Giuseppe Conte ha destabilizzato il governo Draghi

Scholz e Macron indeboliti, Johnson si è dimesso. Rimaneva l’Italia, con il suo presidente, Mario Draghi, capace di offrire una guida sicura, non solo al suo Paese, ma all’intera comunità europea, costretto alle dimissioni per le contorsioni dei 5 Stelle. Putin brinderà?

Certo il fotomontaggio postato su Telegram da Dmitry Medvedev con la foto di leader britannico e quello italiano affiancati ad un punto interrogativo e la domanda chi sarà il prossimo qualche dubbio lo insinua.

Intervenendo sulla crisi scatenata da Giuseppe Conte, Stefano Folli, dalle pagine de La Repubblica, si era chiesto, con un pizzico di ragione: “Esiste la buona fede? – Ovvero ci sono – come molti sospettano – forze più grandi ed opache che hanno deciso di far inciampare Draghi, costi quel che costi? Nessuno al momento ha una risposta a tali dubbi, benché sia evidente che la crisi italiana è seguita con attenzione all’estero e soprattutto a Mosca”. Sospetti pesanti come pietre.

Sospetti che anche Nello Scavo di Avvenire esplicita su Twitter con “se il governo casca, si sale al Quirinale o al Cremlino?

Il portavoce del Cremlino Peskov dice che la crisi” è un affare interno dell’Italia” ma auspica un governo “ non asservito agli Usa”.

Intanto, Vladimir Milov, consigliere di Navalny per spiegare la crisi italiana posta su twitter una foto di Conte e Putin. Tweet riproposto da Jacopo Jacoboni de La Stampa che da anni scrive sui 5S e sui loro rapporti internazionali.

Proviamo a ripercorrere alcune tappe che possono spiegare meglio alcuni rapporti tenendo bene a mente anche quello che il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio (Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica) Franco Gabrielli ha citato più volte nell’ultimo mese: il caso Cambridge Analityca, i risvolti della misinformazione e della disinformazione e di come si possano “determinare”  posizioni e leadership politiche.

La crisi del 2008 ha prodotto l’abbandono da parte della Russia di Putin del sogno, tentato dagli inizi del Terzo millennio, di un’omologazione del suo Paese al modello occidentale. E quindi il suo regredire, prima sul piano culturale quindi su quello politico, verso l’esaltazione del passato imperiale del suo Paese nei confronti dell’Occidente considerato ormai in progressivo disarmo.

Nel frattempo, il populismo, soprattutto anti europeo, faceva passi da giganti in Italia e non solo. Lega e 5 Stelle facevano a gara nel dimostrare la loro crescente disaffezione. Fratelli d’Italia si ritagliava un proprio spazio, predicando la religione del sovranismo. Si moltiplicavano gli incontri con il gruppo Visegard (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia ed Ungheria mentre sul fronte delle alleanze politiche era una ricerca continua di alleanze con le altre forze euroscettiche: dal Front national di Marie Le Pen (i cui rapporti con Putin e relativi finanziamenti sono stati al centro dell’ultima campagna elettorale francese) ad Alternative für Deutschland.

Ma la politica si affianca agli affari L’incontro di Gianluca Savoini (18 ottobre 2018), uomo di Matteo Salvini, presidente dell’Associazione culturale Lombardia-Russia, all’Hotel Metropol di Mosca per negoziare una partita di petrolio con alcuni oligarchi, amici di Putin. Quindi l’arrivo in Italia (marzo-aprile 2020) di una task force russa (più militari che sanitari) per dare una mano contro il diffondersi dell’epidemia.

L’arrivo era stato direttamente concordato da Conte con Putin. Ma era stato il ministro della difesa, Lorenzo Guerini, a decidere, subito dopo, la stretta sulla sicurezza. Ottenendo come ricompensa la qualifica di “falco” anti russo, da parte di Alexei Vladimorovic Paramonov, ex console di Milano, con al petto onorificenze dello Stato italiano, concesse su iniziative del ministro degli Esteri (2018) e dello stesso presidente del Consiglio: Giuseppe Conte.

Giuseppe Conte

Nella tradizione russa, specie quella sovietica, le “aktivnye meropriyatiya”, ossia le “misure attive” di sovversione e condizionamento nei confronti dell’estero erano state delle pratiche consolidate. Derivavano in parte dalle modalità che caratterizzavano la struttura organizzativa dei partiti che si richiamavano al movimento operaio. Il Cominter era la cupola politica, saldamente controllata da Mosca, per imporre all’intero movimento obiettivi in grado di tutelare la patria del socialismo reale. Comportava un’egemonia culturale ed organizzativa, ma anche una disponibilità di mezzi – l’oro di Mosca – in grado di oliare i necessari meccanismi.

La rottura operata da Vladimir Putin, nei confronti di quella tradizione nella riscoperta delle origini imperiali di Santa madre Russia, non aveva comportato un loro pensionamento. Al contrario. Come si era visto chiaramente nelle presidenziali americane, a favore di Donald Trump e contro Hillary Clinton, quelle misure erano state rafforzate. Grazie alle possibilità offerte dalla rete, che avevano consentito agli hacker russi di potenziare al massimo la loro capacità manipolativa.

Dal punto di vista russo, l’attività politicamente più redditizia è quella dell’utilizzo della political commodity, come il gas o il petrolio, decisamente superiore ai successi militari sul campo di battaglia. Una politica di cui oggi vediamo la punta dell’iceberg ma che si è consolidata negli ultimi 20 anni con accordi che “sembravano” vantaggiosi ma che hanno reso dipendenti molti Stati dalla Madre Russia.

E ora l’Occidente vede Boris Jhonson costretto alle dimissioni, Emannuel Macron che ha perso la maggioranza parlamentare ( guarda caso con una massiccia presenza del partito di Marine Le Pen. In Germania le incertezze legate alle forniture di gas hanno reso debole la guida di Olaf Scholz. E Pedro Sanchez, in Spagna,  che paga il treno ai cittadini per evitare rivolte di piazza e il voto anticipato e Mark Rutte, in Olanda, con il Paese paralizzato da contadini inferociti.

A cura di Elisabetta Turci – Foto Imagoeconomica / Getty Image

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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