La sigla utilizzata per significare l’insieme dei tratti che caratterizzano in modo peculiare l’identità di una persona si definisce DNA. La Banca Dati Nazionale del DNA è stata istituita con la Legge 30 giugno 2009 n. 85 – e successive integrazioni e/o modificazioni – per contrastare efficacemente il terrorismo, la criminalità organizzata transfrontaliera e l’immigrazione clandestina. Titolare del trattamento dei dati della Banca Dati Nazionale del DNA ai sensi dell’articolo 26, comma 3 del Decreto del Presidente della Repubblica del 7 aprile 2016 n. 87 è il Ministero dell’Interno – Dipartimento della pubblica sicurezza. Il trattamento dei dati personali, relativo al profilo del DNA, ha la finalità di collaborazione internazionale di polizia; facilitare l’identificazione degli autori dei delitti e quello delle persone scomparse.

Molte di queste ultime sono ufficialmente registrate negli obitori e nelle camere mortuarie di tutta Italia, ma non hanno un nome né un’identità. Stiamo parlando dei cadaveri non identificati delle persone scomparse nel nostro Paese. Tra questi ci sono anche molti minori per lo più stranieri. L’obiettivo è di restringere il campo delle ricerche escludendo dalla lista delle persone scomparse quelle che si sono allontanate volontariamente (quasi i due terzi del totale) e quelle che si ritrovano, per un triste destino, senza nome in una camera mortuaria. Con l’esame del DNA e grazie alle tecnologie più moderne si può, infatti, cercare di ridargli un’identità, cercando di ritrovare le vite sospese di tutti coloro dei quali si è persa ogni traccia. Tra i casi più clamorosi degli ultimi anni ricordiamo la scomparsa improvvisa di Angela Celentano e Denise Pipitone due bambine sottratte alle famiglie in tenera età e di cui non si è saputo più niente.

Molte sono le richieste d’aiuto che giungono al Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse da parte dei familiari che non hanno più notizie dei loro cari. Negli anni sono stati risolti diversi casi. Per esempio, grazie al test del DNA, a sette anni di distanza dalla scomparsa di un pensionato, uscito per buttare l’immondizia e non tornato a casa, la Polizia di Stato è riuscita a imporre un nome (e una sepoltura) al cadavere di un uomo conservato nella cella frigorifera dell’istituto di Medicina legale di Pisa. Altro caso risolto, sempre grazie al DNA è di una donna scomparsa da trentaquattro anni e ritrovata sepolta nel cimitero di Lauriano, vicino casa, all’insaputa dei familiari. A volte il corpo di una persona cara può essere, infatti, anche a pochi chilometri da casa senza che nessuno lo sappia. 

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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