E’ volata via “l’aquila di Filittrano”, lo ha fatto per un tragico segno del destino a cavallo della sua bicicletta, strumento di lavoro almeno quanto oggetto della sua passione, lo ha fatto alle porte del paese dove viveva e dove tornava tra una corsa e l’altra; lo ha fatto vittima di un incidente stradale in cui non solo il destino è colpevole.
E’ morto così Michele Scarponi, vittima di una precedenza non rispettata, mentre si allenava sulle “sue” strade in vista del Giro d’Italia, che avrebbe affrontato con i gradi di capitano del Team Astana, vista l’assenza di Fabio Aru.
Era appena rientrato a casa, Michele, al termine del Tour of the Alps, dov’era tornato persino alla vittoria, dopo quattro anni, aggiudicandosi la prima tappa dell’ex Giro del Trentino, quella con arrivo ad Innsbruck; a Filottrano, Michele viveva con la moglie ed i gemellini di non ancora cinque anni, ai quali aveva portato la maglia di leader conquistata proprio con la vittoria in Tirolo.
Bravo in salita, ma anche a cronometro, Scarponi era tra i più apprezzati nel gruppo del professionismo; sempre sorridente e pronto alla battuta, veniva definito il campione-gregario, perché sapeva mettere la propria esperienza al servizio della squadra e del suo capitano, come ben risaputo da Vincenzo Nibali, primo al Tour 2014 ed al Giro d’Italia 2016, anche grazie all’aiuto di una spalla e di un compagno fedelissimo quale Michele sapeva essere.
Era approdato al Team Astana nel 2014, ingaggiato grazie alle proprie caratteristiche, per aiutare Nibali ed affiancare l’astro nascente del ciclismo italiano: Fabio Aru, proprio colui che, traferitosi Nibali al Team Bahrain-Merida, gli aveva lasciato il ruolo di capitano per il prossimo Giro, quello del centenario della “corsa rosa”.
Quella di Scarponi non è stata una carriera costellata di successi, ma Michele lasciava sempre la propria impronta ovunque corresse; bravo nelle classiche come nei grandi Giri, aveva persino ottenuto la maglia rosa finale nel 2011, quando era giunto secondo, ma la successiva squalifica di Alberto Contador lo aveva iscritto nell’albo d’oro dei vincitori.
Anche lui era finito sotto le forche caudine del doping, quando correndo per la spagnola Liberty Seguros-Wurth di Manolo Sainz, era stato coinvolto nella famosa inchiesta doping denominata “Operation Puerto”, ed ammesso i propri legami col medico Eufemiano Fuentes, che lo avevano portato, nel 2007, a subire una squalifica di 18 mesi.
Non era di quelli che vincono spesso, Michele Scarponi, ma sicuramente apparteneva a quella ristretta cerchia di corridori cui tutti vogliono bene, a cui tutti fanno un applauso quando la corsa è finita e si dice bravo, si ringrazia, non solo chi ha tagliato per primo il traguardo.
Mancherà molto a tutti Michele, a chi corre, ma anche agli appassionati di questo sport che è fatica allo stato puro; mancherà alla sua bella famiglia, ai suoi compagni ed a chi affolla le strade al passaggio di una corsa; mancherà il suo sorriso, i suoi consigli e quelle battute che spesso arrivavano dopo una vittoria di squadra, ma anche a stemperare una sconfitta o una giornata storta.
Ciao Michele e grazie di quanto di bello ci hai regalato.
Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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