ma nel loro contenuto concreto non fanno che segnalare l’affermazione del Cristo risorto, la riuscita della sua opera, l’inserimento del suo movimento nella storia umana. Il Cri­sto, che ha chiuso con un fallimento la sua espe­rienza terrestre, at­tende e annunzia la riuscita postuma della sua missione. Questa venuta gloriosa del figlio dell’uomo è illustrata con la parabola dell’albero del fico (21,29-33) che controbi­lancia la grande calamità che sta per abbattersi sul paese. Essa non prevede un’altra catastrofe, ma la stagione più bella dell’anno, fuori metafora l’estate della chiesa, che si aprirà con la venuta del figlio dell’uomo. Il testo scelto dalla liturgia passa invece al tema del­la vigilanza, all’atteggiamento da assumere al sopraggiungere della scia­gura. Non c’è che da mettersi in guardia per non essere colti di sor­presa o, peggio ancora, per non essere colti impreparati (stato di ebreità o distrazione). Non si tratta più della venuta del figlio dell’uomo, ma del «presentarsi a Dio» che viene, come spesso nella Bibbia, in ve­ste di giudice.
La venuta del Signore è sempre il tema che riempie di gioia e di timore il credente. Esso può rievocare il mistero natalizio, ma più ancora l’affermazione che attende il messia nella storia. Gli apostoli l’hanno visto scomparire nella tomba, ma essi erano certi che egli non vi sarebbe rimasto; che era risorto e viveva e operava nelle comunità dei suoi seguaci e, di tanto in tanto che, rompe il velo che lo tiene nascosto ad essi e li rassicura della sua presenza.
 
La partecipazione a questo sacramento, che a noi pellegrini sulla terra rivela il senso cristiano della vita, ci sostenga, o Signore, nel nostro cammino e ci guidi ai beni eterni. Per Cristo nostro Signore.
 
Buona prima domenica dell’Avvento a tutti voi!
 
A cura di Pier Luigi Cignoli – Foto Franco Buttaro 
(fonte Wikipedia)
Editorialista Pier Luigi Cignoli

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui