Quella del 2024 è stata l’Olimpiade delle stelle che hanno aggiunto una pagina di storia al loro personale curriculum. Sono tante le atlete e gli atleti impegnati in discipline singole o di squadra, che sarebbe giusto citare. Straordinario l’apporto delle Fiamme Oro, che hanno ottenuto 18 medaglie (5 oro, 6 argento e 7 bronzo) sulle 40 ottenute dagli atleti azzurri. Ma la storia più olimpica l’ha sicuramente scritta il serbo Nole Djokovic – nato il 22 maggio 1987 a Belgrado – che alla sua quinta partecipazione, a trentasette anni, ha finalmente conquistato l’oro olimpico battendo in finale il giovane tennista spagnolo, Carlo Alcaraz. Sicuramente il tennis non è tra gli sport con più tradizione nella storia dei cinque cerchi ma Djokovic è un gigante, tra i giganti dello sport, come LeBron nel basket. Entrambi ritenevano una vittoria alle Olimpiadi come la più importante della carriera.
E allora ci spieghiamo quel suo torneo ispirato, la sua straripante forza di volontà e ci spieghiamo le lacrime e l’abbraccio finale, mai così caloroso alla figlia e ai collaborato del suo staff. Lacrime di una gioia repressa da troppo tempo dal serbo che con la racchetta in mano ha vinto l’agognato e unico trofeo che ancora mancava al suo personale palmares. È stato emozionante vedere in diretta mondiale, Nole, il dio del tennis che ha già vinto più slam di tutti, come se fosse arrivato al termine della sua mission. Tutti abbiamo notato quante volte Djokovic si è battuto la mano sul petto e quante volte ha indicato lo stemma con i colori della bandiera della Serbia. Se c’è qualcuno che rappresenta in pieno lo spirito olimpico, con tutti i valori che si porta sulle spalle da migliaia di anni, questo è Nole Djokovic.
“Sapevo che questa poteva essere la mia ultima possibilità di vincere l’oro – ha dichiarato il tennista – è stato uno dei miei migliori tornei; non ho perso un set e ho sentito il sostegno della gente. Senza falsa modestia, questo è il mio più grande risultato sportivo e porto con orgoglio quest’oro per la Serbia.” Ecco perché, quando è arrivato, finalmente, in fondo al suo percorso, è scattato un applauso generale. Lo stesso sentimento di ammirazione mi ha colpito nel 2014 quando ho visto per la prima volta il campione di tennis al Roland Garros mettere in scena un siparietto durante un’interruzione del torneo causa pioggia. Ha fatto sedere un giovane raccattapalle nella sua panchina, gli ha tenuto l’ombrello e gli ha offerto da bere. Scena molto gradevole che è rimasta negli annali dello sport. Da quel giorno continuo a seguire il serbo, quale campione indiscusso, ma anche perché ha dimostrato di avere un cuore.
In virtù dei suoi primati, dei suoi record assoluti, dei titoli conseguiti e dello stile di gioco completo ed efficace su ogni superficie, è considerato uno dei tennisti più forti di tutti i tempi, e uno dei più grandi sportivi della storia.
Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Repertorio