Danilo Rea e uno dei più rappresentativi musicisti italiani, vicentino di nascita e romano d’adozione, consegue il diploma in pianoforte presso il Conservatorio di Santa Cecilia in Roma. Nato a Vicenza poco prima degli anni Sessanta, Rea si trasferì a Roma grazie al padre che voleva garantirgli più ampie possibilità di scelta. E la scelta, per istinto, lo fece sedere al piano. Quando l’abbiamo incontrato nella bellissima Casa del Jazz di una Roma perennemente sotto la pioggia, il pianista ha cominciato a raccontare. Lentamente. Seriamente. Come ci si aspetta debba fare qualcuno che ha scritto la sua prima composizione a sei anni. Romantica, dolcissima, profonda.

Lo spettro musicale per me è molto ampio, non sono uno dai gusti difficili” ha cominciato a dire. “Ho amato la melodia e questo a prescindere dai diversi geni musicali. Dopo il diploma al Conservatorio di Santa Cecilia, il grande Giovanni Tommaso mi chiamò e mi chiese di ricostruire il vecchio Perigeo che era un gruppo storico degli anni Settanta. Forse il più grande gruppo di musicisti che improvvisano, jazzisti entrati nella sfera del progressive. Fu un’esperienza importante”.

Debutta nel 1975 nel mondo della musica e con il contrabbassista Enzo Pietropaoli e il batterista Roberto Gatto forma il Trio di Roma. Inizia così il viaggio nella Musica Jazz. In questo primo periodo sviluppa particolare interesse per la musica progressiva e partecipa alla formazione del gruppo del Perigeo, di cui è leader e fondatore il contrabbassista Giovanni Tommaso. Il New Perigeo affronta una tournée, con settantadue date di concerti in settanta giorni, insieme ai cantanti Rino Gaetano e Riccardo Cocciante, della quale rimane testimonianza registrata dell’album Q Concert. Danilo Rea si fa strada nell’ambiente jazzistico sino a suonare con nomi tra i più grandi solisti statunitensi, Chet Baker, Lee Konitz, John Scofield, Joe Lovano, Art Farmer.

Nel 1989 partecipa ad un progetto, una produzione del compositore e direttore d’orchestra Roberto De Simone in un Requiem per il regista Pier Paolo Pasolini, l’opera viene rappresentata al Teatro Comunale San Carlo di Napoli con la direzione di Zoltan Pesko; nello stesso anno il pianista vicentino pubblica, assieme al batterista Roberto Gatto l’opera discografica: “Improvvisi“.

Nel 1997 crea, con il contrabbassista Enzo Pietropaoli e il batterista Fabrizio Sferra la formazione Doctor 3, un trio che da un decennio calca i più importanti palcoscenici del jazz italiano e non solo. Il suo lavoro discografico The Tales of Doctor 3, primo album del gruppo, registrato il 27 e il 28 dicembre del 1997 e pubblicato l’anno successivo, viene nominato migliore opera discografica di jazz italiano nel 1998, mentre il lavoro successivo,The Songs Remain the Same, vince il titolo di miglior disco di Musica Jazz nel 1999, concorso indetto dalla rivista Musica & Dischi.

In Italia per Danilo Rea sono numerose le sue collaborazioni mell’ambito della Musica Leggera come pianista, egli accompagna cantanti come Mina, Baglioni, Pino Daniele e inoltre Modugno, Mannoia, Cocciante, Renato Zero, Morandi e Celentano. Con Mina nel 2001 partecipa al progetto di realizzazione di Mina in studio di registrazione, il documentario in cui la cantante cremonese riappare in video dopo molti anni di assenza.

Nel 2006 prende parte al concerto per l’Europa, sull’Isola di Ventotene, che lo vede protagonista assieme a Baglioni, Nicola Piovani e al compositore e direttore d’orchestra Luis Bacalov. Danilo Rea prosegue la sua attività artistica e nella stagione 2007-2008 partecipa allo spettacolo Uomini in Frak insieme ad altri musicisti, da Fabrizio Bosso, Furio Di Castri, Javier Girotto, Gianluca Petrella, Cristiano Calcagnile. Lo spettacolo è stato allestito per festeggiare i cinquant’anni della canzone, l’Uomo in Frak, cantata e portata al successo dal cantante e attore Domenico Modugno.
Per quanto riguarda Danilo Rea le sue improvvisazioni, spaziano su qualsiasi repertorio, sono apprezzate dal pubblico e dalla critica musicale, per quanto riguarda la musica jazz, durante le tournée i concerti che tiene con le sue formazioni, durante i principali Festival del Jazz in varie parti del mondo.

Nel 2009 Rea è uno dei settanta artisti ospiti nel progetto di Claudio Baglioni, Q.P.G.A., dove il pianista esegue la canzone Centocelle.
Nel 2010 arriva il progetto per una commedia teatrale con l’attore, regista teatrale e drammaturgo, Giorgio Barberio Corsetti, La Ronde du Carrè, messinscena del testo dell’autore drammatico, poeta e traduttore greco Dimitri Dimitriadis, indetto dal Teatro Odeon di Parigi, con i video prodotti da Cristian Taraborelli.
Nel 2012 partecipa insieme al cantante Gino Paoli partecipa a un tour estivo sia da solista, che con la formazione composta dal trombettista Flavio Boltro, al contrabbassista Rosario Bonaccorso e al batterista Roberto Gatto, nell’ambito del progetto Incontro in Jazz, nato sulla scia della collaborazione dell’opera discografica Milestone del 2007.

Il 21 febbraio 2014 il musicista vicentino partecipa con Gino Paoli al Festival della Canzone Italiana a Sanremo.
Dal 2019 è presidente per la sezione musica del Premio Nazionale, Penisola Sorrentina Arturo Esposito.
“Danilo Rea è da molto tempo uno dei musicisti italiani più apprezzati a livello internazionale. Nella sua carriera ha suonato con i più grandi jazzman americani, e musicisti italiani. Da anni ha aperto il suo repertorio, con risultati straordinari, ad arie di melodrammi, pagine di musica classica, il rock dei Rolling Stone e Beatles, la canzone d’autore, da Fabrizio De André a Mina.
E’anche uno dei musicisti non solo italiani, che hanno frequentato più assiduamente i programmi di Umbria Jazz, anche per via di un ecletismo che lo ha portato a proporsi in progetti molto diversi tra loro, dai trii pianistico (Doctor 3, il Trio di Roma) alle partnership con i cantanti Gino Paoli, Peppe Servillo, Fiorella Mannoia fino ai tanti omaggi ai grandi cantautori italiani (l’ultimo quello su Luigi Tenco). Ne’ vanno dimenticati il duo pianistico completamente improvvisati come quelli di Renato Sellani e con Brad Mehldau. Il piano solo resta però, per i tanti fan di Danilo, una dimensione privilegiata attraverso la quale egli riesce a esprimere un coinvolgente lirismo”.

“Introverso come il titolo del suo nuovo album, Danilo Rea ha sempre seguito l’istinto. È l’istinto a muovere le mani sui tasti bianchi e neri del pianoforte. Che plasma come fossero gomma morbida, che gli vanno incontro, si attaccano alle sue dita, formando melodie in grado di restare sospese nell’aria, senza vuoti, senza spazi, come un’ambra che non di stacca mai dal corpo se non quando salta in alto.

Rea e Mina – “Lavorare con lei è un lavoro difficile ma nello stesso tempo efficientissimo. Mina ti chiede di essere te stesso e quando trovi il modo di accompagnarla, se lei si sente a proprio agio, allora si è liberissimi di fare tutto. Ha un atteggiamento quasi jazzistico. Un brano si faceva una volta, due al massimo ed era già inciso. Perché lei tiene molto alle emozioni, alla freschezza di ciò che fa. Così a volte facevamo un pezzo in meno di un’ora. Concentratissimi, succedeva tutto in uno spazio temporale molto ristretto”.

La scoperta fuori dall’Italia: “Io sono nato con le melodie e ho amato i brani che mi muovevano qualcosa dentro. Il jazz l’ho scoperto e capito relativamente tardi. L’avevo sempre trovato troppo tecnico, virtuosistico. Solo quando ho sentito il bisogno di improvvisare più di quanto il rock o il pop mi permettevano di fare sono passato al jazz.
Ma è stato solo quando ho sentito My Favorite Things di John Coltrane che l’ho capito fino in fondo. E amato”.
Non sospira mai lo sguardo di Rea. È malinconico per attitudine, lontano, distratto. Sembra passare continuamente d’opera altro. Senza storie di incontri come quelli di Chet Baker, Lee Konitz, John Scofield. “Ho un carattere piuttosto difficile che negli anni sono riuscito a gestire. Ma soprattutto quando ero più giovane ero chiuso e impetuoso. Questo disco l’ho scritto in gran fretta perché alla fine non è vero che i musicisti compongono in tanto tempo, la maggior parte scrive quando è in condizione stress. Io avevo quest’esigenza di comporre dei brani originali e ritenevo importante un’immagine di me che non fosse solo quella del jazzista”. E così Danilo Rea è sceso dalla sua nave, e ha dedicato questo album alla bellissima moglie Giulia a tutti quelli sanno ancora sognare a occhi aperti. A tutti quelli che ancora, per farlo non hanno bisogno di virtuosismi”.
(IL testo virgolettato è tratto da I Tasti bianchi e neri ‘di un Danilo Rea confesso’ di Katia Ricciardi. Da Musica e Parole, ‘Le canzoni raccontate dagli artisti’, su Oneline canali.kataweb.it).

“Il grande jazz tramandato di padre in figlia: Il duo delle meraviglie Danilo ed Oona Rea dal vivo a Trani”.
“Da più di quarant’anni, la musica è la mia malattia è la mia medicina, il mio scopo è il mio compito, la mia ragione di essere al mondo, il mio modo di giocare con la vita. Qualunque sia il fuso orario, ovunque mi trovi, quel che è certo è che ancora una volta mi sfiderò, sperando che l’ispirazione arrivi: come la fame, il respiro, l’amore”.
(Danilo Rea – dal libro “Il jazzista imperfetto”). È innegabile: ci sono incontri nella vita che non solo lasciano un segno indelebile, ma ne mutano le percezioni, le sensazioni. La prima volta che abbiano potuto godere della sconfinata Arte di Danilo Rea è immortalata nella nostra memoria insieme a tutte le successive occasioni di ascolto, di condivisione, confronto, confidenze, in una parola – che è, per chi vi scrive, un onore pronunciare – amicizia; ogni qualvolta il Maestro è dalle nostre parti – nel senso che il luogo in cui si esibisce è vicino al momentaneo domicilio -, noi accorriamo, certi che assisteremo – ma, forse, sarebbe meglio dire parteciperemo – ad uno straordinario concerto, ambrosia pura versata nelle nostre orecchie, una di quelle cose che verremmo ascoltare di continuo nella colonna sonora della nostra vita, che si trasforma in una irripetibile, sorprendente, irrinunciabile festa.

È stato così anche per il concerto tenutosi, gremitissimo, al Teatro Impero di Trani, inserito nel cartellone della terza edizione della rassegna Jazz & Dintorni, a cui Rea si è presentato in assoluto stato di grazia, forte anche della sua recente partecipazione al disco evento di Mina e Fossati, come sempre raggiungendo la perfezione, anzi, spesso, superandola durante le discese ardite e susseguente risalite sulla tastiera del suo pianoforte, con le ritmiche audaci e la irraggiungibile inventiva armonica e melodica, così da riuscire a far “sentire” ogni singola nota ed ogni silenzi nascosti nel pentagramma, aprendoli, dilatandoli sino al limite, spalancandone ogni singola fessura per lasciare entrare ogni piccolo, ma comunque devastante raggio di luce. Ma c’è un motivo particolare che ha questo nuovo incontro assolutamente unico ed irripetibile: è stata, infatti, la prima volta che abbiamo potuto ascoltare dal vivo Oona Rea, tra le più promettenti nuove voci dell’Italia jazz, già lasciatasi apprezzare da pubblico ed addetti ai lavori anche fuori dai nostri confini. Pur non potendo vivere, già alla vigilia, essere dubbi sui geni musicali tramandati da cotanto padre, confessiamo che nemmeno nelle nostre più rosee aspettative avremmo potuto immaginare di trovarci di fronte ad un’artista dalla vocalità pienamente compiuta e reale cui – forse – manca solo una maggior consapevolezza dei propri ampissimi mezzi per spiccare il grande volo; dotata di una straordinaria tecnica, certamente frutto di un duro lavoro didattico, Oona ha dalle sue doti vocali non comuni, a cui devono aggiungersi una già pronunciatissima personalità interpretativa e, soprattutto, una infinita sensibilità che – a questo punto – non possiamo definire come il più identificativo marchio di fabbrica dell’intera famiglia Rea.

Gli evergreen presenti in scaletta ricevono nuova luce e diventano solo un pretesto, un prologo, un’introduzione, una sollecitazione, un segnale che il fantastico duo riceve dall’esterno, decodifica e amplifica, con un gusto che davvero pochi sanno avere, trasmettendo al pubblico emozioni difficilmente descrivibili sulla fredda carta; tra le perle estratte dallo scrigno infinito delle migliori melodie di tutti i tempi, vi sono delle gemme di accecante bellezza, tra cui non è possibile non ricordare “Come talk to me’ di Peter Gabriel, “Still crazy after all these years” di Paul Simon e, sopra tutte, due creazioni dello stesso Danilo, “Anna e i suoi fratelli“, dedicata all’indimenticabile mamma e nonna Rea, e “Little blue bird” estratto dall’album “So What”realizzato con Mattia Pia De Vito ed Enzo Pietropaoli, le cui esecuzioni toccano in modo indelebile le corde dell’anima di ogni spettatore presente. E se Danilo ci ha ormai abituati allo splendore, rubandoci tutti i possibili superlativi, per cui diventa difficile fotografare la sua esibizione senza ripeterci in spericolate lodi, oggi le luci dei riflettori non possono non essere tutte puntate sulla dolcissima Oona Rea, nella certezza che sia nata una nuova luminosissima stella”.
(Il testo virgolettato è stato tratto dal sito oneline ciononostante.com”: “Il grande jazz tramandato di padre in figlia: ‘il duo delle meraviglie Danilo ed Oona Rea dal vivo a Trani””. Pubblicato il 7 dicembre 2019, di Pasquale Ottolico).

Le canzoni di Mina in chiave jazz: esce l’album “Tre per una“, Danilo Rea, Massimo Moriconi e Alfredo Golino hanno reso omaggio a Mina con un’opera discografica uscita il 25 ottobre del 2019. “Tre per una” è il nuovo” lavoro discografico “di Danilo Rea, Massimo Moriconi e Alfredo Golino […]”. “[…] Dedicato alla cantante cremonese: il trio di musicisti rende omaggio a Mina interpretando in chiave “coloritura jazz” le sue canzoni. “I tre” musicisti “collaborano da anni con la voce di “Tintarella di luna”, registrando con la Tigre di Cremona diversi progetti come, tra gli altri, il disco “Maeba” del 2018.
La scorsa estate il trio è stato invitato nella città cremonese per suonare dal vivo le canzoni interpretate da Mina; da questa esperienza è nata l’idea dell’album “Tre ore una” di cui Danilo Rea ha detto: “Questo disco è nato da un’idea di Massimiliano Pani“, figlio di Mina “accompagnato a Cremona per il concerto in omaggio a Mina.
Quello spettacolo ha avuto grande successo tanto che Massimiliano ci ha suggerito di prendere spunto da quella serata per dare un vero e proprio disco. E così è nata la cosa”. “Danilo Rea, Massimo Moriconi e Alfredo Golino hanno realizzato il progetto […]”, “[…] suonando per loro stessi, come ha aggiunto Massimiliano Pani che ha spiegato: “Loro sono il nucleo, la cellula iniziale di ogni arrangiamento di Mina parte da questo trio da questa ritmica. Prima o poi bisognava fare una cosa dove loto suonano per loro stessi. Mina di questo lavoro, quando glielo abbiamo fatto sentire ha detto: “Molto carino”.
(IL testo virgolettato è tratto dal sito oneline rockol.it, notizia e articolo del 23/10/2019).

“Oltre alla musica anche l’arte come design e l’artigianato contribuiscono a fare dell’Italia un paese di eccellenze culturali”.
Danilo Rea sul sito Facebook scrive: “Mia moglie Giulia Venturi da anni lavora a stretto contatto con professionisti artigiani in Italia per dare vita “al design italiano invidiato in tutto il mondo”.
(IL testo virgolettato è tratto dal sito oneline Facebook: “Danilo Rea – Oltre la musica anche l’arte…”. 20 ottobre 2017).

È indiscutibile che la moglie di Danilo Rea, la designer Giulia Venturi raccontando la sua linea di accessori Handmode ecletta: tra la grande tradizione del Made in Italy abbia naturalmente abbinato come si vuol dire la sua arte di design alla Musica Jazz, il binomio mi sembra alquanto giusto e singolare, con la cultura della Musica Jazz. Giulia Venturi è moglie e madre di uno dei personaggi più rappresentativi del jazz italiano, il pianista Danilo Rea, rappresentante di quegli artisti chi l’Italia ha il merito di rappresentare sia a livello nazionale che internazionale. Un’artista semplice ma anche complesso per la sua indole di prendere seriamente la professione di musicista a 365° gradi.

P.S.
Questo articolo lo dedicò a mia sorella Rita scomparsa all’inizio di febbraio 2022. La sua passione per la vita e stata eccelsa per tutti quelli che l’hanno conosciuta. È stata senza retorica un simbolo di umanità rivolto agli altri, a quelli specialmente che le sono stati vicini, compresi noi due fratelli e il suo compagno di vita. La passione per la vita si tramuta anche nella gestazione per la musica e in special modo per la grande Mina.
A confronto mio, a lei non piaceva il jazz, ma amava le sonorità dei musicisti che hanno sempre accompagnato la cantante di Cremona, Danilo Rea, Massimo Moriconi e tutti i suoi collaboratori. My love always.

A cura di Alessandro Poletti – Foto Getty Image

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui