Torino-Sampdoria 4-2, dopo una partita dura, con i doriani che usano ogni mezzo per uscire imbattuti dal Comunale, ma non hanno fatto i conti con “la Foudre” Nestor Combin che pare assatanato e segna una tripletta.
E’ il 15 ottobre 1967 e si festeggia nello spogliatoio granata; la vittoria, certo, ma anche l’esordio di quel ragazzino “tremendo” che è Aldo Agroppi; si festeggia aspettando il derby e “Calimero” Meroni pronostica un’altra tripletta a Nestor, tra l’altro un ex con il dente avvelenato.
E’ il 15 ottobre 1967, “quel” 15 ottobre…
Arriva sera, la tipica serata autunnale torinese, con le foglie che cadono, poco traffico nei corsi appena illuminati e la gente che torna a casa pensando al giorno dopo, al lavoro.

All’improvviso freni che stridono, uno schianto sordo, gente che accorre, ambulanze che corrono a sirene spiegate con a bordo due ragazzi feriti; quei ragazzi sono Poletti e Meroni, due del Toro e la notizia gira velocemente, come veloce è chi va in ospedale per sapere.
Fabrizio è quasi illeso, una botta e tanta paura ma nulla di più. E Gigi? Lui è dentro, assistito da medici che si prodigano in un via vai di volti trafelati, sguardi che tradiscono preoccupazione.

Poi la porta si apre e chi esce ha la testa china, l’espressione affranta di chi tutto ha tentato ma non è riuscito a salvare la vita di un ragazzo di 24 anni.
Gigi Meroni è morto! Morto agli albori di una vita e di una carriera che tanti dolori gli avevano già riservato; perchè nessuno gli perdonava, in quel mondo di pomposi parrucconi, il suo essere: capelli lunghi, atteggiamenti anticonformistici, l’amore per Cristiana, una donna sposata!!!!!!
Gigi con la Balilla, la gallina portata al guinzaglio per le vie di Torino, i quadri, la soffitta ed i vestiti stravaganti che lui stesso disegnava.
Gigi con i calzettoni perennemente abbassati, il dribbling ubriacante, le sfide perenni a difensori che per prenderlo dovevano “abbatterlo”, le reti pazzesche come quella a San Siro, contro i campioni dell’Inter, Facchetti e Sarti a guardarsi per capire dov’era passato il pallone.
Gigi che era diventato, insieme a Mondino Fabbri, il capro espiatorio della disfatta ai Mondiali inglesi; lui che contro i “ridolini” coreani manco aveva giocato; ma allora era uguale ad oggi, con chi prendersela, chi additare al pubblico ludibrio da parte di una stampa tanto ridondante di “grandi penne” quanto sfacciatamente schierata?
Quarantanove anni sono passati da quel giorno e ti hanno dedicato persino una fiction caro Gigi, a fare il paio con la stele che ci son voluti quarant’anni per “vederla” e le troppe lacrime di coccodrillo di quel triste ottobre.

La fiction, la stele, belle cose certamente che però mai potranno valere quella fotografia e quei fiori perennemente freschi che una mano pietosa ha posato per decenni accanto al luogo della tua morte!

Ma cosa importa? Che importanza hanno fiction, stele, discorsi? TU continui a correre leggero ed imprendibile sui prati celesti, farfalla cui troppo presto hanno tarpato le ali …..
Ciao Gigi, divertiti lassù e grazie per averci fatto vivere stupende emozioni con le tue splendide ali di Farfalla GRANATA.

A cura di Maurizio Vigliani

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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