“La prima volta che si ascolta, un disco storicamente rilevante lo si riconosce subito come tale. Bastano poche misure per ritrovare allo stato puro quello che, contaminando da buone dosi di incroci, abbiamo amato i dischi successivi, oppure quei suoni e quelle idee che abbiamo in testa, ma proprio non ci ricordiamo dove lì abbiamo sentiti, e vogliamo ritrovare a tutti i costi. I dischi rilevanti non si scoprono si reinterpretano. È “Superfly” è un disco straordinariamente rilevante.

Curtis Mayfield aveva già contribuito negli anni Sessanta a dare un’identità forte al Soul di Chicago, insieme agli Impressions. Alle porte dei Settanta, però, si allontana dalla linea dei suoi colleghi e dall’industria discografica. Fonda un’etichetta indipendente, la Curtom, e comincia a riempire la sue canzoni di temi
politici attualissimi, ma ancora tabù. Abbandonando le canzoni d’amore che pur gli avevano fruttato tanto, decide di seguire la strada intrapresa prima da Marvin Gaye e poi da Bob Marley.

(“One Love è una rivisitazione della “Peaple Get Ready” di Mayfield, accreditato coautore nelle note di “Exodus”). Non ha paura di proclamarsi “militante”, e per questo incontra serie difficoltà nel produrre e promuovere la sua musica. Molte delle sue canzoni diventano inni delle Black Panthers. Da parte sua, Curtis adotta un look “alternativo”, a base di cappelli e divise militari. La sua Chicago è uno dei centri della lotta per la parità razziale, contro l’etica conservatrice che, ghettizza i “New Nigros”, ma le radio e le etichette soul sono ancora compiacenti nei confronti del pubblico bianco. Le sue canzoni vengono infatti sistematicamente censurate. I primi Settanta sono anche gli anni della “Blaxploitation”: i movimenti per i diritti della popolazione nera sfruttando il cinema di genere come mezzo di propaganda. Si girano polizieschi con investigatori neri, cattivi neri e belle donne nere. Dai Ghetti e per i Ghetti, con una crudezza, una violenza e una realtà ancora sconosciuti ai modelli più palpabile. E anche con molto sesso. Spesso con eccellenti colonne sonore.

Capostipite di questo fenomeno è “Shaft” di Gordon Parks, con musiche di Isaac Hayes. Il lavoro di Hayes è eccellente ed è caratterizzato dagli stessi motivi tipici di “Superfly”, ma si tratta di una colonna sonora classica, strumentale funzionale alle immagini. Non è molto densa, è lascia un pò l’amaro in bocca all’ascoltatore non-spettatore.

Un anno dopo “Shaft’, nel 1972 Mayfield dà alle stampe “Superfly”, musica per il film omonimo, che viene recensito, a seconda dei punti di vista, come un qualsiasi b-movie, o come un brillante quanto incompreso esempio di neorealismo black. In ogni caso, incassare 6.400.000 dollari!. Il film dovrebbe essere ina sorta di parabola contro la droga, ma i contemporanei troveranno molto più efficace la colonna sonora (cfr. Bob Donat, Rolling Stone del 2/7/1972), che arriverà comunque in vetta alle chat e vi resterà per tutto il luglio del 1972. Delle nove tracce, solo due sono classici temi strumentali da film.

Le altre sono vere e proprie canzoni, dotate per di più di eccellenti testi. Corrispondono più o meno alle seguenze del film: Curtis, un narratore atipico, ci guida dietro al giovane e potente spacciatore Youngblood Priest. E contemporaneamente ci regala il miglior funk stradario che si conosca, a base di bassi sornioni, fiati invasati e una delle più belle voci di sempre. “Little Child Runnin’ Wild” è il prologo della vicenda è una chiara dichiarazione di intenti.

A spalancare le porte di un mondo ambiguo e vizioso è la voce dolente di Curtis. Non è solo l’espressione della rabbia di una popolazione, è anche e soprattutto la riflessione intimista di un individuo, non importa di che colore o razza sia. Il fatto poi che sia così ben confezionata, quello si, e da imputarsi interamente alla connotazione Black del nostro. In “Pusherman” il protagonista si presenta: “I’m your mama, I’m your daddy” (…) I’m your pusherman”. Comanda un basso serafico, su cui giocano timide le chitarre . Un piccolo esemplare di canone tagliente. Freddie,s Dead arriva in vetta alla classifiche e non vince un Oscar solo per colpa del solito perbenismo[…]”.
(Curtis Mayfield Superfly, a cura di Maria Teresa Rocchetta, 22/072007. Dal sito Oneline ondarock.it)
(Un’altro film-cult del genere poliziesco e “Together Brothers” -‘Fratelli Insieme’, un film sempre americano prodotto dalla 20Th Century Fox nel 1974 e diretto da William A. Grham e interpretato da Ahmad Nurradin e Anthony Willson. In questo caso la sceneggiatura del racconto si inerpica su una banda di giovani di strada, che cercano di mascherare un assassino di poliziotti prima che un bambino che ha assistito all’omicidio, venga rintracciato dallo stesso assassino.

La colonna sonora viene affidata ad un grande arrangiatore, compositore, pianista, cantante e direttore d’orchestra, il Maestro Barry White con la sua The Love Unlimited Orchestra e il gruppo vocale delle aThe Love Unlimited tre splendide ragazze, le due sorelle Glodean James, Marie Linda James e la cugina Diane Taylor.

I temi che il Maestro White ha scritto sono strumentali eccetto quattro brani vocali: “Somebody is Gonna of the Man”, “Honey, Please Can’t Ya See”, brani cantati da Barry White e il tema, People of Tomorrow Are the Children of Today”, brani eseguiti dalle Love Unlimited. La colonna sonora “Together Brothers”, fu pubblicata dalla lebel, 20TH Century Records, sussidiaria della 20Th Century Records, il thriller uscì negli Stati Uniti il 7 agosto del 1974). “[…] Freddie’s Dead e I’m Your Mama, I’m Your Daddy, solo queste ultime due canzoni basterebbero a rendere “Superfly” un ottimo disco e a consacrare la formula di Mayfield, geniale sintesi del funk di Isaac Hayes, dei suoi testi consapevoli, e del tocco magico del Curtis performer (su tutto il modo delizioso in cui pronuncia la parola “pusherman”).

Ma non finisce qui… “Junki Chese” e il primo strumentale funk puro, tiratissimo. Senza la dolce voce sofferente di Curtis, la musica diviene definitivamente cattiva. “Give Me Your Love (Love Song)” è il jazzato sottofondo di una scena in cui Youngblood e impegnato in una vasca da bagno con una ragazza. Anche se cantato, si avvicina agli stilemi della musica da film e a un certo funk più lento, easy e convenzionale. Sempre. Inteso alla maniera,di Curtis Mayfield, beninteso. La successiva “Eddie You Should Know Better” è emblematico in questo senso: melodie dolcissime si tendono e si dilatano insieme alla voce. Eppure tanta meraviglia quasi sbiadisce difronte a “No Thing On Me (Cocaine Song)”: sottilissimo falsetto echi melodici da cui una certa disco saprà imparare molto. Solare come nessuna prima, ma ambigua come il titolo, il picco più alto. Nel secondo strumentale “Think”, Mayfield suona la chitarra, il suo grande amore, in solitudine per tutto l’introduzione, esemplare rilassarsi dopo aver profuso tensione, cinismo e dolore per sette funkissimi brani, precedentemente dotati di un impianto ritmico formidabile. “Superfly”, pompatissima e con una strepitosa chitarra in secondo piano, ci riporta in strada, e il sipario cala dove, si era alzato. “Superfly” non è soltanto uno splendido album: visto in prospettiva è l’archetipo del funk “siluro e puro” dei primi Settanta.

Un disco affolato di bellissimi e forsennati ritmi, eccellenti melodie e testi decisamente unici. Un disco profondamente black ma anche, in un certo senso “cantautorale”. Mayfield mette gli stilemi e la consapevolezza della musica nera al servizio di una sensibilità cruda tipica,drl miglior rock. Forse per questo lo zoccolo duro del soul smise presto di amarlo, ma molti altri, proprio da allora, cominciarono a farlo. Gli anni successivi riserveranno a Curtis Mayfield nuovi successi e tragedie. Nel 1990, durante un concerto a Brooklyn, l’impianto luci gli crollerà addosso: in seguito all’incidente, perderà l’uso delle gambe. Morirà alla fine del 1999, a cinquatasette anni. Ma il suo mito continuerà a crescere, conquistando sempre nuove generazioni di fan”.
(Curtis Mayfield Superfly, a cura di Maria Teresa Rocchetta, 22/07/2007. Dal sito Oneline, ondarock.it). Curtis Mayfield nasce a Chicago negli Stati Uniti d’America città ricca di cultura musicale, quella cultura che ha portato la musica nera in vetta al mondo, egli si fece notare come cantante principale e compositore della band degli Impressions, quindi intraprese poi una carriera solistica di successo. Mayfield fu tra i primi di una nuova generazione di artisti e compositori di Rhythm’s and Blues, afro-americani a inserire riflessioni sociali nelle sue opere. Questa musica -messaggio (Message Music) divenne estremamente popolare durante il periodo di fermento politico e di sommoviventi sociali degli anni Sessanta è Settanta.

La carriera di Mayfield iniziò nel 1958, quando diede vita alla formazione degli Impressions, insieme a Jerry Butler, Sam Gooden, Richard Brooks e Arthur Brooks. La band ebbe tra i suoi successi i brani “For Your Precious Love” e “Gypsy Woman”. Dopo l’abbandono di Butler, sostituito da Fred Cash, Mayfield divenne il cantante principale, sempre restando il principale compositore della band. “Amen”, una versione aggiornata di un vecchio motivo Gospel, fu incluso nella colonna sonora del film del 1963, della Metro Goldwyn Mayer “Lilies of the Field”, con protagonista l’attore Sidney Poitier. Gli Impressions raggiunsero massimo della loro popolarità nella seconda metà degli anni Sessanta, con una serie di canzoni scritte da Mayfield tra le quali “Keep on Puschin’ “, “People Get Ready”, “Choise of Color”, “This is my Country” e “We People Who Are Daker than Blue”. “We’re a Winner” di Mayfield divenne virtualmente l’inno movimenti del potere nero e dell’orgoglio nero. Nel 1970 Mayfield lasciò la formazione degli Impressions e intraprese una carriera soli inaugurata con un’opera discografica dal titolo Curtis, fondando l’etichetta discografica indipendente la Curton Records. La Curton pubblicò la maggior parte delle fondamentali opere discografiche del grande artista Curtis Mayfield degli anni Settanta, insieme a dischi degli Impressions, di Leroy Hudton, The Steples Singers, Mavin Staples e Baby Huey AN the Babysisters, un gruppo in cui faceva parte la cantante Chaka Khan. Molti dischi furono prodotti da Curtis Mayfield.

Il cantante americano fu attivo per tutti gli anni Settanta e Ottanta, sebbene egli preferisse mantenere un profilo piuttosto basso. Il 13 agosto del 1990 durante un concerto a Brooklyn, una parte dell’impianto di illuminazione del palco cadde adesso Mayfield, fratturandogli la colonna vertebrale e paralizzandolo dal collo in giù. Nonostante questa tragedia, Mayfield riuscì comunque ad andare avanti: pur essendo ormai incapace di suonare la chitarra, riuscì a scrivere, cantare (pur con grande sofferenza, e di solito cantando solo un verso alla volta) e dirigere le registrazionid3ll’album del suo ritorno: “New World Order”, del 1997. Tuttavia la sfortuna parve accanirsi nei confronti di Mayfield, nel 1998, infatti, dovettero amputazione la gamba destra, a causa del diabete in cui il cantante soffriva. Curtis Mayfield morì all’età di cinquantasette anni, il 26 dicembre del 1999 a Roswell, nella Stato della Giorgia.

A cura di Alessandro Poletti esperto di musica Jazz – Foto Repertorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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