La visita in Vaticano risale al 22 marzo del 2017 ed è nelle carte della maxi operazione di questa mattina contro il clan Moccia. L’indagine, denominata “Morfeo” ha portato a 59 misure cautelari e al sequestro di beni per 150 milioni di euro, tra Ferrari e imbarcazioni, immobili e quote societarie relative al clan Moccia di Afragola (Napoli) che per reinvestire gli imponenti capitali frutto delle sue attività illecite aveva allungato i tentacoli sullo smaltimento degli olii esausti, degli scarti di macellazione e anche sui grandi appalti ferroviari e dell’alta velocità. A sostenerlo sono i carabinieri del Ros e i finanzieri del Gico della Guardia di Finanza di Napoli che, coordinati dalla Procura di Napoli.

Gli affari – Affari e patrimoni cospicui che diventano anche centro di discussione familiare se, nelle migliaia di pagine che hanno portato al blitz, c’è la trascrizione di un colloquio tra Roberto Moccia e la madre, che in qualche modo gli ricorda che tutti gli affari della famiglia sono legati alla camorra, e lui risponde “Camorra pulita mamma …mica con la droga”!

I reati contestati vanno dall’associazione mafiosa all’estorsione, dalla corruzione al favoreggiamento. Tra i destinatari delle misure cautelari i fratelli Antonio, Angelo e Luigi Moccia (gli ultimi due da tempo trasferitisi e attivi su Roma) e un loro cognato, Filippo Iazzetta. Tra coloro che sono finiti ai domiciliari figurano anche Andrea Guido, consigliere comunale di Lecce, indagato per vicende risalenti al 2017 quando era assessore all’ambiente, e il barese Pasquale Finocchio (per lui sono stati disposti gli arresti domiciliari) per vicende del 2017, quando era vicepresidente del Consiglio comunale di Bari.

Per i carabinieri del Ros il clan Moccia portava avanti il business degli smaltimenti grazie alle relazioni messe in piedi in Puglia con la Sacra Corona Unita.

E poi c’è il capitolo appalti delle Ferrovie dello Stato per i quali i Moccia si affidavano ad imprenditori, a loro vicini, ma con i titoli e le certificazioni antimafia necessarie. Ai domiciliari sono finiti due funzionari dell’unità territoriale di Napoli Est – Salvatore Maisto e Stefano Deodato – con l’accusa di corruzione. A loro sarebbero andati 29 mila euro.

Tra gli appalti dell’Alta Velocità finiti nelle mani delle imprese legate alla camorra ci sarebbe anche quello per la manutenzione nella stazione di Afragola

La visita dal Papa – Nell’informativa allegata alle pagine del provvedimento emerge che il boss Angelo Moccia e un “colletto bianco” del clan, Giovanni Esposito, insieme alle rispettive mogli, nel 2017 si recarono in udienza da Papa Francesco. Si trattava comunque di un’udienza pubblica, per cui semplicemente bisognava avere un biglietto di ingresso procurato a Moccia da Mauro Esposito, titolare di un bar nella vicina via della Conciliazione. Logico che trattandosi di un’udienza pubblica il Papa non era al corrente di chi fossero i suoi ospiti. Ma per il boss mostrare la foto con Papa Francesco era motivo di orgoglio e di prestigio. Ed è quello che riscontrano i carabinieri del Ros grazie a un’intercettazione ambientale del maggio 2018. Domenico Caputo, affiliato al clan, nota nell’ufficio di Giovanni Esposito una foto di quest’ultimo con Bergoglio e commenta: «Oh, oh, vedi chi c’è là… Ma quella è la foto che ti facesti con il papa?».

Le contromisure – Il clan era ossessionato dalla possibilità di essere ascoltato e si era organizzato per tutelarsi. È stata documentata la bonifica finalizzata alla ricerca di microspie effettuata negli uffici di alcuni imprenditori. Lo specialista ingaggiato dal clan è un tecnico dipendente di una società fornitrice di strumentazione idonea alle intercettazioni a varie polizie giudiziarie e autorità giudiziarie.

A cura di Elisabetta Turci – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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