A Cesena la preoccupazione degli azionisti è diventata altissima come in altre città d’Italia.
Le banche e le loro Fondazioni sono delle mine vaganti e consegnare alle stesse i propri risparmi per vedere crescere nel medio lungo termine i patrimoni oggi non paga più, anzi al contrario vengono azzerati.

La bufera che si è abbattuta sulla Cassa di Risparmio di Cesena in questo ultimo periodo è la controprova irreversibile di un sistema bancario fallimentare che è ben lontano dagli anni della ricostruzione.

Le banche con i loro sistemi innovativi hanno costretto i clienti a rifugiarsi in “home banking” facendogli credere in una diminuzione delle commissioni per operazioni che solitamente fino a pochi anni fa si facevano allo sportello, allontanando di fatto la trasparenza, quel rapporto umano di continuità che serve come il pane, mentre i vertici incapaci di gestire gli istituti di credito con speculazioni attraverso la finanza creditizia, perdevano la loro credibilità.

Tornando alla Cassa di Risparmio di Cesena, si legge nella nota ufficiale: “la perdita è pari a 252 milioni di euro”.

Ora c’è da chiedersi quale sarà il futuro degli azionisti, delle imprese e del territorio.

Come accade per qualsiasi imprenditore attanagliato dalla crisi, in casi come questi, sarebbe giusto un accertamento per capire come i vertici hanno operato al fine di salvaguardare l’immagine della banca e come agiranno per la sua opera di risanamento strutturale, ma pure per mettere i clienti nelle condizioni di non perdere i risparmi di una vita che sono andati in fumo; e, infine, evitando una protesta collettiva, che potrebbe dilagarsi con scenari sconcertanti sotto ogni forma.

Il Direttore editoriale

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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