A un anno dallo scoppio dell’epidemia in Congo, l’emergenza Ebola preoccupa sempre più i Paesi confinanti, tanto che il Ruanda ha chiuso oggi i confini per poi riaprili dopo alcune ore. La decisione era stata “presa unilateralmente”, come ha sottolineato il Governo di Kinshasa, dopo l’annuncio di un terzo caso registrato a Goma, metropoli di 2 milioni di persone e dotata di aeroporto internazionale, al confine tra i due Stati.

Mentre Medici senza frontiere denuncia: “la risposta internazionale non è ancora riuscita a contenere l’epidemia, nonostante la disponibilità di vaccini e terapie che nelle epidemie precedenti non c’erano o erano molto limitati”. Dichiarata pochi giorni fa Emergenza Internazionale di Salute Pubblica, l’epidemia di Ebola in Congo, dal primo agosto del 2018 a oggi ha fatto registrare quasi 2700 casi, di cui 1803 deceduti, un terzo dei quali bimbi.

“Interessa una zona di guerra di difficile accesso”, in cui “gli operatori sanitari non hanno la fiducia delle comunità e vengono deliberatamente attaccati. Per questo, “l’identificazione dei contatti, la verifica dei casi sospetti e le campagne di vaccinazione sono state ridotte o annullate”, spiega Claudia Lodesani, presidente di Medici Senza Frontiere (Msf). Finora, secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), 175mila persone in Congo e 10mila nei paesi vicini sono state vaccinate, sono stati creati 14 centri di trattamento e 77 milioni di persone hanno avuto uno screening attraversando i confini. Tuttavia, il virus non accenna a rallentare la corsa, anche perché circa un terzo delle morti per Ebola viene diagnosticato dopo il decesso.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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