Il virologo Andrea Crisanti ha accettato l’incarico di consulente tecnico sulla mancata zona rossa e sulla riapertura del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo. Uscendo dalla Procura di Bergamo, dopo aver incontrato il procuratore facente funzione Maria Cristina Rota, Crisanti, ha sottolineato: “Ho ricevuto quattro quesiti sull’ospedale di Alzano e sulla zona rossa, non sulle Rsa. Mi avvarrò della collaborazione di esperti di statistica. Mi sono preso 90 giorni di tempo per consegnare risultati”. Prima di entrare in Procura, Crisanti aveva dichiarato ai giornalisti “Se all’ospedale di Schiavonia avessimo fatto come ad Alzano, sarebbe stata una strage”, riferendosi alla mancata chiusura dell’ospedale Pesenti Fenaroli della cittadina lombarda.

Ritorno di contagi da fuori è una certezza “Per l’Italia, il rischio che nuovi contagi arrivino da fuori non è una possibilità, ma una certezza. Lo abbiamo di recente sperimentato a Padova, dove una badante è tornata da fuori l’Unione Europea e ha infettato tuttala famiglia”, ha precisato Crisanti, durante la trasmissione Agorà, su Rai 3. Quanto agli studi che parlano di una mutazione del virus che lo abbia indebolito, prosegue, “non sono attendibili perché basati su osservazioni estemporanee e non su un esperimento.

Per capire se è vero bisogna infettare un animale e vedere cosa succede, ma per ora non abbiamo un modello animale per capirlo”. E’ vero che le persone che si ammalano non si ammalano come prima, ma questo, ha ribadito, “avviene perché abbiamo mascherina e distanza che riducono la carica virale”. Anche perché, se è vero che “il virus muta da noi, dovrebbe mutare anche in America e Germania, eppure vediamo una situazione di contagi che non lascia pensare questo”.

Diffusione Covid nel mondo non lascia ben sperare
Rispetto alle affermazioni che le mascherine non serviranno più da fine giugno “mi auguro Zangrillo abbia ragione, ma la dinamica dell’epidemia nel mondo non ci lascia ben sperare”. Lo ha precisato Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Medicina molecolare e virologicad ell’Università di Padova, intervenendo ad Agorà, su Rai 3. “In una situazione di cui non conosciamo gli elementi, si discute su mutazione, virulenza, casi importati e vediamo la diffusione nel mondo che aumenta – ha detto il virologo – secondo me dovrebbero adottare un principio di precauzione. E’ il primo anno che affrontiamo questa epidemia, è difficile fare previsioni”.

Su quanto sia importante l’approccio tenuto dalle diverse regioni “sono i numeri a parlare: in Veneto e Lombardia siamo partiti con quasi lo stesso numero di casi, la differenza è che per una settimana, mentre noi isolavamo capillarmente tutti i casi positivi, in Lombardia pensavano a far ripartire Milano”. Quanto al Lazio, il fatto che vi sia un minor numero di persone in terapie intensive e ricoverati rispetto a altre regioni, può dipendere da “un approccio sanitario diverso”, ha aggiunto Crisanti. “Nel Lazio si è stati in grado di identificare e fare tamponi”, inoltre può contare “la decisione di ospedalizzare le persone positive: in altre regioni persone con sintomi poco gravi venivano lasciate a casa”.

A cura di Elena Giulianelli – Foto Ansa

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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