Accadde oggi, 11 marzo 1908, moriva Edmondo de Amicis, nato in Liguria nel 1846, e conosciuto per essere l’autore del romanzo Cuore, uno dei testi più popolari della letteratura mondiale per ragazzi.
Di lui ricordo una frase che sempre mi è rimasta nella mente: “L’educazione di un popolo si giudica dal contegno ch’egli tien per la strada”.

Non voglio affondare in parallelismi che, in questo periodo storico, potrebbero apparire vetusti, e mal appropriati ma, come diceva bene Vico, “cicli e ricicli storici”: anche De Amicis, sullo sfondo delle sue opere, ha ritratto le tensioni laceranti della società italiana di fine Ottocento, in cui il disagio giovanile è acuto, in quanto sono vaste le aree della miseria e dell’emarginazione, mentre resta difficile il dialogo tra una borghesia colta, ma vittima di radicali pregiudizi, e un mondo operaio che ancora si confonde con la plebe.

Non a caso il personaggio positivo, tra gli scolari, che De Amicis ritrae nelle sue opere, è un militante socialista che lavora in una fabbrica di ferramenti, e termina ogni discorso col raccomandare l’orgoglio di classe come principio e fondamenta necessario della emancipazione e dell’avvenire, il che’ indurrà più tardi, nel 1918, il poeta russo Majakovskij a trarre da quest’opera la sceneggiatura del film “La signorina e il teppista”, in cui vorrà interpretare egli stesso la parte del protagonista.

De Amicis fu un socialista, e la sua fu una presa di posizione e di coscienza visibile anche nelle sue opere, nelle quali appare evidente il superamento dell’ideologia nazionalista.
Lui, dunque, sensibile alle cause dei più vulnerabili, dei piu’ poveri e delle minoranze, sara’ proprio lui che coniera’ la celebre definizione data al Comune di Torre Pellice, città delle Alpi Cozie in provincia di Torino e “capitale” delle comunità protestanti valdesi, definendola la “Ginevra italiana”.

De Amicis è conosciuto e ricordato soprattutto per il libro Cuore, anche se a me piace ricordarlo per la sua capacità di aver sempre tenuto insieme una visione globale, che va ben al di là di una descrittività imperniata sull’oleografico e sul sentimentalismo, che assurge a denuncia, e protesta e, al tempo stesso, proposta di una società migliore, grazie al potenziamento e alla valorizzazione della scuola.

In questa prospettiva, Cuore, no è’ più da vedersi come un caso isolato, vuoi di fortunato best seller, o vuoi, secondo alcuni, di punta più alta raggiunta del conservatorismo narrativo, bensì un aspetto dello sviluppo della sua visione sociale e politica.

D’altronde la scuola, a ben vedere, è il leit motiv della vita professionale di De Amicis, la scuola come concetto che s’invera in un luogo come fucina di insegnamenti, di conoscenze e di valori.
La scuola di De Amicis è in città, e non può essere altrove, perchè la città funge, deve fungere, come costante stimolazione educante: i monumenti, la topografia, le sfilate delle truppe, il re, il carnevale, il giorno dei morti, le botteghe artigiane, i negozi, le imprese edili, i mezzi di trasporto.

La città è una delle strutture portanti della scuola di De Amicis.
L’altra struttura portante è l’insegnante, serio, che non ride mai, al massimo sorride, non scherza e non si lascia mai andare.
Lavoratore coscienzioso anche se povero, il maestro con le sue premure, le sue ansie, i suoi interventi, e le sue conoscenze, è un eroe, senza il quale la scuola non ci potrebbe essere.

Chissà che avrebbe pensato De Amicis della didattica a distanza?
Della DAD, che ha trasformato i docenti tutti, in una dimensione comunitaria dell’insegnare, e apprendere diversa, che porta al superamento del docente monade per approdare a una nuova formula, quella del cum-laborare, del mettere in comune professionalità diverse con un unico fine: il bene comune, del continuare ad esserci l’un per l’altri, per crescere insieme come gruppo, come comunità.

Dovessi trovare un parallelismo col pensiero di De Amicis lo individuerei, pur con tutte le differenziazioni del caso, in questo sforzo di grande cooperazione sociale.

Anche De Amicis nelle sue opere parla dei ceti più bassi con ammirazione, sottolineandone l’utilità: infatti una società per funzionare bene deve avere anche operai e muratori.
La differenza sta, con la sua visione classista, dove il paternalismo e la benevolenza verso i piu’ umili, non lascia pero’ possibilità di ribaltamenti sociali.

Non so come sarà la scuola di domani, ma sicuramente far leggere il libro “Cuore” ai bambini, e anche agli adulti sarebbe un grande aiuto per far loro conoscere che il mondo e l’educazione non si improvvisano, e che in ogni epoca, la storia di un Paese, di una comunità, di una città, vengono da lontano!

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui