Nel terzo incontro con il dottore e psicologo Fabio Molari, l’attenzione è stata posta sul rapporto tra i giovani e i social network. Questo tema vuole tentare di chiudere il cerchio sui disagi giovanili, anche se ci sarebbe molto di più da dire.
L’argomento è comunque complicato, talmente tanto che la questione dell’interazione dei giovani coi social divide molti studiosi e sociologi.
Per esempio Erving Goffman, uno dei sociologi più famosi degli ultimi anni, il quale sostiene che l’elemento essenziale nelle relazioni è la presenza fisica delle persone con cui ognuno è a contatto.
Solo aver davanti il proprio interlocutore permette di avere con lui una comunicazione sana e genuina, nella quale si può capire anche se sta mentendo, se si sta annoiando, se vorrebbe aver la parola; tutti fattori che scrivendo sul monitor di una tastiera non si riescono a percepire.

Questo è vero, ma è indubbio, e questo lo pensa anche Fabio Molari, che i social network potenzialmente siano uno strumento essenziale nella società odierna.
Grazie a questi si può comunicare anche con persone situate dall’altra parte del mondo, si possono recuperare tantissime informazioni altrimenti non rintracciabili, si può comunicare con un numero potenzialmente illimitato di persone nello stesso istante.

E allora dove è il problema?
“Il problema è sempre nella quantità. Se questo uso diventa abuso, allora i social diventano deleteri.
Oggi purtroppo, si investe molto più tempo sul virtuale che sul reale. Questo avviene perchè i social hanno l’immenso potere di cancellare(così pensano i giovani soprattutto) le paure e le fragilità degli esseri umani”, sostiene Fabio.
La paura della solitudine, di essere giudicati in base a come si appare o ai luoghi che si visitano o alle attività che si fanno.
“L’essere umano è narcisista sotto questo aspetto, e se ci fai caso utilizza le piattaforme digitali per apparire perfetto, felice, ricco, e cool. La cosa che mi rende molto triste è che oggi le persone non si giudicano per quelle che sono, ma per quanti “Like” hanno.
Quindi poi non dobbiamo stupirci se i giovani soprattutto abusano di questi fondamentali strumenti”.

Purtroppo sempre più spesso, i giovani nemmeno si rendono conto di abusare di Internet e questo avviene perchè la società odierna tende a “normalizzare” tutto, cioè a rendere normale un comportamento che normale non sarebbe.

Tra l’altro la rete è pericolosa perchè genera fenomeni come il cyberbullismo.
“Si, è normale, il cyberbullismo è semplicemente lo sviluppo informatico del bullismo. Il problema è che è molto più pericoloso perchè la rete è di tutti e di conseguenza senza regole.
Io posso infamare una persona che ho di fronte a me, nella consapevolezza che questa possa reagire, magari anche fisicamente. Quindi so che mi devo contenere.
In rete non funziona così, e lo schermo è come una pellicola di vetro, protegge da eventuali reazioni. Quindi le persone sono disinibite poichè pensano di poter dire e fare quello che vogliono, senza freni e conseguenze”.
Tutto questo però non significa bandirli, perchè nella società informatizzata di oggi, non possedere queste piattaforme, non avere l’ultimo modello dello smart phone, significa autoescludersi.
Ecco perchè diventa importante il ruolo della famiglia.

“Non importante, fondamentale! La famiglia è l’unico ambiente nel quale il giovane può avere un’educazione al social, al suo uso. Vietarlo completamente sarebbe controproducente, significherebbe escludere il proprio figlio dalle relazioni, perchè il mondo va così. Però si può filtrare. Si può imporre un limite quotidiano di uso, controllare con chi il figlio chatta e cosa posta.
Oggi però non c’è il coraggio di fare questo, c’è la paura dell’educazione ai social e al loro possesso.
Basta pensare che un bambino di 5° elementare già possiede un tablet o l’I-phone per capire di cosa sto parlando”.

E la società? La società sta a guardare, anzi no. Essendo in un mondo tecnocratico, c’è uno sviluppo continuo di tecnologie sempre più all’avanguardia e questa crescita non rispetta assolutamente i ritmi di crescita psico-fisici che ogni giovane ha. “Il guaio” sostiene Fabio “è quando la tv o Internet diventano baby-sitter, proponendo modelli educativi spesso non indicati.

E quindi quali le soluzioni?
“L’educazione corretta è la soluzione migliore per cercare di non trasformare questi utilissimi strumenti in fonti di disagio”.
Sarebbe utile mettere i giovani davanti alle loro paure, perchè la soluzione non è scappare, ma affrontarle; sarebbe necessario far riaffiorare nei giovani la sana paura di essere schiavi dei social per evitare che questo davvero accada.

A cura di Giacomo Biondi

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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