Il Bufalino d’oro 2016 va a… Non so, sarebbero tanti i giornalisti che si meriterebbero il premio per la miglior bufala realizzata ad arte. Il Bufalino d’oro, ironicamente ideato da Beppe Grillo sul suo blog, ha aperto una interessantissima discussione sul tema della comunicazione in Italia.

Guai, però, a generalizzare, a fare di tutta l’erba un fascio, a sparare sulla folla, beccando anche chi non c’entra nulla, sarebbe un grosso errore. Sicuramente, in Italia, la stampa è sempre stata veicolata dai potenti: politici e uomini di affari, insomma, i furbetti del quartierino. Quando c’era Berlusconi al governo, certa stampa parlava solamente degli sbagli e delle inadeguatezze della sinistra. Poi c’è stato Matteo Renzi al governo e certa stampa parlava dell’inadeguatezza del Movimento 5 stelle.

Quando, e se saliranno al potere i pentastellati, la stampa parlerà dell’inadeguatezza della destra e della sinistra. Anzi, forse saranno direttamente i grillini dal blog a parlare di tutto questo, come stanno già facendo da alcuni anni a questa parte. Le bufale stanno nel mezzo, perché bisogna distinguere tra bufale di governo (le più gravi), bufale innocue e bufale stupide. I giornali hanno un boss, le televisioni hanno un boss e anche nel web ci sono dei boss e quindi? La realtà, la verità dei fatti non dovrebbe avere un capo supremo, se non la verità e realtà stessa. I giornalisti dovrebbero raccontare cosa succede nel mondo senza condizionamenti… e invece no.

Sappiamo benissimo come vanno le cose nel nostro paese, ma gettare benzina sul fuoco non serve a nulla. Esistono solo bravi giornalisti, giornalisti cani e giornalisti al servizio del potere. Spesso e volentieri si alternano nei loro ruoli e non capiscono più dove stia la verità e cosa stiano facendo. Fare questo mestiere è diventato sempre più difficile. Rimanere a galla in questa palude piena di squali e doppiogiochisti non è più possibile.

Io credo ancora in un giornalismo libero, fiero e onesto. Credo nelle persone che mettono l’anima in un lavoro che non ha una fine né un inizio. Credo in quello che sono e in quello che faccio e sono sicuro di stare facendo un buon lavoro. Credo nel mio umilissimo tesserino da pubblicista, conquistato con fatica e coraggio. Insomma, credo ancora nel giornalismo italiano e non mi sembra poco.

A cura di Nicola Luccarelli

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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