Ricorre l’anniversario della scomparsa di Pier Paolo Pasolini, uno dei più poliedrici e influenti intellettuali del Novecento. Pasolini è stato assassinato nella notte tra il primo e il due novembre 1975 sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia (Roma). All’epoca mi trovavo a Nettuno per la frequenza del corso sottufficiali di Pubblica Sicurezza. Lo voglio ricordare con questa sua riflessione del 1968; anno che mi riporta alla mente la mia entrata nel Corpo delle Guardie di P.S.: “Pietà per la nazione i cui leader sono bugiardi i cui saggi sono messi a tacere.

Pietà per la nazione che non alza la propria voce tranne che per lodare i conquistatori e acclamare i prepotenti come eroi. Pietà per la nazione – oh, pietà per gli uomini che permettono che i propri diritti vengano erosi e le proprie libertà spazzate via. Patria mia, lacrime di te dolce terra di libertà!” Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 – Roma, 2 novembre 1975) è stato un poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo e giornalista, considerato tra i maggiori artisti e intellettuali del ventesimo secolo. Culturalmente versatile, si distinse in numerosi campi, lasciando contributi anche come pittore, romanziere, linguista, traduttore e saggista. Pasolini fu ucciso in maniera brutale, percosso e travolto dalla sua stessa auto.

Il cadavere massacrato fu ritrovato da una donna alle prime luci dell’alba. Sarà l’amico Ninetto Davoli a fare il riconoscimento. Dell’omicidio fu incolpato Pino Pelosi, ragazzo romano di diciassette anni, già noto alla polizia come ladro di auto e “ragazzo di vita”, fermato la notte stessa alla guida dell’auto di Pasolini. Pelosi affermò di essere stato avvicinato nelle vicinanze della Stazione Termini, presso il Bar Gambrinus di Piazza dei Cinquecento, e da questi invitato sulla sua vettura (un’Alfa Romeo 2000 GT) dietro la promessa di un compenso in denaro. Dopo una cena offerta dallo scrittore, nella trattoria Biondo Tevere nei pressi della Basilica di San Paolo, i due si diressero alla periferia di Ostia. La tragedia, secondo la sentenza, scaturì a seguito di una lite per pretese sessuali di Pasolini alle quali Pelosi era riluttante, degenerata in un alterco fuori dalla vettura.

Il giovane fu minacciato con un bastone del quale poi s’impadronì per percuotere Pasolini fino a farlo stramazzare al suolo, gravemente ferito, ma ancora vivo. Pelosi salito a bordo dell’auto dello scrittore lo travolse più volte, sfondandogli la cassa toracica e provocandone la morte. Fu condannato in primo grado per omicidio volontario in concorso con ignoti. A fine 1976, la sentenza della Corte d’Appello, pur confermando la condanna, riformò parzialmente la sentenza di primo grado escludendo ogni riferimento al concorso di altre persone nell’omicidio.

Nel 2005 la ritrattazione di Pelosi, che attribuì l’omicidio a tre persone, giunte su un’autovettura targata Catania, che a suo dire parlavano con accento “calabrese o siciliano”. Assieme alla ritrattazione del Pelosi, emerse la testimonianza di Sergio Citti, amico e collega di Pasolini, sulla sparizione di copie dell’ultimo film “Salò” e su un eventuale incontro con dei malavitosi per trattare la restituzione. Nel 2008, alla morte dei propri genitori, Pelosi fece anche i nomi dei suoi presunti complici, aggiungendo di aver celato questa rivelazione per timore di mettere a rischio l’incolumità della propria famiglia.

Altri collegarono la morte di Pasolini alle sue accuse – a importanti politici di governo – di collusione con le stragi della strategia della tensione. Una morte orrenda che dopo quarantasei anni ancora non conosce i veri colpevoli, gli esecutori, i mandanti, così come per tanti altri “misteri” italiani, ancora irrisolti. 

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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